Manifesto Ecofuturo

Dopo i bla bla bla della COP26, il manifesto di Ecofuturo

Ecofuturo. A conclusione dei confronti intercorsi durante la serie di puntate televisive “La Cop26 a Km0!” (programma ideato da Ecofuturo Festival ed andato in onda sulle frequenze di TeleAmbiente ed in streaming su molteplici piattaforme) pubblichiamo il manifesto finale. Un documento, ovviamente non esaustivo, che prova a sintetizzare l’enorme e straordinaria mole di idee scaturite.

L’obiettivo, una volta finito di limarlo ed integrarlo con ulteriori contributi, è farlo divenire la base per future iniziative in Parlamento. E l’inizio di un confronto sui territori. Vogliamo, infatti, su questi temi creare una forte pressione ad ogni livello amministrativo e legislativo. Un quaderno che si arricchirà passaggio dopo passaggio per essere patrimonio di tante e tanti. E per superare i troppi bla bla bla della COP26!

Per chi volesse contribuire con proposte e riflessioni, o semplicemente entrare in contato con noi, questa è la nostra mail: contatti@ecquologia.com

Puoi rivedere le 5 puntate sui nostri canali YouTube e Facebook

L’ECOLOGIA CAMBIERA’ L’ECONOMIA NONOSTANTE LORO

Queste proposte sono per ora, per l’oggi, per la prossima finanziaria ed il Pnrr. Sono state discusse nelle 5 giornate di confronto dell’iniziativa “La Cop26 a Km0!”, con ospiti aziende, studiosi, attivisti e politici e vista sul web da oltre 80.000 persone. Sono tutte convenienti per il paese e per il pianeta, creano ricchezza e non distruggono l’ambiente. Nascono per essere adottate con uno sforzo comune tra ogni area politica e tra aziende e scienziati. Coinvolgendo anche chi si è formato nell’era del fossile e del nucleare. Nessuno deve pentirsi, ma ora deve mettere la propria esperienza al servizio di una transizione cui nessuno si può’ sottrarre. Un documento, quindi, per coltivare speranze concrete. Di fronte alla tragedia climatica dobbiamo prenderci per mano per rimettere le esigenze dell’umanità’ in equilibrio con le esigenze della nostra patria comune: la Terra.

Chiudere i pozzi di CO2 mineraria

Oggi possiamo recuperare tutta la CO2 di cui abbiamo bisogno dai processi industriali. È più pulita di quella vergine mineraria, che è carica di veleni, e da sempre necessita di tecniche di purificazione per poter essere utilizzata. Vorremmo che questa fosse una iniziativa minimale da assumere nel nostro Paese. Provocherebbe a cascata un cambio a livello mondiale. La CO2 non può più essere di origine mineraria vergine (pozzi da dove si estrae CO2come prodotto primario) ma solo di riciclo. Non provocheremo aumento di costi perché resta un prodotto a basso costo rispetto a quanta se ne usa. Nei bilanci preventivi delle aziende di bibite neppure compare. E daremo una spinta all’industria del riuso che guarda caso è essenzialmente italiana. Se abbiamo firmato il blocco delle nuove autorizzazioni di prospezione fossile, questo ci pare il minimo sindacale immediato.

Risorse subito per piantare one trillion tree

Occorre che nel bilancio UE e in quello italiano siano subito allocati i fondi per piantare i 1000 miliardi di alberi decisi con il G20. Su questo vogliamo immediatamente mettere alla prova il governo Draghi e l’Unione Europea.

Prolungare il Superbonus110 fino al 2025 solo per le rinnovabili

Per lo sviluppo dell’efficienza energetica dovremo combattere fino in fondo la partita per il Superbonus. Magari più leggero, ma più lungo, Non solo per i condomini, ma anche per le case unifamiliari non di lusso. Eventualmente riducendo l’importo anche dal 2023, ma senza interromperlo bruscamente. Infatti le imprese che lavorano nelle case singole non sono quelle che operano nei condomini. Occorre quindi dar loro un futuro, con una eventuale riduzione del bonus, e legandolo esclusivamente alle energie rinnovabili.

La rete idrica terza rete energetica

Occorre anche convocare le aziende idriche per mettere a disposizione le reti per lo scambio con le pompe di calore. Queste valgono il 300% in più di efficienza rispetto alle caldaie. Le pompe di calore ad alta temperatura consentono oggi in particolare di riconvertire tutti gli impianti con caloriferi di ogni potenza. Per questo occorre che lo scambio geotermico, ove non è possibile, sia sostituito con lo scambio idro-termico. Sia in pozzo, sia con i teleriscaldamenti freddi. E ovviamente con la rete idro-potabile. Questa, non subendo alcuna manomissione né danno, può proporsi come interfaccia di scambio anche nei centri cittadini. Luoghi, questi ultimi, dove le pompe di calore non hanno altro modo e spazio di scambiare per funzionare.

