La termodinamica ci dà una mano! Soprattutto negli usi termici, il settore più energivoro e spesso più trascurato

E’ sempre un immenso piacere pubblicare sul nostro sito, articoli ed approfondimenti di un grande esperto di geotermia come il Professor, Ingegnere Franco Donatini, oggi docente di geotermia presso il Dipartimento di energetica dell’Università di Pisa, e con lunghi trascorsi in ENEL per lo sviluppo della fonte. Questa volta pubblichiamo un altro articolo molto originale che ci da una visione particolare della Termodinamica, come disciplina fondamentale per darci una mano in quel troppo trascurato ed altamente energivoro settore degli “usi termici”.


Analizzando il bilancio energetico del nostro paese (fig. 1), emergono considerazioni interessanti. Su un consumo complessivo annuo di energia primaria di circa 162 Mtep, quello relativo alle fonti fossili supera l’80%, e il restante circa 19% compete alle fonti rinnovabili (fig. 2). Stiamo praticamente raggiungendo l’obiettivo di impiego delle fonti rinnovabili fissato dal Pacchetto Clima dell’Unione Europea al 2020.

Figura 1 – Bilancio energetico italiano nel 2013 (fonte Eni)

Figura 2 – Ripartizione percentuale per fonte del consumo di energia primaria nel 2013

Il fatto ci rallegra ma possiamo fare meglio, se analizziamo in maniera ragionata la specificità del caso italiano. Infatti la penetrazione delle fonti rinnovabili, essenzialmente concentrata nella produzione di elettricità, è molto limitata nel settore degli usi termici ed è praticamente assente in quello dei trasporti su strada (fig. 3).

Il notevole contributo delle fonti rinnovabili alla generazione elettrica è dovuto essenzialmente a due fatti, il primo rappresentato dalla elevata disponibilità della fonte idroelettrica legata alla presenza diffusa di rilievi montuosi nel nostro paese, il secondo determinato dagli incentivi statali di cui ha usufruito la produzione di elettricità da fonte eolica e solare in linea con quanto avvenuto a livello europeo. Oggi su un consumo annuo di elettricità di 330 TWh, oltre il 34% è fornito dal rinnovabile per circa 114 TWh  (fig. 4).

Nel settore dei trasporti, il ritardo nella diffusione del mezzo elettrico a livello individuale e collettivo e nell’adeguamento della reta ferroviaria ha determinato una dipendenza quasi totale dai prodotti petroliferi.

Negli usi termici, che rappresentano tra i tre settori quello più energivoro, l’impiego delle fonti rinnovabili è ancora limitato, basato a livello distribuito sull’utilizzo delle biomasse legnose, che, pur in forte espansione, è ancora molto lontano dal raggiungimento dei livelli europei. La cogenerazione, intesa come produzione combinata di elettricità e calore, si è diffusa praticamente solo nel contesto industriale dove è resa tecnicamente ed economicamente possibile dalla continuità di funzionamento degli impianti, mentre è praticamente inapplicabile a livello distribuito per gli elevati costi di installazione e i bassi rendimenti legati alla taglia ridotta.

Figura 3 – Consumi primari per fonte nei tre settori energetici

Figura 4 – Produzione di elettricità in Italia nel 2013 dalle diverse fonti (fonte Terna)

In Italia la produzione di calore si fa essenzialmente col ricorso a caldaie termiche alimentate a combustibili fossili e in particolare a gas naturale. La metanizzazione del paese praticata a tappeto soprattutto negli anni 70 – 80, non è stata la scelta migliore dal punto di vista tecnico e strategico. L’efficienza di piccole caldaie distribuite è di solito bassa e il gas naturale, avente un mercato oligopolistico e una dipendenza da infrastrutture distributive rigide e onerose, è caratterizzato da criticità economiche e ambientali non trascurabili. Con riferimento all’aspetto ambientale nei contesti urbani, l’impatto delle emissioni derivanti dagli impianti di riscaldamento è dello stesso ordine, se non superiore, di quello dovuto al traffico autoveicolare.

