Nucleare Italia: tra scorie passate e un futuro improbabile
Sono recenti le notizie della volontà del ministro dell’ambiente di introdurre l’opzione nucleare nel Piano Nazionale Energia e Clima, con un obiettivo di 140 TWh tramite mini reattori SMR, e della dead line del 2025, data in cui l’Italia dovrebbe far rientrare dall’estero le scorie della stagione nucleare, che ha parcheggiato fuori casa per essere trattate in attesa di avere un proprio deposito di stoccaggio.
Alle proposte di Fratin risponde l’autorevole associazione “Energia per l’Italia”: Il nucleare in Italia non è la soluzione
Il ministro dell’ambiente on Gilberto Pichetto Fratin ha recentemente espresso la volontà di introdurre l’opzione nucleare nel PNIEC (Piano Nazionale Energia e Clima). In particolare, si ipotizza che il nostro Paese possa produrre il 20% del fabbisogno della sua energia elettrica al 2050 tramite energia nucleare, 140 TWh. Nello specifico questa produzione dovrebbe avvenire tramite SMR (Small Modular Reactors).
Ottenere questo quantitativo richiederebbe l’installazione di almeno 17,5 GW di potenza ipotizzando che ciascun GW possa fornire 8 TWh. Questo corrisponde a un numero che varia da 11 a 18 reattori tradizionali di potenza 1-1,6 GW ciascuno. Con l’opzione SMR, che è quella indicata, ipotizzando potenze di 100-300 MW il numero di reattori da installare potrebbe andare da 58 a 175. Questo numero così elevato di reattori, ciascuno dei quali richiederebbe uno specifico processo autorizzativo, dovrebbe essere istallato entro il 2050. Addirittura, le ultime dichiarazioni del Ministro (25 giugno 2024) parlerebbero di un “10-11% di produzione elettrica da nucleare” entro il 2030. Cioè tra solo sei anni.
Dall’inizio del millennio la nuova potenza installata nell’intera unione europea è di soli 3,2 GW (due soli reattori da 1,6 GW), ipotizzando che il reattore di Flamanville 3 possa essere avviato entro il 2024.
Potrà realisticamente il nostro Paese da solo avviare nei prossimi 25 anni una quantità di potenza nucleare che è cinque volte tutta quella installata nell’intera Unione europea negli ultimi 25 anni? E per di più può farlo utilizzando una tecnologia come quella degli SMR che è ancora embrionale? Ricordiamo che il termine “modular” implica una produzione in serie, ma al momento siamo ancora a livello di prototipi. Non è possibile prevedere se da questi prototipi si possa effettivamente giungere a una produzione su vasta scala.
Inoltre, il nostro Paese ha oramai perso buona parte delle competenze tecnico-ingegneristiche per costruire nuovi reattori nucleari. E purtroppo, da decenni, non riesce nemmeno a individuare un sito ove costruire il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Quanto altro tempo passerà solo per indicare un numero elevato di siti per le nuove centrali nucleari?
Mentre nel mondo l’installazione di nuova potenza nucleare procede a rilento e nel 2023 è calata di circa 0,6 GW a causa dei reattori dismessi, quella di fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico nello stesso anno è aumentata di ben 510 GW.
Oggi le tecnologie di accumulo (chimico e gravitazionale) sono in grande crescita. I nuovi avanzamenti tecnologici possono avere uno sviluppo significativo in tempi molto brevi. Ad esempio la Cina, che nel 2008 produceva energia elettrica da fotovoltaico per soli 100 TWh, in 15 anni è arrivata a produrne ben 580 TWh (dato 2023), sorpassando la produzione da nucleare (437 TWh), di cui al momento è leader mondiale.
Sicuramente le innovazioni tecnologiche introdotte con i reattori di nuova generazione sono interessanti. Tuttavia, si tratta di soluzioni note già dagli anni ’50 (reattori raffreddati a metalli fusi come sodio, piombo o la miscela eutettica piombo-bismuto) e che fino ad ora non hanno visto uno sviluppo significativo al di là dei prototipi. Appare difficile che questo sviluppo possa avvenire nei tempi brevi richiesti per la transizione ecologica.
Ricordiamo che secondo i modelli sviluppati dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) per avere una possibilità di limitare il riscaldamento globale entro 1,5 °C è necessario che a livello mondiale si raggiunga il picco delle emissioni di CO2 entro il 2025, si attui una riduzione del 40% delle emissioni entro il 2030, si arrivi allo “zero netto” entro il 2050. È impossibile che il nucleare nel nostro Paese possa contribuire ai primi due obiettivi. E appare molto difficile che possa dare un contributo significativo al raggiungimento del terzo, soprattutto se si scegliesse una soluzione che di fatto non esiste ancora nel mondo dal punto di vista commerciale come gli SMR.
Riteniamo che l’intero comparto della ricerca debba ricevere finanziamenti adeguati, incluso quello sul nucleare, area che ha importanti applicazioni ad esempio in campo medico. Tuttavia, è necessaria una netta distinzione tra ricerca e soluzioni tecnologicamente affermate. Un ritorno all’energia nucleare in Italia non potrebbe fornire un contributo significativo alla decarbonizzazione del nostro sistema elettrico, né nel breve periodo e nemmeno in tempi più lunghi.