Cappotti termici naturali

È necessario riconoscere i cappotti termici naturali rispettando le loro caratteristiche. Ad esempio il calce e canapa può consentire cappotti esterni o interni di 6 cm. Mentre oggi sono obbligati a rispettare lambda pensati e studiati per i fossili ed in particolare per il polistirene. I cappotti naturali stoccano anche CO2, nella fase della loro crescita come pianta, per cui raddoppiano l’effetto.

Riconoscere negli Ecobonus/Superbonus la Geotermia

Nei provvedimenti di efficienza energetica per il riconoscimento dei massimali occorre inserire anche la geotermia o l’idrotermia (per gli acquedotti). Ciò permette di aumentare ulteriormente l’efficienza delle pompe di calore. Le pompe di calore sono la vera svolta per il clima. Hanno il 300% in più di efficienza termica rispetto a tutti i tipi di caldaia con bruciatore. Se vengono scambiate non ad aria ma con il terreno, o con l’acqua, il loro rendimento termico totale diventa del 500% in più rispetto ad ogni riscaldamento fossile.

Il fotovoltaico per autoconsumo nelle città e nei centri storici deve essere libero

Occorre inserire una norma stringente per impedire che i regolamenti urbanistici dei Comuni prevedano l’esclusione assoluta del fotovoltaico dai centri storici. Il parere della Soprintendenza deve riguardare esclusivamente gli edifici storici artistici. Non sono ammissibili norme di esclusione per i pannelli fotovoltaici se non si parla anche di esclusione assoluta di antenne, parabole e motori dell’aria condizionata. Insomma il bene storico o è assolutamente tutelato, oppure anche il fotovoltaico deve essere ammesso. Ovviamente la stessa norma deve valere anche per le pareti degli edifici. “Simul stabunt simul cadent”!.

Sostituire il bitume nelle strade urbane con asfalti o pavimentazioni drenanti e ad alto albedo

E’ necessario che nelle aree urbane siano progressivamente dismessi gli asfalti bituminosi. Le città in tempi di cambiamenti climatici sono diventate dei forni a causa dei bitumi che non hanno effetto albedo. E trattengono, moltiplicandolo, il calore del sole e restituendolo anche la notte come in un immenso pavimento radiante. Tecnologie italiane sono in condizioni di cambiare gli asfalti con sistemi drenanti e disinquinanti. E ad albedo pari alla terra. Un piano da realizzare man a mano che si rifanno le strade o le si ristruttura. Ma deve esserci una decisione nazionale!

Riconoscere alla agricoltura senza aratro i crediti di carbonio

Crediti di carbonio per chi fa agricoltura biologica o biometano, senza utilizzare l’aratro sovvertitore e stoccando in permanenza la CO2 nel sottosuolo. Così da trasformarla in carbonio, nutrimento per le piante. CO2 evitata o CO2 stoccata è lo stesso mercato. La riconversione della agricoltura con seminatrici su sodo e la distribuzione del digestato (derivante dagli impianti di biometano), in sostituzione degli escrementi animali e dei concimi chimici, porta al grande obbiettivo de “le quatre pour mille” lanciato alla COP 21. La ricerca e l’esperienza, nonché la meccanizzazione innovativa della nostra filiera agroindustriale, rende finalmente possibile questo obiettivo per il pianeta.

Le vie del mare

Per i trasporti occorre finanziare le rotte delle autostrade del mare per renderle più diffuse e utilizzate. Gli investimenti nei porti e nella digitalizzazione ci sono. Ma è incredibile l’amnesia italiana ed europea sul mare come mobilità, del tutto inconcepibile per una penisola come la nostra con 8500 km di coste. Tutti i trasporti pubblici e privati sono finanziati in perdita, mentre il mare è la cenerentola. Risorse risibili anche rispetto al trasporto aereo. Aerei che invece andrebbero tassati di carbonio quando ci sono sulla stessa tratta alternative via treno o via mare compatibili con tempi e costi. Una decisione per esempio già presa in Francia.

Prima riconvertire poi rottamare

Ovviamente la riconversione dei trasporti pesanti in mare e a terra deve essere a biometano. Con l’elettrico per le tratte piccole e per i trasporti leggeri. Al contempo occorre fermare subito il finanziamento al gasolio. È necessaria poi la riconversione del circolante a metano, fermando ogni rottamazione di veicoli. Autobus, camion e navi possono cambiare la motorizzazione con biometano o elettrico fino al raggiungimento dell’ammortamento energetico. La sfida dell’elettrico è centrale e occorre una diffusione adeguata dei sistemi di ricarica, pubblici ed individuali.