Il problema della riduzione della dipendenza degli usi termici da fonte fossile si risolve cambiando drasticamente approccio, cioè puntando soprattutto sull’efficienza della conversione energetica.

In questa operazione, come dice il titolo, “la termodinamica ci dà una mano”.

La pompa di calore, basata su concetto del ciclo di Carnot inverso, utilizzando elettricità, consente di produrre calore a bassa temperatura, con coefficienti di prestazione intorno a 5, cioè con un kWh di energia elettrica se ne può produrre fino a 5 di energia termica. In più se si preleva il calore da pozzi di bassa profondità, dove si ha una condizione termica molto stabile nel corso dell’anno, la prestazione migliora ulteriormente e soprattutto si mantiene notevolmente costante nelle diverse stagioni.  Nei cicli combinati alimentati a gas, l’elettricità viene prodotta in condizioni nominali con efficienze che sfiorano il 60%, quindi con le pompe di calore si può produrre, a parità di combustibile, una quantità circa tripla di potenza termica rispetto alla combustione diretta del gas nelle caldaie. Se applicata a tappeto negli usi termici distribuiti, la tecnologia delle pompe di calore può quindi ridurre di oltre il 20% il consumo complessivo di fonti primarie, intercettando e raggiungendo anche gli ulteriori obiettivi legati alle emissioni e all’efficienza energetica del Piano Europeo 20-20-20.

Questo approccio ha una forte ripercussione sul sistema energetico del paese, in quanto sposta la conversione delle fonti primarie verso la produzione di elettricità. Il vettore elettrico diviene lo strumento fondamentale nella fornitura di tutti i settori energetici, anche di quello del trasporto con la prevedibile, capillare diffusione del mezzo elettrico. In più le fonti rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico, che producono elettricità, possono contribuire, mediante il vettore elettrico, al trasferimento della rinnovabilità agli usi termici e al trasporto.

L’Italia ha una sovraccapacità di impianti di generazione elettrica, frutto di una politica di liberalizzazione del mercato, incompetente a livello di pianificazione e non lungimirante dello sviluppo del rinnovabile.

Questa sovraccapacità è in parte causa dell’eccessivo costo dell’elettricità in Italia. Il prezzo dell’elettricità è più elevato che in Europa, non solo a livello di utente finale, dove influiscono gli oneri del trasporto, degli incentivi e del prelievo fiscale, ma anche a livello di mercato elettrico (fig. 5)

Figura 5 – Prezzo medio 2012 dell’elettricità del mercato elettrico

La sovraccapacità di generazione in Italia è veramente fuori di qualsiasi logica di mercato. A fronte di una potenza di picco richiesta dalla rete, pari a 55 GW, la potenza complessiva installata raggiunge 125 GW, per cui il fattore di utilizzazione degli impianti è veramente basso, particolarmente per i cicli combinati a gas che funzionano al di sotto delle 2000 ore equivalenti, pur essendo progettati per funzionare oltre 6000 ore all’anno, con rischi di mancato recupero degli investimenti fatti.

Queste diseconomie drammatiche che nascono negli anni della liberalizzazione del mercato elettrico e che penalizzano la competitività produttiva del paese, dovrebbero essere recuperate in qualche modo, cercando di trovare uno sbocco a questa sovraccapacità produttiva.

Seguendo il proverbio “non tutto il male vien per nuocere” si posso sfruttare questi notevoli margini per incrementare la produzione di elettricità da orientare alla copertura del fabbisogno termico con le pompe di calore, possibilmente geotermiche per ottimizzare l’efficienza.

Si tratta di una strada complessa che richiede politiche di indirizzo e di sostegno per orientare questa trasformazione, ma è senz’altro una strada efficacie per realizzare un sistema energetico più razionale, più efficiente e ambientalmente più sostenibile

Professor Ingegner Franco Donatini – Docente Geotermia – Dipartimento di Energetica – Università di Pisa

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