Emissioni navali: Italia terzultima in Ue per impegno nel ridurre l’impatto ambientale del trasporto marittimo

Uno dei settori della mobilità rimasto decisamente al palo sul fronte del progressivo affrancamento dai combustibili fossili di prima e seconda generazione è indubbiamente quello della navigazione. Un tema sul quale sono stato relatore nell’edizione 2017 di Ecofuturo, nel mio intervento “Fuori il petrolio dal Mediterraneo” (vedi post) .

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Ritorno su questo tema sempre più pressante attraverso un approfondimento della ONLUS italiana “Cittadini per l’Aria“, che da qualche anno, con meritorie iniziative dal basso, sta portando avanti numerose battaglie sull’ampio fronte dell’inquinamento atmosferico, navigazione compresa.

Si tratta della classifica redatta da  “Transport & Environment“, la Federazione Europea delle associazioni per la sostenibilità dei trasporti, nel report “Shipping Climate Ambition: Ranking of EU members states”, scaricabile in calce al post, sui paesi con gli obiettivi più ambiziosi nell’ambito della riduzione dell’inquinamento navale. Il nostro Paese è relegato tristemente al terzultimo posto, seguito solo da Cipro e dalla Grecia, con i paesi europei come Germania, Belgio e Francia ai primi tre posti, e a seguire Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Regno Unito, Danimarca, Lussemburgo e Finlandia. La classifica si basa proprio su presentazioni scritte e orali dei Paesi europei all’Organizzazione marittima internazionale (IMO), l’ente dell’ONU per il trasporto marittimo, per la creazione di un piano climatico efficace che possa essere approvato dalla stessa organizzazione.

Sono stati proprio i registri navali più corposi dell’Ue, quelli in cui sono iscritte navi per un maggior tonnellaggio, come Malta, Grecia e Cipro, a ricevere quasi esclusivamente punteggi negativi, a causa della loro totale carenza di ambizione nei negoziati climatici. Durante l’incontro del proprio comitato per l’ambiente, il mese prossimo, l’IMO dovrà approvare un piano per ridurre le emissioni di gas serra dovute al trasporto marittimo.

A fronte della pubblicazione del ranking europeo, il commento di Faig Abbasov, responsabile per il trasporto marittimo di T&E, secondo il quale “quando nel 2017 il Parlamento ha richiesto un’azione riguardo alle emissioni, le grandi nazioni marittime europee hanno risposto a gran voce che l’UE non doveva regolamentare il trasporto marittimo, poiché ognuno stava facendo del proprio meglio per rispondere alle richieste dell’IMO. Tuttavia, questi sono gli stessi Paesi che ora si adoperano per sviare i progressi su un accordo climatico per il trasporto marittimo con l’IMO.

Al trasporto marittimo è oggi imputabile il 3% del CO2 totale, con le emissioni in continuo incremento ogni anno, con la inquietante situazione di essere uno dei pochi settori dell’economia globale a non avere obiettivi di riduzione delle emissioni.

Proprio l’IMO si riunirà nel prossimo mese di aprile 2018 per adottare la propria Strategia Iniziale sui Gas Serra per il settore, a distanza di oltre 20 anni dal primo incarico ricevuto in seno al Protocollo di Kyoto per ultimare questo compito, nell’oramai lontano 1997.

Temi chiave sul tavolo sono una serie di passaggi fondamentali come:

  • un accordo su un obiettivo di riduzione delle emissioni a lungo termine;
  • l’impegno per un’azione immediata;
  • la selezione delle possibili misure di riduzione a corto, medio e lungo termine.

Tra le misure prioritarie che verranno discusse figurano i limiti di velocità operativa delle navi (navigazione a bassa velocità) e più severi e stringenti standard di efficienza per le nuove navi, poiché esiste un’eccessiva conformità con un indice EEDI (Energy Efficiency Design Index) (vedi documento di descrizione dell’indice) per l’efficienza energetica decisamente poco severo, definito dal rapporto tra i costi ambientali ed i benefici per la società.

Analizzando la classifica elaborata da Transport & Environment, si evidenzia una profonda divisione geografica tra i Paesi a nord dell’Ue, che presentano maggiori ambizioni, e i Paesi a sud, generalmente molto meno ambiziosi riguardo agli obiettivi e alle misure per la riduzione dei gas serra emessi dal trasporto marittimo, con l’unica eccezione della Spagna, che si colloca al 5° posto in una classifica che include i 23 Paesi europei con litorali con l’aggiunta del Lussemburgo, che ha un registro navale attivo, pur non essendo una nazione marittima.

Sul nuovo rapporto anche il commento Faig Abbasov di  Transport & Environment: “L’appuntamento di aprile rappresenta l’ultima occasione per l’industria marittima, per i principali Stati di bandiera e per l’IMO per iniziare ad agire insieme per ridurre le emissioni. Il trasporto marittimo non può più continuare ad emettere in modo incontrollato, sfruttando gli sforzi di altri settori. Questo è un campanello d’allarme per l’Ue. O i governi Ue, soprattutto quelli con grandi industrie marittime, si impegnano seriamente a presentare all’IMO un piano di riduzione ambizioso, oppure dovranno accettare le soluzioni al di fuori dell’IMO”.

Sul nuovo documento anche il commento di Veronica Aneris, rappresentante italiana di T&E: “La totale assenza di ambizione climatica mostrata dal Governo italiano è preoccupante: l’Italia è tra i paesi europei maggiormente esposti agli impatti del cambiamento climatico e dunque ha più interesse degli altri a sostenere posizioni ambiziose a favore della protezione del clima. Tuttavia, il governo sembra completamente ignorare i rischi ambientali: opera per mantenere lo status quo e continua a difendere i soli interessi dell’industria. Ci auguriamo che il nuovo governo prenda finalmente coscienza dell’importanza di mettere la lotta al cambiamento climatico in cima alle priorità e agisca di conseguenza”.

Per Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria Onlus, associazione che da due anni partecipa in Europa e conduce in Italia il progetto “Facciamo respirare il Mediterraneo” per la creazione di una zona a basse emissioni nel Mediterraneo, “È davvero ora che l’Italia cambi strada in tema di governo delle emissioni navali. I primi a beneficiarne sarebbero i cittadini italiani che, sempre di più, soffrono sulla loro pelle le conseguenze dell’incremento di questo sistema di trasporto e delle emissioni inquinanti che ammorbano l’aria delle città di porto italiane. Ogni associazione e comitato italiano parte del progetto “Facciamo respirare il Mediterraneo” da Genova a Livorno, da Civitavecchia a Venezia, da Savona ad Ancona a Monfalcone, sa quanto sia difficile trovare ascolto. La classifica pubblicata oggi da Transport & Environment è una triste conferma: a livello nazionale mancano direttive chiare sul fatto che questo è un tema davvero importante e grave per la salute dei cittadini e per il futuro del pianeta e l’Italia deve fare la sua parte. Proteggendo i suoi cittadini e il futuro delle nuove generazioni”.

Sauro Secci

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