Ecofuturo 2017: Fuori il gasolio dal Mediterraneo

Una memorabile edizione di Ecofuturo, questa 2017 conclusasi appena un mese fa al Fenice Green Energy Park di Padova, dove sono intervenuto, come Associazione Giga, per approfondire un tema di grande rilevanza ambientale, come la riconversione pulita del comparto della navigazione.

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Si tratta di un tema relativo ad un comparto come quello della navigazione, che sta registrando siderali ritardi nella migrazione dai combustibili fossili più inquinanti, come l’olio combustibile denso BTZ (1% di zolfo), rispetto ai comparti industriale, terziario e residenziale.

Un problema di enorme rilevanza quello dell’inquinamento atmosferico nelle aree portuali, quasi sempre anche aree industriali, con la presenza di un insieme di sorgenti di emissione spesso molto critiche, pienamente inurbate o in prossimità di aree urbane fortemente antropizzate. Una grande complessità in termini emissivi quella delle aree portuali, dove alle emissioni prodotte dai motori navali, si accompagnano quelle delle macchine di movimentazione a terra (automezzi pesanti e macchine operatrici dedicati al trasporto merci, alle operazioni di carico/scarico, le autovetture passeggeri, etc.) oltre a tutte le altre attività presenti al contorno (dispersione delle polveri durante le operazioni di movimentazione delle merci polverose alla rinfusa oppure la presenza di stabilimenti industriali).

Una situazione molto grave è quella presente nel Mediterraneo, dove i grandi natanti, come navi mercantili, navi da crociera, navi portacontainer e traghetti  sono tutt’oggi autorizzati ad usare,oltre al gasolio, olio combustibile pesante  come BTZ (tenore di zolfo <= 1%) (di fatto un sottoprodotto della raffinazione che per rendere liquidio deve essere portato alla temperatura di circa 70°C), senza alcun sistema di depurazione delle emissioni ai camini, come previsto invece per altri settore del trasporto come per auto, camion e da decenni nelle centrali termoelettriche che lo utilizzavano, peraltro oramai da molti anni dismesse. Una situazione che ho avuto modo di analizzare proprio un anno fa, dando conto dei risultati di una accurata campagna di misura effettuata da una ONG come “Cittadini per l’Aria”, in collaborazione con un team di esperti di monitoraggio ambientale, in una delle città simbolo dell’inquinamento indotto dalla portualità come Genova (vedi post “Il “mal d’aria” nelle città di mare e le “navi killer”: Mediterraneo vilipeso“). Proprio in quella circostanza, parlando di una campagna mirata specificatamente ad evidenziare il contributo della navigazione all’inquinamento dell’aria nel capoluogo ligure, erano emersi risultati davvero molto allarmanti, proprio intorno all’area portuale, con livelli di polveri ultrafini fino a 40 volte superiori a quelli altre zone della città con qualità dell’aria accettabile. Un luogo emblematico Genova per questa problematica, dal momento che proprio il simbolo della città, la famosa Lanterna, baricentro dell’area portuale, cela al suo interno una antica centrale a carbone, oramai dismessa da ENEL e vedere proprio la ciminiera spenta del vecchio impianto entrato in esercizio nel lontano 1927, circondata dai pennacchi dei  camini molto più bassi di grandi traghetti, navi da crociera, navi mercantili transoceaniche ed altri natanti, a me che ho dedicato la mia vita al monitoraggio ambientale fa un certo effetto.

Un elemento molto importante quello della quota di rilascio degli inquinanti, dal momento che al lordo delle condizioni atmosferiche del momento, più o meno favorevoli alla diluizione degli inquinanti, il quadrato di tale parametro è inversamente proporzionale al rapporto fra emissione, cioè cosa esce dal punto di rilascio (ciminiera, camino) e immissione, cioè la quota di inquinamento con cui la popolazione inala attraverso la respirazione.

