Basilicata e Nucleare: Inchiesta per Disastro Ambientale

Riportiamo una notizia di cronaca dalla Basilicata che nuovamente solleva interrogativi sulla corretta gestione delle scorie nucleari, sulle attività di decommissioning e sulle procedure di controllo ambientale, coinvolgendo non solo una questione locale, ma potenzialmente anche la salute pubblica e la protezione degli ecosistemi marini e fluviali.

Inchiesta sull’ITREC di Rotondella: 16 Indagati per Disastro Ambientale e Gestione Illecita dei Rifiuti

Sono sedici le persone indagate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza nell’ambito di un’inchiesta per disastro ambientale legata all’ITREC di Rotondella, in Basilicata. L’ITREC (Impianto di Trattamento e Rifabbricazione Elementi di Combustibile) si trova all’interno del Centro Ricerche ENEA Trisaia ed è un impianto utilizzato per la conservazione e lo studio delle scorie nucleari, ormai in fase di dismissione, ma ancora operativo. Le indagini hanno rivelato presunte gravi violazioni nella gestione dei rifiuti, tra cui lo sversamento di acque contaminate da cromo esavalente e tricloroetilene – sostanze cancerogene, seppur non radioattive – nella falda acquifera, nel fiume Sinni e nel mar Ionio. Posta sotto sequestro un’area di 600 metri quadrati all’interno del sito per la presenza di uranio arricchito sotto alcuni cumuli di rifiuti convenzionali.

Le Accuse

Le accuse principali riguardano disastro ambientale, inquinamento ambientale, traffico illecito di rifiuti e falsificazione di documenti. Tra gli indagati figurano dirigenti dell’ITREC e della Sogin, la società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi, così come funzionari del comune di Rotondella, della provincia di Matera e dell’Azienda regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata.

Le Presunte Violazioni

Secondo le autorità, i dirigenti della Sogin avrebbero ritardato la comunicazione della contaminazione rilevata già nel 2014, attendendo fino al 2015 prima di informare le autorità competenti. Si sostiene che questo ritardo fosse motivato dal tentativo di evitare costi aggiuntivi per la gestione dei rifiuti e di minimizzare l’impatto politico e pubblico sull’immagine dell’azienda. Inoltre, ci sarebbero stati casi in cui i dirigenti avrebbero disattivato volutamente le pompe che avrebbero impedito la diffusione delle acque contaminate nella falda acquifera, nel tentativo di ridurre i costi energetici e di gestione dei rifiuti liquidi.

Dati Falsificati e Autorizzazioni

Secondo l’accusa, Sogin avrebbe anche presentato dati falsificati e documenti alterati agli enti locali, tra cui il comune, la provincia e la regione, che non avrebbero svolto adeguati controlli. In questo modo, la società avrebbe ottenuto l’autorizzazione a scaricare nel mar Ionio acque reflue radioattive entro limiti stabiliti, e a rilasciare nel fiume Sinni le acque derivanti dai processi dell’impianto. Inoltre, Sogin avrebbe scaricato nel fiume anche acqua piovana non trattata, il cui smaltimento richiederebbe una specifica autorizzazione, la cui presenza non è stata chiaramente stabilita dalle autorità.

La Risposta di Sogin

In un comunicato ufficiale, Sogin ha respinto le accuse, contestando la ricostruzione dei fatti fornita dagli inquirenti. La società ha dichiarato che le contaminazioni non sarebbero state causate dal suo impianto e che l’allarme è stato comunicato immediatamente nel 2015, come dimostrato dai verbali delle conferenze dei servizi. Ha inoltre ribadito il proprio impegno nella tutela dell’ambiente, sottolineando che la sua missione non è la produzione di profitti, ma lo smantellamento sicuro degli impianti nucleari.

Il commento di Legambiente Basilicata

“La notizia del sequestro di un’area di 600 metri quadrati all’interno del sito nucleare Itrec di Rotondella è di quelle davvero inquietanti”. È il commento di Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata.

“La conferma della presenza di uranio arricchito stoccato, seppur in quantità pare minime, presso l’impianto e di cui già Sogin aveva denunciato la presenza nello scorso mese di dicembre, apre ipotesi sconcertanti sulla gestione passata del sito Itrec. Infatti, come è evidente, la presenza di uranio arricchito U234-U235 nulla ha a che fare processi e le attività normalmente realizzati nell’impianto Itrec tra gli anni 70 e 80 del secolo scorso. Attività che pure presentano ancora tanti punti oscuri come anche Legambiente denunciò ormai quasi 30 anni fa. Tuttavia, mai era emersa addirittura la presenza di uranio arricchito U234-U235”.

“A questo punto, in attesa dei necessari approfondimenti – continua il presidente di Legambiente Basilicata – è assolutamente prioritaria la messa in sicurezza del sito e l’avvio delle opportune attività di monitoraggio per scongiurare pericoli per i lavoratori di Itrec e la popolazione tutta”. “Peraltro, è il caso di ricordarlo, questo sequestro segue la notizia di ieri dell’avvio delle indagini per 16 persone accusate di traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale, inquinamento ambientale, falso e altro, per la contaminazione delle acque di falda da sostanze chimiche, in prevalenza tricloroetilene e cromo esavalente, dell’impianto Magnox situato presso Itrec. Una volta avviato il processo Legambiente annuncerà la sua costituzione parte civile nello stesso”.

“Se a tutto questo aggiungiamo il difficile e lungo processo delle attività di decommissioning del sito nucleare si capisce quale eredità avvelenata ci abbia lasciato anche in Basilicata quel periodo precedente al referendum sul nucleare del 1987, di cui la vicenda del sequestro di questi giorni a Rotondella rappresenta solo l’ultimo, per ora, inquietante capitolo”. Fonte: https://www.lanuovaecologia.it/rotondella-nucleare-uranio/

Immagine articolo: covacontro.org – fonte articolo: il post.it e Il Fatto quotidiano

https://ecquologia.com/nucleare-italia-tra-scorie-passate-e-un-futuro-improbabile/

Redazione

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