Economia circolare: un primato italiano tra luci e ombre

L’Italia è prima in Europa in tema di economia circolare, proponendosi come autentica eccellenza, davanti a Germania e Olanda, nonostante abbia fatto negli ultimi anni alcuni passi indietro, al netto della pandemia.

E’ questa la fotografia scattata dal Rapporto Circonomia, presentato nei giorni scorsi ad Alba, in apertura del Festival nazionale dell’Economia Circolare e delle Energie dei Territori.

Nel nuovo rapporto si legge testualmente che non c’è rapporto diretto tra ricchezza di un Paese e le sue performance ‘green’: i Paesi a basso reddito generalmente vanno meglio perché consumano meno energia e meno materia pro-capite, a differenza di quelli più ricchi, che spesso hanno livelli più elevati di efficienza energetica

L’elaborazione del rapporto è basata su 17 indicatori, che vanno dal consumo interno di materia pro-capite alla percentuale di rifiuti avviati a riciclo (in cui l’Italia è prima assoluta nell’Unione Europea dei 27 Paesi), dai consumi finali di energia in rapporto al Pil al tasso di rinnovabili (dove il nostro paese si colloca largamente al di sopra della media europea e in testa tra i grandi Paesi UE come Germania, Francia, Spagna, Polonia).

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Venendo alla classifica generale, che considera tutti gli indicatori, l’Italia è al primo posto davanti a Olanda, Austria e Danimarca.

La predisposizione del nostro Paese all’economia circolare è spiegata da diversi fattori come: le condizioni oggettive e tradizionali, la nostra geografia caratterizzata in prevalenza da un clima mite, che favorisce più bassi consumi di energia, la nostra strutturale carenza di materie prime, che ci ha abituato a ottimizzare l’uso di energia e risorse naturali. Tutto questo a tal punto che, per esempio, “tra il 2011 e il 2019 la produttività d’uso delle risorse è migliorato in Italia del 59%, con la media dell’Ue al 31%”.

Anche in tema di riciclo di materia dai rifiuti urbani l’Italia con il 51,4%, è ormai a un passo dai valori di Paesi leader come la Germania, il Belgio o l’Olanda. Inoltre, negli ultimi 10 anni, tra il 2010 e il 2019, il tasso di riciclo di materia in Italia è cresciuto di oltre il 20%, mentre la media Ue è cresciuta del 10%, e quella dei Paesi più avanzati come l’Olanda e la Germania rispettivamente dell’8% e del 4%, quella della Francia del 10% e la Spagna del 5,5%”.

Tuttavia ci sono all’orizzonte alcuni rischi, come “un rallentamento in settori-chiave della transizione ecologica, primo tra tutti la produzione e il consumo di energie rinnovabili: l’Italia era al 6,3% di energia pulita sui consumi finali nel 2004, è passata al 17,1% nel 2014 (target europeo del 17% raggiunto con largo anticipo), ma è rimasta al 18% nel 2019”.

Un poco peggiore la situazione nell’ambito delle rinnovabili elettriche dove “Nel 2010 la produzione elettrica da nuove rinnovabili era pari all’8%, un valore inferiore alla media europea o a Paesi come la Germania (14%) o la Spagna (18%). Nel 2015, grazie alla spinta del fotovoltaico, l’Italia è arrivata al 23%. E qui si è fermata: dal 2017 al 2019 è ferma al 23% della produzione elettrica.

Un altro fattore di rischio è legato alla contraddizione nel vedere buone prestazione ambientali affiancate dal persistente declino del Paese sotto il profilo economico e sociale, anche per effetto della pandemia che ha avuto in Italia gli effetti tra i più drammatici d’Europa.

Un terzo preoccupante aspetto è quello legato ai comportamenti, agli stili di vita e a quelli di consumo, con “l’Italia che mostra maggiore lentezza nell’aprirsi a modelli di consumo e stili di vita ‘circolari“. Nelle nostre case consumiamo più energia della media dei cittadini europei: peggio di noi fanno solo Belgio e Lussemburgo.

Nell’ambito del biologico poi, nonostante il nostro paese sia tra i principali produttori europei di settore, siamo per consumi bio, sia rispetto alla spesa alimentare sia per abitante, dietro buona parte dei Paesi del Nord Europa.

Siamo in affanno anche nell’ambito della mobilità sostenibile: da un lato siamo Il Paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione privata (614 auto ogni 1.000 abitanti), dall’altro, pur essendo i primi produttori europei di biciclette, i ritmi di vendita di bici e e-bike sono ampiamente al di sotto di quanto sarebbe necessario.

Per consolidare questo primato dobbiamo fare in modo che benessere ambientale, benessere economico, equità sociale crescano insieme. L’Italia tra i grandi Paesi europei è quello le cui difficoltà economiche sono più profonde e strutturate, ma anche uno di quelli che ha maggiori titoli per puntare sull’economia circolare, sulla transizione ecologica, come antidoti sia alla crisi climatica e in generale ai problemi ambientali, sia al rischio di un declino socioeconomico irreversibile. Per questo, spendere presto e bene gli oltre 200 miliardi che il Pnrr destina al nostro Paese non è solo giusto e necessario nell’interesse della lotta alla crisi climatica e al degrado ambientale: è anche utilissimo per dare gambe più forti alla nostra ripartenza economica”.

Conclusioni del rapporto Circonomia

La Redazione di Ecquologia

Redazione

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