Per i motivi sopra esposti, riteniamo indispensabile rivedere gli scenari proposti nel PNIEC che prevedono l’impiego del nucleare, perché tali ipotesi, oltre a essere palesemente irrealizzabili, sottrarrebbero importanti risorse all’obiettivo della decarbonizzazione per il nostro Paese.
L’Italia e il rientro delle scorie nucleari: un’Imminente scadenza senza soluzioni
L’Italia si trova di fronte a una scadenza cruciale. Entro il 2025, deve far rientrare dall’estero le scorie accumulate durante la sua stagione nucleare, attualmente parcheggiate all’estero in attesa di un trattamento adeguato. Tuttavia, il paese non è ancora preparato per questo compito, poiché manca un deposito nazionale per lo stoccaggio delle scorie.
L’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) ha recentemente presentato al Parlamento una relazione che sottolinea i ritardi accumulati nella gestione delle scorie nucleari. Anche se la relazione si riferisce al 2023, non sono stati fatti progressi significativi nella prima metà dell’anno. Il tentativo del governo di risolvere il problema attraverso l’autocandidatura di un Comune per ospitare il deposito nazionale è fallito nel giro di due mesi.
Attualmente, l’Italia deve gestire 78.000 metri cubi di scorie a bassa e media intensità, provenienti da diverse fonti, come l’industria e la medicina nucleare. Oltre a 17.000 metri cubi di scorie ad alta intensità. Il problema è ulteriormente complicato dagli accordi internazionali. L’Italia deve riprendersi 1.680 tonnellate di combustibile nucleare esaurito dal Regno Unito e 235 tonnellate dalla Francia, come stabilito da un accordo del 2006. Tuttavia, la Francia ha bloccato l’intesa a causa della mancanza di progressi nella realizzazione del deposito nazionale.
Il decommissioning nucleare rappresenta un altro problema. Aumentano i rifiuti prodotti dallo smantellamento delle centrali nucleari, ma questi non possono essere stoccati per l’assenza di un deposito nazionale. Attualmente, solo il 30% dei rifiuti è stato “condizionato”, ossia trattato per essere legato al manufatto che li contiene, come la cementificazione.
Le 51 aree potenzialmente idonee per ospitare il deposito si sono tutte opposte al progetto. Di conseguenza, nessuna di queste aree è disponibile a farsi carico dell’impianto, che a regime occuperà 50 ettari. Richiederà un investimento di 900 milioni di euro e quattro anni di lavori.
Per poter costruire il deposito, è necessaria una valutazione ambientale strategica (VAS), che richiede tempo e coinvolge diversi enti, oltre al Comune candidato. Attualmente, però, non si sono registrati progressi in questo senso. E senza un deposito nazionale, non è certo che il decommissioning delle centrali attuali possa essere completato, come dimostra il caso della centrale di Latina.
Nel frattempo, la Sogin, la società pubblica incaricata dello smantellamento della filiera atomica, ha ricevuto finanziamenti sia per il progetto del deposito nazionale che per il decommissioning delle centrali. Tutti finanziati attraverso le bollette dei cittadini. Tuttavia, senza progressi concreti nella costruzione del deposito, il paese rischia di dover affrontare ulteriori costi e oneri.
La precisazione dell’amministratore delegato di Sogin, Gian Luca Artizzu, in data 10 luglio 2024.
In merito all’articolo “Nucleare, tra sei mesi l’Italia deve riprendersi le scorie parcheggiate all’estero. Ma non rispetterà l’impegno” pubblicato sulla testata Wired Italia in data odierna, dobbiamo fornire alcune precisazioni e qualche aggiornamento, probabilmente non in Suo possesso.
L’attuale amministrazione di Sogin, in carica da agosto 2023, ha avviato una nuova impostazione nei rapporti con la società Orano (ex Areva), seguendo la lettera dell’Accordo Intergovernativo di Lucca del 2006 e del contratto di riprocessamento del combustile irraggiato stipulato all’epoca con Areva.
Tale attività ha portato alla riattivazione di un processo ormai bloccato di fatto da oltre sette anni e basato sul supposto obbligo di possedere un Deposito Nazionale per i rifiuti nucleari al fine del rientro dalla Francia dei rifiuti prodotti dal riprocessamento. L’Accordo di Lucca riporta, in realtà, non già l’obbligo di disporre del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi, ma dell’utilizzo di un “centro di stoccaggio o deposito conforme alle regole di sicurezza in vigore”.
Sulla base di questa nuova impostazione, sono stati riavviati i rapporti con il Governo francese e il 3 maggio 2024 il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) e Sogin hanno incontrato gli omologhi dirigenti del Governo francese e di Orano.
Le interlocuzioni con il Governo francese proseguiranno nell’autunno 2024 e consentiranno di giungere, fra l’altro, ad una reciproca programmazione delle attività fra Sogin e Orano, sotto l’egida e il controllo da parte di Isin. Solo a valle di tale definizione, si potrà avere una nuova impostazione e pianificazione delle prossime attività.
Per approfondire
- Il nucleare in Italia non è la soluzione – Energia per l’Italia (energiaperlitalia.it)
- Nucleare, tra 6 mesi l’Italia deve riprendersi le scorie parcheggiate all’estero. Ma non rispetterà l’impegno | Wired Italia
- Nucleare: I problemi di cui nessuno parla (substack.com)
Foto articolo di Mick De Paola
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