Geotermia 2.0: da dove partire in Italia, se non dalla Toscana?

La Toscana, storica regione nella quale, ben 110 anni, a Larderello, il Principe Piero Ginori Conti, succeduto a Francesco Larderel nella proprietà dell’industria boracifera locale, ha prodotto per la prima volta al mondo energia elettrica sfruttando il vapore geotermico, con un motore alternativo accoppiato ad una dinamo.


Ed è sempre la Toscana, unica regione al mondo che ricava oggi, oltre il 26% del proprio fabbisogno di energia elettrica da questa fonte, con le centrali geotermiche ad alta entalpia di Enel Green Power, che si appresta finalmente ad aprire anche in Italia, una nuova era nella geotermia, una sfida ambiziosa ed innovativa, finalizzata alla creazione di una filiera “made in Italy” per la costruzione di impianti geotermici a ciclo combinato chiuso, a bassissimo impatto ambientale, senza alcuna emissione in atmosfera.

La nascita nei mesi scorsi, di una “Rete Geotermica” di imprese, promossa e presieduta da uno storico imprenditore del comparto orafo aretino, come Gianni Gori va proprio in questa fondamentale direzione. Una rete che già oggi, riunisce 16 aziende italiane, titolari di knowhow, permessi di ricerca e capacità tecnologico-produttive in campo geotermico, come Sorgenia, Exergy del gruppo Maccaferri ,Turboden azienda bresciana di riferimento a livello europeo e mondiale nell’ambito delle turbine ORC , ToscoGeo e Magma Energy Italia, queste due ultime controllate con una quota di maggioranza dallo stesso Gori.

Un raggruppamento che vede il fondamentale supporto scientifico dell’Associazione GIGA (Gruppo Informale per la Geotermia e l’ Ambiente) e del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze con la supervisione scientifica dei Professori Giuliano Gabbani ed Enrico Pandeli.

Una rete, quella costituita, che associa ben l’85% delle aziende che detengono permessi di ricerca geotermica in Toscana e il 50% di quelle che detengono permessi a livello nazionale. Un progetto che si basa sulla cosiddetta geotermia a media entalpia, quella con temperatura del fluido geotermico, compresa tra 90 e 150 gradi, finalmente meno invasiva e attuabile con perforazioni non superiori al limite normato dei 400 m di profondità. Una geotermia, quella a ciclo chiuso, che vede ad oggi un unico impianto sperimentale da 1 MW, in esercizio, presso l’esistente centrale geotermica di Enel Green Power di Bagnore 3, nei pressi di Santa Fiora, nel versante grossetano del Monte Amiata.

Un impianto che però,non è alimentato dal fluido primario del sottosuolo ma dal “cascame termico” dei reflui di acqua calda della centrale geotermica a ciclo aperto da 20 MW, utilizzante fluidi geotermici provenienti da ben 4000 metri di profondità.

Gianni Gori, come capo del gruppo orafo Graziella di Arezzo (204 milioni di ricavi 2013) e della ramificazione per le energie rinnovabili “Graziella Green Power“ (con un fatturato di 25 milioni atteso nel 2014 nei settori fotovoltaico e biomasse), spiega che “l’obiettivo della nuova “Rete Geotermica” di imprese, è quello di sviluppare impianti a ciclo combinato chiuso, diffusi in tanti Paesi a partire dall’Islanda, ma che ancora non esistono in Italia, nonostante il monopolio dell’Enel sulla geotermia è caduto da più di tre anni”. Secondo Gori “il motivo non è tanto la mancanza di competenze, quanto le difficoltà, tutte italiane, nell’ottenere le autorizzazioni, che fino ad oggi hanno frenato la realizzazione di questi impianti a zero impatto”.

A testimonianza di questa ultima osservazione, il lungo e tortuoso percorso affrontato dalle aziende della “Rete Geotermica”, ancora pienamente immerse in iter estenuanti, nonostante il protocollo d’intesa firmato dallo stesso Gori, con il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che si è impegnato a coordinare gli altri enti pubblici delle zone interessate dai progetti di ricerca per valorizzare le risorse geotermiche regionali.

Nella road-map della Rete Geotermica, è prevista la costruzione di un impianto-pilota da 5 megawatt, che richiederà un investimento intorno ai 30 milioni di euro, in una location individuata sulla base delle perforazioni fatte e del fluido trovato. Secondo Gianni Gori: “l’obiettivo è realizzare l’impianto-pilota entro il 2015. Abbiamo già individuato delle aree potenzialmente idonee, vicine a quelle della geotermia tradizionale (le province di Pisa, Siena e Grosseto, ndr), ma la scelta sarà fatta insieme con la Regione Toscana.” L’elemento fondamentale, inserito anche nell’accordo firmato nei mesi scorsi, è il sostegno che questo progetto porterà allo sviluppo del territorio, dando calore alle serre delle aziende agricole che operano vicino all’impianto, che potranno così assicurare posti di lavoro”.

