Ministero dell’Ambiente: declino senza fine di una istituzione giunta al capolinea

Il 2015 se n’è andato lasciandoci alcune grandi certezze come le nostre città sotto l’assedio dello smog ma con una ancora più grande costituita dalla consapevolezza che oramai, il Ministero dell’Ambiente, istituzione quasi trentenne, dopo un inarrestabile declino, è divenuto assolutamente inefficace per affrontare problematiche che vedono il tema ecologico assolutamente centrale anche per superare un modello di sviluppo assolutamente insostenibile che sta collassando su se stesso oramai inefficace ed inefficiente (vedi post “Nuova Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco: crisi ambientale e crisi sociale sono due facce della stessa medaglia“).


Istituito con la Legge 349 del 8 luglio 1986 per dare corpo e forma alle politiche ambientali del Governo, con l’intento di garantire che “le condizioni ambientali devono essere conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita”, il Ministero dell’Ambiente ha vissuto alterne stagioni, alcune di grande livello ed altre totalmente assolutamente da dimenticare, divenendo progressivamente nell’ultimo decennio davvero inutile per non dire dannoso, divenendo spesso una limitazione alle possibilità di costruire davvero un futuro in cui davvero l’ambiente possa divenire per il bellissimo e vilipeso Paese del Sole sinonimo di benessere, di equità, di vero sviluppo e di nuove opportunità per tutti. Molte sono le ragioni di questo evidente declino, sfociato oramai nella più assoluta inadeguatezza, sul quale ha anche influito la personalità non certo brillantissima di quasi tutti gli ultimi ministri, senza ovviamente fare classifiche in questo senso, sempre più considerato un “un ministero di serie B”. Troppo spesso infatti il ministero dell’Ambiente, è stato un contentino appannaggio dei partiti minori, con esponenti politici di seconda e terza fila troppo spesso assolutamente a digiuno di una materia così composita, articolata ed integrata profondamente con ambiti primari dell’economia.

Non è ovviamente questa, come dicevamo, l’unica ragione, non essendo nemmeno la principale, anche dopo gli scandali di grande portata che hanno coinvolto figure che hanno “occupato” posti di grande rilevanza di quel ministero per decenni e sviluppatesi proprio in un ambito gigantesco di intervento come quello delle bonifiche, ulteriormente massacrato dai  governi tecnico-finanziari (vedi post “Colpo di coda del Governo Monti: i Siti di Interesse Nazionale da bonificare si riducono di 18”). Infatti il Ministero dell’ambiente è divenuto sempre di più un alibi o una “foglia di fico”, rispetto a politiche generali, soprattutto in ambito energetico ed economico che vedono marginalizzati gli aspetti ambientali, per non dire addirittura calpestati.

Questo non vuole certamente significare che in Italia negli ultimi dieci anni non siano state fatte scelte politiche molto utili all’ambiente, ma guarda caso, nessuna di queste, e sottolineo nessuna, è arrivata per merito del ministro dell’ambiente pro-tempore. Alcune delle decisioni più significative infatti, le ha decise in autonomia il Parlamento, come la recente legge sugli Ecoreati o quella relativa alla sostituzione dei vecchi sacchetti di plastica con quelli nuovi biodegradabili. Altre molto significative, come il no al nucleare o l’obbligo di gestione pubblica delle acque, ancora peraltro disattesa, le hanno imposte i cittadini a colpi di referendum. Altre scelte significative sui temi ambientali risalgono poi ai tempi dell’ultimo governo dell’Ulivo, tra queste sia gli incentivi alle rinnovabili che hanno consentito all’Italia di mettersi all’avanguardia nel settore, con un primato oggi messo a rischio dopo le misure anti-rinnovabili varate dagli ultimi quattro governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, sia per l’ecobonus fiscale che ha permesso a milioni di famiglie di migliorare le prestazioni energetiche della propria abitazione con grando benefici per i loro bilanci familiari oltre che per la collettività.

Insomma, oramai il Ministero dell’ambiente appare davvero “trasparente”, nel senso che se non ci fosse, per l’ambiente non sarebbe un problema. Andando oltre è bene rilevare come oggi, le politiche ambientali veramente incisive passano attraverso le competenze “trasversali” di altri ministeri come le politiche per l’innovazione energetica e la “green economy” in un settore come quello delle eco tecnologie, che vede il nostro paese come grande giacimento da valorizzare. Fa molta tristezza vedere per esempio il Ministero dello sviluppo economico nelle mani di Ministri, come quello attuale, che rappresentano quanto di più lontano da un’idea che possa ritenersi anche vagamente ecosostenibile dello sviluppo. Per non parlare poi delle politiche legate alle infrastrutture ed all’urbanesimo, tornando all’attalissimo tema dello smog che sta flagellando le nostre metropoli da settimane e settimane, dopo un avvio di inverno con due grandi assenti come pioggia e vento. Molto efficace al riguardo un efficace decalogo pubblicato sul Il Sole 24 Ore, dove Giorgio Santilli, fa l’elenco delle misure necessarie per “le città pulite” (link articolo). Un elenco composito di azioni che vanno dal piano nazionale per il potenziamento del trasporto pubblico locale e il trasporto su ferro delle merci, incentivi a tutte le forme di mobilità urbana alternativa dalle corsie preferenziali alla bicicletta, misure per estendere ai grandi condomini l’ecobonus sulle ristrutturazioni energetiche in edilizia, una vera riforma urbanistica che favorisca la rigenerazione urbana e scoraggi il consumo di suolo.

Ebbene, incredibile ma vero, nessuno di questi provvedimenti riguarda il Ministero dell’ambiente, mentre quasi tutti investono le competenze di un ministero che non c’è, assente da troppo tempo e che si occupi a tempo pieno dell’urbanesimo e delle città. Appare infatti davvero clamoroso
Che l’Italia, paese delle cento città, non abbia da oltre vent’anni un ministero delle città è davvero incredibile e paradossale. Una mancanza figlia sia di una caricatura di federalismo che di una radicale e cronica mancanza di visione dell’interesse generale e della cosa comune, di assoluta assenza di politiche sinottiche di lungo periodo, queste ultime oggi più che mai necessarie ed inderogabili, oramai segno distintivo delle nostre classi dirigenti. Se il premier Renzi vuole comportarsi da quel “grande modernizzatore” che ogni giorno dice di essere, dopo la sua presentazione come “Cambiatore di Verso”, abroghi il ministero dell’ambiente affidando ad uno bravo davvero, e non preso a caso nel grande giacimento della politica, un ministero delle città e potremo anche dire un “ministero delle complessità”, per le grandissime competenze richieste per interpretarlo al meglio. Sicuramente l’ambiente gliene sarebbe infinitamente grato.

Sauro Secci

Articoli correlati