Dragaggi portuali “insostenibili”: La magistratura ancora una volta al lavoro…

L’ambito dei dragaggi nei diversi ambiti fluviali, delle dighe e sopratutto delle aree portuali, vanno a costituire troppo spesso in Italia, oserei dire quasi “sistematicamente”, pagine tra le più buie in termini di reati e violazioni ambientali.


Un contesto quello dei dragaggi, che richiede una sempre più forte ed adeguata risposta tecnologica sostenibile, oggi finalmente disponibile. Un nuova era, quella dei “dragaggi 2.0” (vedi post “Ecofuturo 2014 – 30/7 – Nasce il dragaggio 2.0 o meglio il dragaggio senza escavatore“), capace finalmente di porre fine ai dragaggi con “benna”, che troppo spesso “spostano” o addirittura aggravano, gli impatti ambientali sugli ecosistemi di riferimento già messi a durissima prova della attività antropiche, mandando in fumo ingenti risorse economiche con gravissime conseguenze ambientali.

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La cosa grave di tutto questo è il fatto che le nuove tecnologie di dragaggio, sono spesso osteggiate e non rese attuabili da capitolati di gara che si basano esclusivamente su aspetti quantitativi, davvero di grande nocumento per la collettività. A ricordarci tutto questo è purtroppo la cronaca quotidiana e solo ultima in ordine cronologico, ecco allungarsi la lunga sequenza di “Pagine nere” del dragaggio, con il “caso Ravenna”, dove la Magistratura ha avviato una indagine nei confronti dei dirigenti di Autorità portuale, Sapir e Cmc, chehanno permesso che i terreni utilizzati nella zona del porto di Ravenna si sono trasformati da deposito temporaneo in discarica abusiva. In sostanza, i fanghi asportati nelle operazioni di dragaggio, dovevano essere sistemati temporaneamente in alcuni terreni adiacenti alla zona portuale e poi essere spostati per il loro corretto smaltimento.Nella realtà invece i fanghi, catalogati come rifiuti speciali non pericolosi, rimossi nel corso degli anni rimossi dal canale Candiano e altre zone del ravennate, permangono ancora nell’area, con circa 3.300.000 metri cubi “parcheggiati” in quella che, nei fatti, si può definire oggi una “discarica abusiva”. Su questi fatti si sta muovendo l’inchiesta della Procura della Repubblica di Ravenna, condotta dal Procuratore Capo Alessandro Mancini coadiuvato dal sostituto procuratore Marilù Gattelli, che coinvolge Autorità portuale, Sapir e Cmc le cui sedi sono state ieri oggetto di perquisizione da parte del Corpo forestale dello Stato. Una indagine che ha avuto origine da una segnalazione di Arpa del febbraio scorso e che ha determinato la notifica di garanzia a 10 dirigenti di Ap, Sapir e Cmc. L’ipotesi di reato contestata è quella di mancato rispetto della normativa in materia di gestione dei rifiuti, dal momento che, negli anni, le autorizzazioni allo smaltimento dei fanghi rilasciate dalla Provincia sono scadute senza che il materiale venisse rimosso e nonostante l’esistenza di contratti tra le aziende per procedere in tal senso.
Ancora una volta un pugno in faccia alla sostenibilità, che viene dal mondo dei dragaggi, con un fardello sempre più pesante per le generazioni future che diviene ogni giorno più insostenibile. Un contesto nel quale ci dovrebbe essere finalmente una revisione accurata della formulazione delle gare di appalto per i servizi di dragaggio, con una forte attenzione alla chiusura del ciclo, con particolare riferimento agli impatti ambientali, sia nelle fasi di dragaggio che in quelle successive di bonifica a trattamento dei fanghi asportati, qualificando finalmente le tecnologie virtuose di dragaggio oggi disponibili, spesso di matrice nazionale. Si tratta di un tema già affrontato nel recente convegno svoltosi a Roma dal titolo “Dragaggi portuali: semplificazione o deregulation” (vedi post di Ecquologia), nel quale è stato posto l’accento proprio su una grande criticità costituita dalla piaga delle “vasche di colmata”, sottoposte troppo spesso a “rotture non volute” del fondo, diventando così spazi di raccolta nei quali gli eventuali fluidi inquinati percolati che si spostano solamente di poche centinaia di metri proseguendo il loro grande impatto continuando a danneggiare l’ambiente portuale. In quella occasione è stata proprio la Sottosegretario all’Ambiente, On. Silvia Velo, a rimarcare l’assoluta esigenza di armonizzazione delle normative europee e nazionale con le specificità locali, anche per liberarsi finalmente delle numerose infrazioni della UE che puntualmente fioccano, per lo specifico tema, sul nostro paese.

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