A seguire un grafico molto interessante elaborato dalla GEA (Geothermal Energy Association), in occasione dell’INTERNATIONAL MARKET  OVERVIEW (Settembre 2013), nel quale bene si evidenzia il contributo crescente delle nuove tecnologie geotermiche sostenibili, cicli binari in primis, nella evoluzione della produzione geotermica nel mondo.

Molto interessanti i feedback delle ricerche effettuate intorno alle attività economiche che caratterizzano le aree geotermiche toscane, che evidenziano un grande interesse da parte di aziende vinicole, alberghiere e industriali, verso l’utilizzo di energia a prezzo competitivo prodotta dagli impianti geotermici. Una visione prospettica piena di ottimismo, da parte di Gori, secondo il quale “l’Italia ha un mare rosso di calore nel sottosuolo che, nei prossimi 10-20 anni, può rappresentare una risorsa infinita a costo zero, se viene ben utilizzata e condivisa con i territori”.

Ad impianto pilota realizzato e messo a punto da parte delle aziende costituenti la Rete Geotermica, quest’ultima potrà liberare grandi potenzialità, aprendo la strada alle nuove tecnologie geotermiche verso le diverse taglie, fino a quelle mini e micro geotermiche (anche fino al alcune decine di MW), potendosi così sviluppare sia in Italia che oltre confine. Molto ambiziosa al riguardo, la programmazione degli investimenti dei prossimi cinque anni da parte del Gruppo Graziella, che prevede la realizzazione di 20-30 centrali geotermiche a ciclo combinato chiuso, di “taglia” vicina a 20 megawatt, in Toscana, Umbria, Lazio e Sardegna, con investimenti compresi tra 150 e 300 milioni di euro.

Ad incrementare le enormi potenzialità della geotermia a media entalpia a ciclo chiuso anche una acquisita e fino a pochissimi anni fa, impensabile scalabilità delle soluzioni, con impianti a ciclo chiuso che, installati anche in cascata ai nuovi impianti che verranno realizzati, permetterà anche per la geotermia, l’avvento e la consacrazione di quello che le coralmente, le energie rinnovabili stanno realizzando, vale a dire un modello energetico distribuito, bidirezionale, intelligente, più democratico e partecipativo, con una drastica riduzione in termini di distanze tra il produttore ed il consumatore di energia.

Importante al riguardo la recente commercializzazione anche in Italia di una macchina come la “Green Machine”, che vede proprio nella geotermia, una delle sue applicazioni più interessanti, che è parte integrante anch’essa del pacchetto tecnologico di “Rete Geotermica” e della quale ho ampiamente parlato nel post “Generazione distribuita, efficienza energetica, recuperi termici, media e bassa entalpia: arriva la “Green Machine” e nel post “Presentazione ufficiale in Italia per la Green Machine, come “connettore” importante nei nuovi modelli energetici distribuiti“.

Davvero un momento fondamentale per la rivoluzione energetica in atto, in migrazione verso un modello energetico distribuito, rivoluzione che non può e non deve assolutamente fare a meno del contributo della geotermia a media e bassa entalpia, che dispone oramai di un numero notevolissimo di tecnologie di raglia mini e micro, oltre alla green machine stessa, di cui ho già parlato e che permettono di parlare efficientemente di produzione di energia elettrica nell’intero range da 75 a 150 °C, cosa fino all’altro ieri assolutamente impensabile.

Una grande evoluzione anche geografica, che permetterà di portare le tecnologie di mini e microgenerazione elettrica da fluidi geotermici, finalmente ben oltre gli angusti limiti geografici delle tre aree storiche della geotermia nazionale come l’area delle Colline Metallifere (Larderello), della parte della Montagnola senese (Radicondoli) e di quella del Monte Amiata.

Per chi volesse saperne di più della nuova Green Machine, a questo link è possibile seguire l’intero workshop di ElectraTherm svoltosi durante l’ultima edizione di Ecofuturo Festival 2014, presso l’EcoVillaggio Alcatraz, di Jacopo Fo, con il coordinamento di Fabio Roggiolani e la presentazione di Antonio Nazare di ElectraTherm Europa.

Articoli correlati