Inquinamento marino da microparticelle plastiche: segnali di lavatrice

Per la fondamentale importanza che hanno nell’equilibrio planetario, gli oceani sono da tempo sotto monitoraggio relativamente alle sempre più pesanti pressioni antropiche che ne compromettono i tanti sensibili ecosistemi.

Si tratta di un tema già trattato (vedi post “Inquinamento oceanico: i primi ritorni da una specifica missione“) e che annovera un numero smepre maggiore di studi di approfondimento, riferiti a specifici contaminanti. Uno dei più interessanti è quello elaborato da un gruppo di scienziati irlandesi, britannici ed australiani, il quale ha’ pubblicato un articolo sul Journal of Environmental Science & Technology (doi: 10.1021/es201811s) di cui è scaricabile l’abstract ed il documento pdf in calce al post.
Si tratta di una ricerca che ha interessato 18 spiagge di altrettante aree costiere di tutti i continenti, dal polo all’equatore, dove è stato rilevato un fenomeno di accumulo di microscopiche particelle in plastica delle dimensioni inferiori al millimetro.

Queste microparticelle sono state rilevate in tutte le spiagge monitorate nelle diverse aree del pianeta, presentandosi come fenomeno indipendente dalla latitudine, ma con gli accumuli più significativi, rilevati nei siti più vicini ad aree densamente popolate. La composizione di queste “microplastiche”, è costituita da poliesteri e da materiali acrilici, con l’analisi della composizione chimica e delle proporzioni relative alle due diverse frazioni di microparticelle rilevate, che ha portato ad individuare come causa di questa contaminazione marina, le microfibre della comune biancheria e degli indumenti normalmente utilizzati dalle popolazioni. Su questa base i ricercatori hanno così scoperto che le responsabili di questo inquinamento sono proprio le comuni lavatrici domestiche, che convogliano nelle acque di scarico le micro particelle, dopo la fase di lavaggio.

Proprio in virtù delle loro piccole dimensioni, questi nuovi inquinanti riescono ad arrivare con facilità sino al mare, oltrepassando anche la barriera costituita dai sistemi di depurazione delle acque reflue urbane.

Un fronte sul quale, vista la grande rilevanza e diffusione, si è attivata subito anche Enea, per gli approfondimenti del caso. Un esperimento compiuto su un lavaggio di indumenti ha dimostrato che ogni singolo capo di biancheria produce in ogni lavaggio circa 1900 microfibre, costituite da poliesteri e da materiale acrilico, che poi si frantumano in altrettante microparticelle.
L’accumulo di questo materiale plastico microscopico lungo le spiagge ha raggiunto in alcune aree costiere livelli tali da costituire ormai un rischio sia per la salute umana, che per quella dei vulnerabilissimi ecosistemi marino-costieri e pelagici. Si tratterebbe infatti di micro particelle capaci di entrare facilmente nella catena alimentare, potendo facilmente essere ingerite da pesci e da altri organismi marini, accumulandosi progressivamente nel corpo degli animali lungo la catena trofica e finendo poi sulle nostre tavole attraverso i diversi prodotti ittici.
Al riguardo gli scienziati raccomandano di prevenire l’intensificazione di questo fenomeno di inquinamento marino dotando le lavatrici di idonei sistemi di filtraggio, atti ad impedire che tali microparticelle finiscano nelle acque di scarico e adeguando nel contempo i sistemi di depurazione delle acque reflue con sistemi capaci di eliminare le microscopiche particelle in sospensione.
Sullo specifico tema le precisazioni della dottoressa Francesca Pacchierotti, esperta di tossicologia dell’ENEA, secondo la quale “non sono ancora ben conosciuti gli effetti tossicologici di queste microparticelle e più in generale di micro e nanoparticelle che possono essere inalate o ingerite. Siamo davanti ad un nuovo tipo di inquinamento, un problema che diventerà sempre più serio in futuro. Per questo l’ENEA, nel suo ruolo di Agenzia per lo sviluppo economico sostenibile, in linea con la comunità scientifica mondiale e con l’Unione Europea, ha già avviato studi e ricerche sull’interazione dei micro e nanomateriali con le cellule e gli organismi viventi, per capire i processi tossicologici e valutare le conseguenze sulla salute umana.
Sicuramente un altro fronte sul quale mettere in campo le migliori tecnologie disponibili, già a partire da queste prime eloquenti indicazioni di caratterizzazione del fenomeno.

Sauro Secci

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