Risorse idriche: Italia con il maggior consumo pro-capite d’Europa

In occasione dell’ultima giornata della sesta edizione del Festival dell’Acqua, manifestazione organizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente) in collaborazione con Acquedotto pugliese (Aqp), svoltosi a Bari nei giorni scorsi, è stato presentato a cura di SRM (Studi e Ricerche Mezzogiorno)  il rapporto 2017 “Le risorse idriche nell’ambito della circular economy”.

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Nel Rapporto, scaricabile in calce al post previa iscrizione al sito SRM, si evidenzia la necessità di interventi urgenti in un settore che da tempo reclama un nuovo approccio gestionale e infrastrutturale, con i cambiamenti climatici che in prospettiva aggraveranno ulteriormente le problematiche di carenza idrica e siccità, con le previsioni che al 2040 indicano per l’Italia una situazione molto elevata di stress. 

il ciclo dell’acqua (Fonte GlobalChange.gov)

Grande elemento che emerge nel report, alla base della forte sofferenza del nostro paese è costituito dallo spreco della risorsa con particolare riferimento alle perdite delle reti di distribuzione, con i capoluoghi di provincia del Mezzogiorno che fanno registrare perdite medie del 47%, contro il 34% del Centro-Nord.

Se, a livello nazionale, nel 2016 il 9,4% delle famiglie ha lamentato irregolarità nell’erogazione dell’acqua, in regioni come Calabria e in Sicilia il giudizio negativo sul servizio idrico è stato manifestato da oltre un terzo degli utenti serviti, con ben 816 delle 1.166 procedure di infrazione per il servizio di depurazione ha riguardato Comuni del nostro Sud. Come evidenziato nel report, si tratta di un aspetto cruciale anche per poter esprimere il grande potenziale turistico delle aree sopratutto costiere di quelle regioni, vista la stretta correlazione tra gestione dei reflui e qualità delle acque marine, caratteristica quest’ultima che rappresenta una delle chiavi del successo dello sviluppo turistico nelle zone marittime. A livello delle infrastrutture infine, il report evidenzia che “dei 5 miliardi anno necessari per il settore idrico più del 35% si dovrebbe concentrare nel Mezzogiorno con un impatto significativo sullo sviluppo economico, stimato pari ad una crescita dello 0,5% di Pil l’anno”.

Ritornando allo stress dei sistemi idrici dei diversi paesi, la European Environment Agency (Eea) (link sito Eea) ha stimato per il nostro Paese un indicatore di sfruttamento idrico Wei (Water Exploitation Index) pari al 24%, fra i più elevati nel contesto europeo, in una classifica che vede l’Italia al quarto posto dopo Cipro, che registra un Wei pari al 64%, al Belgio (32%) e alla Spagna (30%)”.

L’indice di sfruttamento idrico (WEI) indica il rapporto tra la quantità di acqua estratta ogni anno e il totale delle risorse di acqua dolce disponibili a lungo termine, rappresentando la pressione, vale a dire lo stress al quale sono sottoposte le riserve idriche Un indice di sfruttamento idrico superiore al 20 % implica una condizione di stress delle riserve, e l’Italia è per questo già in stato di stress, mentre valori oltre il 40 % riflettono uno stress idrico grave e un uso chiaramente insostenibile delle risorse disponibili.

Sauro Secci

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