Una situazione particolarmente insostenibile in un mare chiuso come il Mediterraneo, autentica culla di bellezza e di civiltà, autentico pugno in faccia ad autentiche perle del mare come Genova, Venezia, Napoli, particolarmente congestionate del traffico delle grandi navi, ancora escluso, dalla evoluzione normativa internazionale, scaturita da un trattato importante come la Convenzione Marpol dell’IMO Annesso VI (1997 => 19 maggio 2005) ed il suo emendamento del 2008 (2008 => luglio 2010) inerenti la protezione dall’inquinamento atmosferico causato dalla navigazione marittima. Una convenzione  che ha istituito finalmente zone marittime a controllo delle emissioni ancora molto limitate nel mondo, denominate ECA (Emission Control Area) con le declinazioni SECA (Sulphur Emission Control Area) e NECA (Nitrate Emission Control Area) legate alla riduzione dei tre principali inquinanti atmosferici marittimi come SO2, NO2 e polveri sottili.

E’ stata finalmente la IMO (International Maritime Organization) ad definire, attraverso la convenzione MARPOL, che dal 2020 tutte le rotte mondiali dovranno essere percorse da navi che utilizzano combustibili a basso impatto ambientale come il GNL, il quale ha portato già i suoi benefici effetti nelle aree scandinave del Baltico e del Mare del Nord, sia relativamente agli inquinanti atmosferici locali, sia relativamente a gas climalteranti come la CO2.

L’IMO infatti non si limita ad assegnare limiti per SOx, NOx e particolato sottili,ma ha definito anche le zone di controllo delle emissioni (ECA) in cui si applicano le norme di emissione (come proposto e approvato dagli Stati membri). I primi a configurarsi in queste aree attualmente sono il Mar Baltico (dal 2006) e il Mare del Nord (dal 2007).

Nel 2010, l’IMO ha ufficialmente inserito nelle aree ECA anche le acque intorno alla costa nordamericana che si estende a 200 miglia nautiche dalle coste degli Stati Uniti e Canada.
Le acque vicino a Puerto Rico e le Isole Vergini Americane sono state solo recentemente designate dall’ IMO a divenire a loro volta aree ECA, per arrivare, si spera entro il 2020 anche al nostro vilipeso Mediterraneo.
Un contesto nel quale la Commissione Europea, in ottemperanza alla convenzione MARPOL sta attuando politiche finalizzate all’inquinamento derivante dai trasporti marittimi cercando di accelerare il processo. Diversi studi condotti dalla stessa Commissione Europea hanno identificato il metano liquido (GNL) come uno dei potenziali sostituti dei combustibili attualmente utilizzati in particolare per i mezzi navali che percorrono tratte brevi (traghetti, Ro-Ro, ecc …) (vedi post Ippocampo “GNL (Gas Naturale Liquefatto): primo obiettivo applicativo la navigazione“).

Un ritardo davvero arcaico quello che la navigazione sta registrando sul fronte dell’adozione delle migliori tecnologie disponibili di trazione, strettamente legate all’abbandono di arcaici combustibili fossili come appunto il BTZ (1% di zolfo), abbandonato da quasi 10 anni anche dal parco della produzione di energia termoelettrica, o anche miscelazioni mitigate dello stesso come l’MGO (gasolio marino), in luogo di combustibili puliti come il GNL (Gas Naturale Liquefatto) oggi derivabile anche dal biometano, che ha grandi potenziali di produzione sia nel settore delle agrienergie che in quello della valorizzazione della FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani).

Un ambito quello delle migliori tecnologie disponibili nella riconversione della trazione navale in cui l’Italia può recitare un ruolo da assoluta protagonista sia per i grandi natanti, con la  Wärtsilä ex Grandi Motori Trieste (vedi post “GNL: arriva anche il primo traghetto ad alta velocità), sia per la riconversione di natanti simbolo come i vaporetti della meravigliosa e deturpata Venezia o delle numerose flotte pescherecce con le tecnologie di riconversione della piemontese Ecomotive Solutions. Insomma una occasione imperdibile per mettere in evidenza anche nel Mediterraneo le grandi eccellenze italiane del settore.

 Primo traghetto LNG ad alta velocità al mondo per trasporto passeggeri destinato all’operatore svedese Rederi AB Gotland (propulsione Wärtsilä ex Grandi Motori Trieste)

A seguire la mia relazione ad Ecofuturo 2017 come Associazione Giga no Profit ad Ecofuturo 2017, dal titolo “Fuori il gasolio dal Mediterraneo”.

Sauro Secci

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