Energie rinnovabili: nel 2050 139 paesi potrebbero essere 100% rinnovabili
Da qui al 2050 ben 139 paesi nel mondo avrebbero le potenzialità di decarbonizzarsi completamente, alimentandosi al 100% con energie rinnovabili: è questa la conclusione a cui è pervenuto un team internazionale di ricerca di ben 27 ricercatori, costituito prevalentemente da scienziati della Stanford University, che ha pubblicato su Joule lo studio “Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight (WWS) All-Sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World”, il quale rappresenta una roadmap verso un futuro energetico rinnovabile al 100% e dove sono delineate le modificazioni infrastrutturali per raggiungere l’obiettivo.
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Si tratta di uno studio derivato da un precedente studio, sempre pubblicato su Joule, delle 2015 roadmaps per portare tutti i 50 Stati Usa al 100% di energia pulita e rinnovabile e di un’analisi per verificare se la rete di distribuzione dell’elettricità rimarrebbe stabile con una tale transizione, il quale, oltre ad estendersi a quasi tutto il mondo, presenta anche calcoli più precisi sulla disponibilità di energia solare sui tetti, sulle risorse energetiche rinnovabili e sul saldo tra posti di lavoro creati e quelli persi.
Una sintesi degli obiettivi di questo imponente studio nelle parole di presentazione dello stesso da parte di Mark Dyson, del Rocky Mountain Institute, secondo il quale, “Questo documento aiuta a far avanzare la discussione all’interno e tra le comunità scientifiche, politiche e degli affari su come immaginare e progettare un’economia decarbonizzata. Il crescente numero di lavori della comunità scientifica sui percorsi globali di transizione energetica low-carbon fornisce una robusta evidenza che una tale transizione può essere realizzata e una comprensione crescente delle specifiche leve che devono essere mosse per farlo”.
Il team di ricerca, nell’articolo apparso sulla rivista Joule, evidenzia come gli interventi utili per alienare completamente petrolio e carbone dal mix energetico di ciascun paese, avrebbero una serie di rilevanti benefici, come la creazione complessiva di 24 milioni di posti di lavoro. Inoltre l’imboccare senza indugi la strada verde della de carbonizzazione, eviterebbe tra i 4 e i 7 milioni di morti annue legate all’inquinamento dell’aria. La stima di risparmio tra costi climatici e sanitari fatta nello studio potrebbe raggiungere i 20mila miliardi di dollari.
Grandi i vantaggi anche per una Italia 100% rinnovabile al 2050, dove il bilancio tra posti di lavoro creati nelle energie pulite e posti persi nelle energie tradizionali porterebbe a un saldo attivo di 485mila nuove occupazioni, mentre le morti evitabili ogni anno si collocherebbero tra le 5mila e le 45mila. Un grande potenziale ancora inespresso per tutte le fonti nel nostro paese, con il solare che dopo il grande boom dal 2007 al 2013, vi sarebbe ancora un potenziale di ben 737 km quadrati di tetti idonei ad ospitare impianti fotovoltaici.
Un approccio metodologico quello della definizione della roadmap per imboccare una rapida transizione verso un futuro low carbon per scongiurare l’annunciata catastrofe climatica, conseguendo nel contempo l’autonomia energetica di gran parte dei Paesi del mondo, costituisce indubbiamente la più grande sfida del nostro tempo che ha richiesto una accurata analisi di base per ognuno dei 139 Paesi considerati presi in esame. Per ogni paese sono state infatti valutate le risorse energetiche rinnovabili disponibili, il numero di impianti eolici, idroelettrici e di impianti solari (fotovoltaico, termico, a concentrazione) per raggiungere l’80% di produzione rinnovabile entro il 2030 e il 100% entro il 2050. Il quadro risultante evidenzia come per raggiungere tali obiettivi, sarebbe necessario solo l’1% del territorio mondiale e che tra impianti eolici e impianti solari resterebbero spazi aperti utilizzabili per altri scopi, con il risultato che un tale approccio sarebbe capace di ridurre la domanda e il costo dell’energia rispetto ad uno scenario business-as-usual.
