Sostenibilità: il “Rinascimento” italiano passa anche attraverso il più prezioso dei filati nel segno dell’etica

Sono passati solo pochi giorni dalla conclusione di una memorabile edizione di Ecofuturo 2015, della quale sono stato anche tra gli organizzatori come volontario dell’Associazione Giga, ed ancora devo metabolizzare l’enorme carica ricevuta dalle tantissime condivisioni umane di un ricchissimo parco di contributi e da tante straordinarie storie di vita da raccontare. Una serie di storie che ti danno davvero tanto coraggio per sperare veramente in un nuovo miracolo italiano per uscire da questo oscuro, nuovo Medioevo, questa volta però all’insegna della riscoperta delle nostre gloriose origini, così brutalmente accantonate in nome del mito dello sviluppo senza limiti, degenerato con aberrazioni ambientali e significative distorsioni etiche e delle tante grandissime innovazioni che abbiamo oggi a disposizione, molte delle quali anche da noi presentate proprio ad Ecofuturo.


Tra le tante condivisioni che ho avuto la fortuna di fare in questi giorni nel cuore della verde Umbria, volevo parlare di una per me di particolare enfasi e suggestione, che ci mette davanti tutti gli ingredienti della sostenibilità, attraverso un mirabile equilibrio tra dimensione economica, sociale ed ambientale (figura a destra). Si tratta dell’idea meravigliosa venuta ad una coppia di imprenditori veneti del distretto orafo vicentino come Giampietro Zonta e sua moglieDaniela Raccanello titolari di D’Orica (link sito), primaria azienda del settore che esporta oltre l’ 80% della propria produzione. E’ stata una uggiosa giornata della piovosa estate 2014 a stimolare la mente creativa di Daniela Raccanello, cuore pulsante artistico di D’Orica: abbinare alla preziosità dell’oro, quella del più prezioso dei filati come la seta. Una grandissima e dimenticata eccellenza italiana la seta, visto che fino a mezzo secolo fa l’Italia era uno dei maggiori produttori ed eccellenza assoluta in termini di qualità nel mondo. Non ci crederete ma intervistando dopo Ecofuturo sia mia madre che mia suocera ultraottantenni, entrambe mi hanno confermato come anche in Toscana, a cavallo del periodo bellico il gelso, (ne avevo uno nell’aia della mia casa contadina), sia stato un elemento fondamentale per arrotondare i magrissimi bilanci familiari, per la vicina presenza di un setificio. Giampietro non ha esitato nemmeno un momento, gettandosi con l’entusiasmo di un bambino verso un movimentato itinerario aritroso nel tempo, alla riscoperta di un filato che ha fatto grande il nostro paese nel mondo, permettendo anche, nei più bui tempi bellici e di crisi del XX secolo, un piccolo reddito spesso integrativo a molte comunità rurali in Italia. Un filato strettamente collegato ad una grande essenza vegetale, tanto diffusa nei decenni scorsi nel nostro paese, come il gelso, progressivamente alienata negli anni del boom economico. Coincidenze ed intrecci di ogni tipo, sia di ordine storico, con legami che dal Veneto dei Dogi si diramano a ritroso verso altri vecchi distretti della seta come quello toscano di Lucca, sia di ordine agrocolturale, che ha portato Giampietro in Calabria, dove alcune aree di coltivazione del gelso hanno resistito all’insulto degli ultimi decenni, proprio grazie ad alcuni giovani calabresi, tenacemente attaccati alla loro terra (link approfondimento), oltre ad altre regioni che scopriremo nel prosieguo. Una storia che nel giro di appena un anno sta legando a doppio filo tutti gli ingredienti essenziali per la piena rinascita del nostro paese nel mondo, come passione pura, ricerca, tecnologia, rapporto tra generazioni, promozione e marketing e, non ultimi, etica e lavoro soprattutto per soggetti svantaggiati. Infatti la ricerca di Giampietro ha determinato che, diversamente dai processi produttivi estinti oramai da quasi cinquanta anni prima, era ancora presente in Veneto, pur se seriamente minacciato dagli ulteriori tagli della già eroica ricerca italiana, il polo di eccellenza a livello europeo e mondiale per la filiera della seticoltura e della apicoltura, costituito dal CRA-API di Padova facente parte della rete del “Centro Ricerche Agricoltura” originariamente operativo fino dal 1871. Un serie di centri, quelli del CRA che, disseminati in diverse aree della penisola, ancora custodiscono meticolosamente tanti saperi delle molte eccellenze agricole italiane. Un centro, quello patavino che è divenuto l’autentico fulcro di questa bellissima storia e dove l’illuminato imprenditore vicentino incontra la Dottoressa Silvia Cappellozza, autentica detentrice della storia della seta italiana e non solo. Andando alla ricerca anche delle radici tecnologiche della filiera e