ILVA: la verità in un libro. La recensione di Angelo Consoli

Pubblichiamo di seguito la recensione di Angelo Consoli di CETRI-TIRES, del nuovo libro di Maurizio Rizzo StrianoILVA – Lavoro e bugie contro salute e verità“, sul controverso rapporto tra la grande acciaieria tarantina ed il territorio.

… Vi verrebbe mai in mente di fare una acciaieria a Nizza, in Costa Azzurra? O a Barcellona, in Costa Brava? A Olbia, in Costa Smeralda? …
Accettereste di riempire l’ambiente di diossina e di benzo(a)pirene per consentire ai gestori di una acciaieria di fare profitti senza spendere quasi nulla per ridurre l’inquinamento? Riterreste conveniente incassare dal commercio dell’acciaio per poi spendere tutto in spese sanitarie e di bonifica di un territorio, oltre ad altri danni incalcolabili per le morti da tumore che infestano da 50 anni il territorio?…

Inizia come un pugno nello stomaco il libro ILVA – Lavoro e bugie contro salute e verità di Maurizio Rizzo Striano appena uscito per la casa editrice Altrimedia.

L’autore è esperto di legislazione ambientale e ha presieduto la commissione per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista dalla direttiva europea 61/96 meglio nota come direttiva IPPC, per la prevenzione e il controllo integrati dell’inquinamento industriale. Il libro ha una post fazione di Alfonso Pecoraro Scanio, il ministro che conferì quell’incarico all’autore, che ci ricorda che “la politica italiana è riuscita a dare un pessimo esempio, difficilmente eguagliabile, perché al mancato rispetto di diritti fondamentali dei cittadini non è nemmeno seguito alcun vantaggio in tema di occupazione“.

Infatti l’ILVA, era già costata 10 miliardi di euro di sovvenzioni pubbliche generosamente erogate da tutti i vari governi che si sono succeduti dal 2011 ad oggi ed era già fallita quando è stata letteralmente regalata agli indiani di Arcelor Mittal, che adesso sono stati addirittura pagati per andarsene e lasciare un impianto obsoleto, inquinante e economicamente al collasso che continua necessitare di una ennesima iniezione di fondi pubblici per poter pagare i salari di quella metà della forza lavoro che non è ancora stata messa in cassa integrazione ed è sempre più vicina al licenziamento. Ricorda infatti sempre Pecoraro Scanio che “tuttora la politica brancola nelle tenebre e non ha trovato niente di meglio da fare che affidarsi alle decisioni dell’attuale gestore degli impianti, un imprenditore indiano che controlla una multinazionale collocata in cima alle statistiche mondiali sulle emissioni nocive e su quelle dei gas climalteranti. Anche nell’attuale governo sembra prevalere l’opinione di chi vuole continuare l’attività produttiva pur se l’imprenditore privato deciderà di riconsegnare gli impianti. In questo caso, dicono, si utilizzeranno i fondi europei per produrre acciaio “green”, decarbonizzando e avviando la costruzione di nuovi impianti, alimentati a gas o a idrogeno. Quello che però non dicono è quanto costerà allo Stato costruire questi impianti e quanto tempo ci vorrà. Soprattutto non dicono cosa si farà con l’attuale area a caldo durante il tempo necessario alla riconversione. Né dicono che l’attuale sovrapproduzione di acciaio nel mondo è un fenomeno irreversibile perché, nei settori trainanti la domanda, già ora si impiegano materiali sostitutivi e molti altri sono in fase di sperimentazione“.

La conclusione dell’ex Ministro è che non c’è più bisogno di acciaio perché non c’è più un mercato che lo richieda e che l’acciaieria va chiusa senza se e senza ma e senza por più nessun tempo di mezzo. “Il futuro, nemmeno tanto remoto, non sarà dell’acciaio “green”, prodotto senza l’impiego di massicce quantità di carbon fossile, semplicemente sarà con poco acciaio e di qualità diversa da quella che si produce a Taranto. Tutto depone nel senso che bisogna dire basta. Ciò che ancora manca è l’assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche, sia di quelle che sono al governo che di quelle che sono all’opposizione, perché tutte dovrebbero ammettere gli errori tragici commessi nel passato.
Se anche questa volta ciò non avverrà è facile prevedere che si metterà in moto ancora una volta il meccanismo della supplenza del potere giudiziario, con tutta probabilità innescato a opera delle Corti di Giustizia europee
“.