Lo studio ha analizzato un fronte molto esteso di assets, legati a produzione di energia elettrica, trasporti, riscaldamento/raffreddamento, industria, agricoltura, silvicoltura e pesca nei 139 Paesi, attraverso i dati da IEA (International Energy Agency), responsabili nel loro insieme di oltre il 99% della CO2 emessa in tutto il pianeta, determinando che le potenze economiche mondiali con grande popolazione, come Stati Uniti, Cina e Unione Europea, saranno più agevolate in questo passaggio verso il 100% di energia rinnovabile. Tale transizione sarà invece più difficile in piccoli paesi insulari, come la ricca Singapore, dove probabilmente sarà necessario puntare quasi esclusivamente sul solare.
Altra evidenza di questo nuovo studio, gli ulteriori vantaggi legati alla minimizzazione delle tante esternalità negative delle fonti fossili, dal momento che eliminando l’utilizzo di petrolio, gas e uranio, viene eliminata anche tutta l’energia associata all’estrazione, al trasporto e la raffinazione di queste materie, riducendo la domanda internazionale di energia di circa il 13%. Inoltre, dato che l’elettricità è più efficiente della combustione dei combustibili fossili, la domanda di energia dovrebbe subire un ulteriore calo del 23%. Non meno rilevanti ovviamente i vantaggi sul piano dei conflitti per l’accesso alle materie prime, dal momento che i diversi Paesi non avrebbero bisogno di sfidarsi l’un l’altro per sfruttare o accedere ai combustibili fossili, riducendo gran parte delle guerre internazionali troppo spesso legate proprio ai temi dell’energia e dell’accesso alle materie prime. Ulteriore aspetto positivo da non sottovalutare, è legato infine a quelle comunità che vivono attualmente in “deserti energetici”, le quali avrebbero così accesso a grande disponibilità di energia pulita e rinnovabile.
Un ambito dello studio è stato anche dedicato alle nuove tecnologie come lo stoccaggio di calore sotterraneo nelle rocce, ancora a livello di progetti pilota e gli aeromobili elettrici a celle a combustibile e a idrogeno attualmente disponibili solo in piccoli prototipi. Nello studio viene evidenziato come il riscaldamento a distanza, molto simile alla tecnica dello stoccaggio sotterraneo, fornisce il 60% del riscaldamento delle case danesi, mentre già oggi shuttle e razzi spaziali sono alimentati a idrogeno, con le compagnie aeree stanno investendo negli aerei elettrici. Nel nuovo studio sono inoltre affrontati gli aspetti da affrontare da parte di eolico, solare e idroelettrico per gestire le fluttuazioni giornaliere e stagionali, gestibili con diversi approcci tecnologici del sempre più ampio fronte delle tecnologie di accumulo, anche se a parere mio non sono stati sufficientemente approfonditi ruolo e potenzialità di un fondamentale energia rinnovabile come la geotermia, che oggi più che mai, con le nuove tecnologie a ciclo binario e reiniezione completa dei fluidi, può dare risposte determinati per questi aspetti, proprio in virtù della sua continuità e disponibilità 365 giorni all’anno.
Alle diverse critiche giunte alle analisi presentate dal nuovo studio, legate agli enormi investimenti necessari per la transizione di un intero Paese al 100% di rinnovabili, gli autori rispondono che “Il costo complessivo per la società (energia, salute e costi climatici) del sistema proposto è un quarto di quello dell’attuale sistema dei combustibili fossili. Per quanto riguarda i costi iniziali, la maggior parte di questi sarebbe necessaria in ogni caso per sostituire l’energia esistente, mentre il resto è un investimento che si ripaga molto più nel tempo, eliminando quasi i costi sanitari e climatici“.
Indubbiamente un esercizio di grandi proporzioni quello di questo studio, molto importante per cercare di fare riflessioni serie per intraprendere finalmente, mettendo la prua dritta su un percorso a cui dare obiettivi temporali precisi e che risulterebbe oggi fondamentale per il futuro nostro ma soprattutto di quello delle nuove generazioni.
Sauro Secci