soprattutto della fondamentale fase della “trattura”, che sovrintende alla conversione dal bozzolo proveniente dal campo nel prezioso filato, èproprio la dottoressa Cappellozza ad indicare a Giampietro Zonta, impegnato nella sua fase di scouting, la figura di un giovane ingegnere siciliano, Salvatore Gulli (nella foto a sinistra insieme a Giampietro Zonta). Salvatore, fresco della sua tesi di laurea in ingegneria dell’automazione realizzata in Giappone con lo scopo di recuperare il know how delle filande, ormai perso in Italia, viene incaricato da D’orica di rimettere in funzione una macchina giapponese utilizzata in Italia per la trattura negli anni ’60. Il giovane ingegnere etneo, avviata la produzione con la macchina restaurata, produce alcuni tipi di seta campione per D’Orica, dando il là operativo a questa meravigliosa storia italiana, divenendone uno dei protagonisti principali in questo meraviglioso abbraccio tra gli estremi dello stivale.
Il progetto dal titolo evocativo “La rinascita della via della seta”, assemblato dalla competenza di Veneto Marketing nella persona di Claudio Geller in collaborazione con la Regione Veneto, arriva a Bruxelles ed all’inizio del 2015 la stessa Regione Veneto lo segnala come miglior progetto di ricerca ed innovazione. Il 23 e 24 aprile 2015 la Commissione Europea sceglie il progetto tra i migliori quattro, sbaragliando centinaia di progetti di autentici ciclopi degli ambiti della chimica, delle nanotecnologie, della ICT etc., anche per la sua assoluta interdisciplinarietà.
Parlare di interdisciplinarietà in questo progetto è davvero il minimo, a partire dalla forte presenza anche degli aspetti ambientali, così legati alla gelso-bachicoltura. Non tutti sanno infatti che il composito sistema “gelso-baco” costituisce un grande bioindicatore ambientale che coniuga insieme regno animale e regno vegetale, alla base della produzione di seta, subordinandola soltanto alla assoluta qualità degli ecosistemi. Un tema quello dei bioindicatori, di casa nel mio blog, anche per i miei lunghi trascorsi nel monitoraggio ambientale, e di cui ho parlato più volte per esempio circa il più grande bioindicatore integrale planetario come l’ape (vedi post “Bioindicatori ambientali: a rischio le api, il più grande sensore ambientale planetario“). Passando ai non meno importanti aspetti economici e sociali, il progetto vede il coinvolgimento di ben tre cooperative agricole per nuove coltivazioni di gelso nell’ambito della regione Veneto. L’esaltazione della componente etica e sociale tocca l’apoteosi proprio nelle tre cooperative sociali coinvolte, ovvero Campoverde di Castelfranco Veneto, Ca’Corniani di Monfumo ed il “Cantiere della Provvidenza” di Belluno, legata all’impiego di soggetti svantaggiati in un ambito così particolare. La Cooperativa bellunese in particolare, supportata da Veneto Agricoltura, ha impiantato 2600 piante di gelso, pianta dimenticata, che dal 2016 metteranno a disposizione di D’Orica ben 500.000 pregiati bozzoli delle dolomiti per questo meraviglioso incontro di preziosità. Inutile dire che ho dato solo una mia ricostruzione sommaria per questo grande progetto, che vorrei fosse davvero ispiratore, soprattutto negli ingredienti fondamentali ed imprescindibili che tiene dentro di se come il fondamentale rapporto intergenerazionale, per dare forza a tante belle potenzialità inespresse che ci sono in questo meraviglioso paese. Vi lascio al video del bellissimo focus di approfondimento del 2 settembre scorso ad Ecofuturo 2015 di D’Orica e di Seta Etica, dove avrete modo di apprendere tanti altri molteplici particolari e personaggi di questa bella “sceneggiatura”, complimentandomi ancora una volta con Giampietro e con gli altri protagonisti, e ricordandogli che in questa bella storia italiana, ci sono, a mio modestissimo parere, tutti i requisiti per una sceneggiatura. Mi perdonerete per essermi dilungato ma per me questo è un paese che ha estremo bisogno di bellissime vicende come questa per ridare speranza vera e riprendere veramente il cammino, in una società in cui si tenta di nuovo di “erigere muri” invece di “costruire ponti” e dove ogni uomo deve assolutamente riappropriarsi della sua assoluta “unicità”. Grazie a Giampietro ed ai suoi collaboratori che riescono ancora a farmi emozionare nel profondo, facendomi dire che “l’Italia è un paese meraviglioso” e se sapremo fare rete proprio a partire da quel grandissimo contenitore che è stato anche quest’anno Ecofuturo 2015, potremo andare molto lontano, regalando davvero alle nuove generazioni quel mondo migliore che meritano, cercando però di dare ognuno il nostro piccolo ma preziosissimo contributo.

Sauro Secci

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