Pianura Padana: inquinamento record

La città di Milano, insieme alla Pianura Padana, è tra le zone più esposte all’inquinamento da polveri sottili.

A confermarlo è l’ESA, l’Agenzia spaziale europea. Dal 1 al 31 gennaio 2024 in Pianura Padana è stata superata la soglia critica delle concentrazioni di polveri sottili PM10. Il report è stato elaborato sulla base dei dati forniti dal servizio europeo di monitoraggio dell’atmosfera Copernicus, noto come Cams. 

Ulteriore conferma è arrivata anche da ARPA Lombardia, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. I dati aggiornati a sabato 17 febbraio hanno individuato il superamento dei valori limite di PM10 anche nel Comune di Milano.

European Space Agency ha realizzato un video che mostra le concentrazioni orarie di Pm10 nella pianura padana dal 1° al 31 gennaio 2024

L’inquinamento a Milano è alle stelle: i dati sulle polveri sottili PM10 e PM2.5 sono allarmanti

I dati forniti da ARPA parlano chiaro. Le polveri sottili PM10 hanno avuto una media giornaliera di 100 microgrammi al metro cubo di aria. Un dato decisamente preoccupante se pensiamo che il valore limite è di 50. I giorni in cui tale limite è stato superato è salito a 16 giorni sui 47 trascorsi dall’inizio dell’anno fino a sabato scorso.

Altro dato allarmante riguarda invece le PM2.5 – le polveri sottili più pericolose – che sono risultate pari a 76 microgrammi al metro cubo, superiore al valore giornaliero di 5 microgrammi al metro cubo e di 15 su un periodo di 3-4 giorni indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Sono rimasti invece sotto i valori limite l’ozono e i biossidi di azoto e di zolfo. Valori simili a quelli di Milano sono stati registrati nelle zone di pianura dai servizi ambientali di Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.

Una riflessione sul ruolo degli allevamenti intensivi

È indubbio che la Pianura Padana si trovi in una posizione geografica sfavorevole – chiusa per tre lati da Alpi e Appennini – per cui risente di ventilazione e circolazione dell’aria piuttosto scarse. L’alta pressione favorisce inoltre l’accumulo degli inquinanti. E l’alta densità di popolazione e vetture contribuisce a innalzare i livelli di smog (senza contare le abitazioni e relative emissioni per il riscaldamento). 

Secondo uno studio del 2018 di Greenpeace ed ISPRA, i settori più inquinanti sono risultati essere il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%) e gli allevamenti (16,6%). Dati alla mano, insieme questi due settori sono la causa di quasi il 54% del PM2,5 nazionale. Seguono i trasporti stradali (con il 14%) e le emissioni dell’industria (10%).

Per questo l’organizzazione ambientalista chiede di avviare una riconversione in chiave agroecologica della zootecnia.

Sul tema Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio, ha recentemente affermato: “Bisogna passare da un modello intensivo a uno basato sul biologico e sull’agroecologia: il settore agricoltura e allevamento deve dimezzare l’uso di pesticidi chimici e di antibiotici e raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agricola coltivata a biologico. In questa svolta, il punto più critico è l’allevamento, perché è il comparto che pone il problema maggiore sia per l’inquinamento che per la salute. Aver separato agricoltura e allevamento ha trasformato il letame da risorsa in problema creando da una parte inquinamento delle acque e del suolo e dall’altra carenza di nutrienti per il terreno. Per questo è fondamentale passare ad un approccio integrato con metodi biologici da sempre basati sulla circolarità dei nutrienti”.

Intanto in questi anni il Consorzio italiano biogas, in collaborazione con imprenditori agricoli e industrie, ha elaborato Farming for future, un piano in 10 azioni per l’agricoltura del futuro.

Importanti le riflessioni di Guido Bezzi, Area Agronomia del Cib. Migliorare la qualità e il benessere degli animali in sinergia con il ricorso a tecnologie e innovazioni di agricoltura 4.0 e zootecnia 4.0 può contribuire alla lotta al cambiamento climatico diminuendo l’intensità delle emissioni dei sistemi di allevamento, senza necessariamente ridurre le produzioni, ma adottando sistemi di produzione che consentono di produrre di più in modo più efficiente“.

“La sesta azione di Farming for future riguarda proprio il futuro degli allevamenti e come possono raggiungere questi obiettivi. Si prevedone l’utilizzo dei liquami prodotti dagli animali come carburante per centrali a biogas. Attraverso una processo di digestione anaerobica si potrà ottenere metano, con il quale produrre energia in grado di rendere l’allevamento autonomo, ma anche rivendere l’eventuale surplus. Il residuo di questo processo, invece, diventa un prezioso concime, capace di restituire al terreno in modo naturale i nutrienti di cui necessita. Un esempio di come dovrebbe essere una vera economia circolare, dove gli sprechi sono ridotti ai minimi termini”.

Immagine articolo: European Union, Copernicus Atmosphere Monitoring Service Data

Fonti articolo: Milano è inquinata e la colpa è anche degli allevamenti intensivi – Greenpeace Italia Allevamenti. Il modello del biologico va rafforzato: a fare la differenza è il benessere animale – FederBio Allevamenti del futuro, meno emissioni e più benessere animale (greenplanner.it)

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Redazione

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