Tesori d’arte: dal mare il restauro sostenibile

Se è vero che i settori sui quali si basa la qualità della vita sono 5 (ambiente, salute, alimenti, energia disponibile, cultura e tempo libero) si può dire che la green technologies li hanno occupati quasi tutti ed in misura sostanziale. L’unico campo ancora “quasi vergine” rispetto a tale occupazione è quello dei Beni Culturali.

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Oggi anche per questo si aprono prospettive interessanti, forse di nicchia, ma certamente anche di eccellenza. Peraltro queste nuove ed innovative applicazioni aprono indirettamente anche altri spazi nel campo del monitoraggio e della protezione ambientale.

Il nostro Paese è unanimemente e internazionalmente riconosciuto come il depositario del più ricco patrimonio artistico culturale, anche in termini di numeri di siti UNESCO patrimonio dell’umanità. Questo è un onere, ma anche un onere per la conservazione, la manutenzione, il restauro eventuale di tale patrimonio. Molte di queste attività oggi vengono svolte con materiali e tecnologie che da un lato risultano rischiosi per gli operatori del restauro e dall’altro comportano danni all’ambiente per lo smaltimento dei residui di tali operazioni. Ecco perché è stato prodotto il concetto di restauro sostenibile, intendendo con ciò il carattere di sopportabilità da parte dell’ambiente e degli operatori, senza subire danni o correre rischi. Il restauro sostenibile adotta oggi materiali e metodi innovativi capaci di garantire la salute di chi li usa e di non provocare danni all’ambiente al momento del loro smaltimento o di quello dei loro sotto prodotti. Uno dei cardini su cui si basa il restauro sostenibile è di certo l’uso di prodotti naturali. Ecco quindi che le green technologies si aprono verso l’utilizzo di matrici naturali o di loro estratti ai fini del restauro.

Il campo è oggi, essendo in fase di avvio, ancora abbastanza vergine. Forse il settore più promettente da questo punto di vista è quello del restauro dei materiali cellulosi, carta, legno, tessuti antichi. La cellulosa, composto comune a tali materiali, subisce con il tempo dei danni che derivano dall’attacco chimico, da quello fotochimico correlato alla produzione di radicali attivi per azione della componente UV della radiazione solare, sulle molecole ubiquitarie di ossigeno ed acqua, e da quello biologico e che si sostanziano nell’idrolisi ed ossidazione della molecola che si frammenta perdendo o riducendo le proprie caratteristiche di polimero. Il restauro consiste nel ricomporre, quasi risaldare, si potrebbe dire, i frammenti della molecola.

Alcuni composti naturali hanno per l’appunto la capacità di legarsi ai gruppi funzionali dei suddetti frammenti così ricomponendoli insieme in una sola molecola. Un caso particolare di questi composti naturali è costituito dai polisaccaridi: la specificità deriva dalla grande abbondanza, dalla possibilità di ottenerli da culture microalgali, dalla loro biodisponibilità, dal loro carattere verde e rinnovabile.

Una preziosa fonte di polisaccaridi, come si accennava, è rappresentata dalle alghe. Il processo logico prevede la estrazione dei polisaccaridi dalle alghe, la loro purificazione ed infine la loro applicazione ai materiali cellulosici degradati.

L’esperienza maturata insegna che in particolare casi perfino la cultura algale senza alcuna operazione estrattiva preliminare può risultare utile ai fini del restauro. L’esperienza finora sviluppata mostra anche che la concentrazione di polisaccaridi nelle alghe può essere incrementata stressando le alghe stesse con quantità omeopatiche di metalli pesanti e scegliendo la coltura algale più adatta a tale produzione.

I risultati preliminari di queste ricerche hanno fornito esiti soddisfacenti: carta invecchiata e danneggiata artificialmente – a simulazione di manufatti cellulosici preziosi e antichi, con caratterizzazione dei danni subiti, sottoposta a trattamenti sia con i polisaccaridi algali estratti, sia direttamente con le colture algali – mostra evidenti segnali di restauro sia in termini di struttura risanata.sia di caratteristiche originali recuperate.

Indirettamente la notazione che uno stress alla struttura algale comporta una risposta in termini di produzione di composti e di conseguenza di perturbazioni funzionali, apre un’ulteriore opportunità finalizzata all’impiego delle alghe come sistemi sensori di inquinamenti ambientali e di composti tossici. Tra le funzioni, 2 sono quelle più coinvolte: la respirazione e la fotosintesi, la prima con consumo, la  seconda con produzione di ossigeno. Quando entrambe vengono perturbate la normale alternanza della concentrazione dell’ossigeno fra aumenti e diminuzioni correlata ad una corrispondente alternanza di stati di buio e di luce (respirazione prevalente, fotosintesi prevalente), viene smorzata o esaltata a seconda che la perturbazione – e quindi anche la specie che l’ha provocata – sia un’inibizione o un’attivazione. Su tale modificazione si può basare un monitoraggio ambientale affidato a un biosensore algale.

Un altro campo delle green technologies che sta trovando applicazioni ai Beni Culturali è quello dei liquidi ionici. Si tratta di composti salini liquidi a temperatura ambiente: la presenza in base liquida di soli ioni è possibile con la fusione dei sali, che però richiede alte temperature. I liquidi ionici sono caratterizzati da bassa volatilità e bassa tossicità, alcuni di essi hanno anche la proprietà di utilizzare materie prime rinnovabili per essere preparati. La loro applicazione ai Beni Culturali nasce dalle loro proprietà solventi: quando si deve restaurare un oggetto artistico la prima operazione è quasi sempre la pulitura con la quale.

Luigi Campanella – Prof. Università La Sapienza di Roma – Membro del direttivo dell’Ass.Chimica Verde Bionet.

Profilo dell’autore:

Il Professor Luigi Campanella è stato Ordinario presso l’Università La Sapienza di Roma per molti anni. Attuale Coordinatore del Polo Museale de La Sapienza

È autore di oltre 500 lavori nei settori della Chimica Analitica, dell’Elettrochimica, della Chimica Ambientale, delle Biotecnologie Analitiche, della Chimica dei Beni Culturali. In particolare ha preparato, caratterizzato ed applicato numerosi biosensori, basati su enzimi immobilizzati o su tessuti vegetali, per la determinazione di sostanze di interesse clinico, farmaceutico ed ambientale e per la datazione di reperti archeologici cellulosici.

Ha anche studiato l’applicazione di metodi chimici e biologici alla degradazione ed alla rimozione di inquinanti (tensioattivi, idrocarburi, pesticidi, metalli pesanti) in scarichi civili ed industriali. Autore di 6 libri nei campi della Analisi Industriale ed Applicata, della Chimica Analitica, della Chimica degli Alimenti, della Filosofia della Chimica, della Museologia Scientifica e della Chimica per l’Arte.

Il settore dei beni culturali e artistici italiani in cifre:

Foto di Marco Benedetti

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