Almeno la metà delle auto circolanti in Italia compiono tragitti brevissimi. E quindi non si giustifica la rottamazione imposta a veicoli, pur molto inquinanti, che compiono non più di 5000 km anno. La riconversione a metano o il revamping elettrico devono essere sostenuti e incentivati. Per la riduzione degli inquinanti nei centri urbani occorrono non solo veicoli che siano elettrici. Ma anche che abbiano un peso ed una velocità tali da non rappresentare un pericolo per pedoni e ciclisti. In tali contesti urbani la velocità dovrebbe essere di 30 all’ora, ad esclusione degli assi di scorrimento. Senza dimenticare che queste caratteristiche facilitano una bassa emissione di polveri sottili da freni e pneumatici.

La legge è fatta, ora salviamo il mare

La pulizia del mare e dei fiumi oggi è tecnologicamente possibile e con tecnologie italiane. Deve essere affidata obbligatoriamente alle aziende dei rifiuti locali e costiere, interrompendo questa irresponsabilità di massa. Lo dobbiamo a Sergio Costa e al suo capolavoro del “Salva Mare” approvato recentemente. La costa inquinata potrà essere eco-dragata. E potremo mettere immediatamente a disposizione le sabbie, così estratte, per il ripascimento delle coste in erosione. Occorre davvero una Net Erosion Transition. Chi draga quindi non può scaricare in mare, ma dovrà mettere a disposizione immediata i propri materiali puliti a chi deve ripascere.

Eco-dragare i bacini interni, per la sicurezza idraulica e le rinnovabili

I bacini interni potranno essere eco-dragati e le sabbie potranno determinare il fermo, fino ad esaurimento dello scavo, di nuove cave per inerti. E le sabbie andranno consegnate agli attuali cavatori che cambieranno il loro ruolo, ma non interromperanno le filiere.

Approvare i progetti rinnovabili fermati da “annientalisti” e burocrazia

Tutte le rinnovabili sono necessarie. Ognuna per il suo scopo. Occorre rompere l’assedio dei cosiddetti “annientalisti” che si sono arroccati nel Ministero dei beni ambientali e culturali. Le moratorie delle regioni, ora su questa ora su quella rinnovabile, sono atti di immoralità pubblica, visto che poi sono regolarmente bocciate. Occorre il diritto dovere sostitutivo dello Stato e la fine del veto assoluto delle soprintendenze, al di fuori di beni architettonici storici. Le competenze della protezione del paesaggio non possono risiedere in un organo di conservazione, che si è svegliato quando sono apparse le rinnovabili. Ma dopo infiniti delitti e cementificazioni, stravolgimento dei paesaggi agrari e desertificazione delle pianure. Il paesaggio è vita ed evoluzione e senza svolta diventerà involuzione e morte.

Il nemico della transizione energetica è la fissione nucleare

Il nucleare è avversario della democrazia energetica e delle comunità energetiche, oltre che della pace e dell’ambiente. Occorre una transizione al tutto rinnovabile mediata con il mondo fossile (se vorrà dialogare). Ponendo tempistiche certe e concordando tecnologie, anche ancora fossili, più evolute e efficienti pensate per la transizione. Altrimenti faremo il più grande favore ai nostri avversari peggiori.

Uscire dal carbone: un capacity market diffuso e anche rinnovabile

Il phase out dal carbone non è rinviabile. Ma la scelta di delegare il capacity market solo a poche mega centrali a turbogas è una scelta sbagliata. Richiamare energia da molto lontano comporta perdite di rete molto rilevanti e il fermo continuo di grandi impianti ha costi enormi. A questo compito devono essere chiamate anche le rinnovabili continue. Inoltre, se invece di prelevare energia da centrali a centinaia o migliaia di km, rispondiamo al fabbisogno delle aree di rete chiamando a produrre migliaia di piccoli impianti diffusi ed avanzati (a gas o a pile elettrolitiche, o storage diffusi) conquisteremo democrazia energetica e risparmieremo sprechi energetici. Ed avremmo un paese meno vulnerabile. Anzi regioni o aree geografiche meno vulnerabili. La rete del gas è una ricchezza nazionale. Usiamola in alleanza per la transizione all’elettrico anche nella gestione del calore.

Fabio Roggiolani, cofondatore Ecofuturo Festival

Luci e tante ombre nel Patto di Glasgow

Redazione

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