Quest’ultimo riferimento allude alla decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che nella sua recente sentenza sul ricorso presentato da vari gruppi di cittadini coordinati dalle tarantine d’assalto Lina Ambrogi Melle e Daniela Spera, ha ammesso che il governo italiano è responsabile di violazioni di diritti umani fondamentali quali quelli alla vita e alla salute per aver permesso all’ILVA di produrre acciaio in condizioni da terzo mondo e senza alcun rispetto per il territorio e gli esseri umani.

L’inferno dell’ILVA di Taranto

Ma il libro non si limita alle pur giustissime critiche, ma lancia un messaggio di speranza, dicendo che un’altra Taranto è possibile e facendo riferimento la Piano elaborato dal CETRI proprio per la riconversione economica e la resurrezione non dell’ILVA ma di Taranto.

Nonostante tutto esiste un progetto elaborato su base volontaria che merita particolare attenzione. È quello chiamato Taranto Tri.0, commissionato dalla parlamentare europea Rosa D’Amato e redatto dall’Istituto CETRI-TIRES, presieduto da Angelo Consoli. Esso ha il merito di affrontare la questione dell’ILVA partendo dal presupposto della crisi irreversibile delle logiche produttive nate con la seconda rivoluzione industriale, imperniata sull’uso dell’energia fossile con il sacrificio dell’ambiente.
Questo è un punto dirimente su come affrontare la crisi ambientale, sociale ed economica di Taranto. Interventi e piani che non abbiano un ampio respiro, con investimenti a pioggia e senza la visione di un futuro sostenibile, sono destinati a un misero fallimento. Il progetto Taranto Tri.0 offre al contrario proposte articolate e concrete in linea con i postulati della terza rivoluzione industriale, seguendo gli insegnamenti di Jeremy Rifkin.
Come ha scritto Angelo Consoli nelle premesse al progetto: «La transizione dalla seconda alla Terza Rivoluzione Industriale implica un cambio di paradigma culturale e non solo la sostituzione di vecchi impianti inquinanti con impianti meno inquinanti, il primo fattore critico di successo per la transizione di Taranto verso la terza Rivoluzione Industriale sta nella diffusione della consapevolezza del nuovo modo di pensare e di fare economia conforme ai principi della termodinamica e rispettoso delle risorse naturali. Per raggiungere questo risultato sarà necessario impegnare tutti i cittadini e le comunità del tarantino in campagne di comunicazione rivolte sia agli studenti che ai consumatori, alla comunità imprenditoriale e alle organizzazioni della società civile»
.

Sull’impianto killer dell’ILVA di Taranto è stato già scritto e detto di tutto. Gli interessi del gruppo siderurgico sono stati anteposti al diritto alla salute e all’ambiente, molti cittadini sono stati costretti a lasciare Taranto, altri a lasciare questa vita, ma non tutto è perduto. L’autore ci tiene a sottolinearlo nella sua conclusione

In Italia, Taranto, per ora, è solo un esempio di tutto quello che non si deve fare. Per cambiare bisogna sperare che vi sia maggiore partecipazione dei cittadini rivolta a vigilare che non si ripetano negligenza, pressapochismo, incompetenza. Solo la partecipazione attiva può determinare un’azione trasparente dei pubblici poteri.

In questo Natale in tempo di Covid in cui saremo costretti a stare in casa, è consigliabile procurarsi questo libro (lo trovate nelle migliori librerie e online, ad esempio qui https://www.ibs.it/ilva-lavoro-bugie-contro-salute-libro-maurizio-rizzo-striano/e/9788869601101 e riflettere su quello che l’essere umano sta facendo all’altro essere umano, al pianeta e al clima.

Il libro verrà presentato con un webinar on line il 29 dicembre https://www.facebook.com/altrimediaedizioni/

Redazione

Articoli correlati