I colori dell’idrogeno: quello verde supererà il blu entro il 2030

Il cosiddetto idrogeno blu, quello ottenuto da fonti fossili con sistemi di cattura della CO2 CCS è attualmente più economico di quello prodotto dall’elettrolisi alimentata a energie rinnovabili, ma nell’arco dei prossimi 10 anni si profila una situazione invertita.

L’idrogeno blu è destinato a rimanere più competitivo di quello verde, in termini di costo, ancora per poco tempo, visto che nel medio termine lascerà la scena a all’idrogeno verde, l’unico veramente rinnovabile, in tutti i principali mercati del mondo, anche in quelli dove il gas è fortemente economico. Queste le indicazioni della società di analisi BloombergNEF che prevede un sorpasso “di colore” entro la fine del decennio corrente.

E’ attualmente l’idrogeno grigio, cioè quello derivato dagli idrocarburi, la forma più economica in assoluto, con un prezzo stimato intorno a 1,50 euro al kg con un fattore di costo o “cost driver“, fortemente legato al prezzo del gas naturale, prima fonte per la produzione del vettore. A breve però, almeno nello scenario europeo la situazione potrebbe cambiare, con il mercato del carbonio che gioca al rialzo, con le quote emissive, soprattutto quelle sopra i 40 euro che potrebbero aggiungere a breve quasi 0,50 euro al totale per chilo.

Secondo le stime di BloombergNEF, l’idrogeno grigio potrebbe perdere di competitività rispetto al “verde” entro il 2030 in 16 dei 28 paesi modellati. Al rigurado gli analaisti scrivono che Troppo spesso si presume che il prezzo dell’idrogeno grigio rimarrà a questo livello relativamente basso nel prossimo futuroCiò ignora la proiezione dell’AIE di un aumento strutturale dei prezzi del gas naturale dovuto alle forze di mercato. E, cosa più importante, non tiene conto della potenziale volatilità dei prezzi del gas, come dimostrato in Europa, dove sono diventati più legati ai mercati spot”.

Scendendo nella scala dell’economicità abbiamo subito dopo l’idrogeno blu, con il vettore idrogeno ottenuto da fonti fossili ma con integrazione di un processo per la cattura delle emissioni rilasciate, con il prezzo del gas a costituire ancora il costo preminente, al quale va aggiunta anche la spesa per la cattura, l’immagazzinamento e la riutilizzazione della CO2. In un tale contesto l’idrogeno blu arriva a costare intorno ai 2-2,50 euro al kg.

Dall’altra parte della scala abbiamo l’idrogeno verde, con un costo attualmente stimato tra i 3,50 e 5 euro al kg. Si tratta di un costo al quale concorrono diversi fattori come il costo dell’elettrolisi, il processo per la frantumazione delle molecole d’acqua per il rilascio di idrogeno (H2) e ossigeno (O2). Il secondo fatto è costituito dal prezzo dell’elettricità eolica, fotovoltaica o idroelettrica impiegata dall’elettrolisi. Entrambi questi driver cost, secondo gli esperti analisti sono destinati a scendere in maniera verticale nei prossimi anni.

BloombergNEF prevede inoltre che, entro il 2030, la forma verde sarà più economica di quella blu in tutti i paesi sottoposti ad indagine, compresi quelli con gas a basso costo come gli Stati Uniti e quelli con energia rinnovabile più costosa come Giappone e Corea del Sud. Infine, diverse compagnie petrolifere, tra le quali Equinor e Royal Dutch Shell, sono intenzionate a costruire impianti per l’idrogeno blu in paesi come Regno Unito, Olanda e Germania e, come si legge testualmente, “I progetti con date d’avvio vicine al 2030, come l’impianto H2Morrow di Equinor in Germania, rischiano di diventare non competitivi nei confronti dell’idrogeno verde”.

La Redazione di Ecquologia

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