Passato, presente e futuro delle foreste italiane

Presentiamo oggi un interessante articolo di Fabio Roggiolani, cofondatore di Ecofuturo Festival e concreto ecoinnovatore, uscito sull’ultimo numero de l’Ecofuturo Magazine. Un racconto appassionato sulla gestione passata, presente e futura delle foreste e dei boschi italiani, con in appendice il Codice Forestale Camaldolese.

MEMORIA ECOLOGISTA, Antica è la tutela

Nell’immediato dopoguerra le foreste italiane furono salvate da Amintore Fanfani, insospettabile ambientalista

Quando si parla di foreste e boschi si pensa ai bei tempi andati, ma ci si sbaglia. I bei tempi sono andati dopo la Seconda guerra mondiale e, a maggior ragione, per le foreste. Nel 1400 in Italia c’era un terzo in più delle foreste del 1850. Un sovrano liberale e moderno, Pietro Leopoldo di Toscana, nel 1780 fece scuola con una riforma che in cinquant’anni portò alla perdita di 130 mila ettari di superficie, pari a 260 mila campi da calcio. In nome dello sviluppo agrario furono stralciate le norme a tutela delle foreste, dal Codice Camaldolese in poi. Codice che nell’anno 1000 recitava così: «dovessi ripiantare per ogni albero abbattuto almeno dieci piantine nuove». La Toscana faceva scuola perché gli alberi maestri si prelevavano dalle foreste casentinesi e fiorentine in virtù di questo Codice che aveva dato luogo a un’industria fiorente delle corderie di canapa (sì, di Marijuana di cui in Toscana si faceva largo uso in tutti i campi compreso il piacere) utilizzata anche per la produzione di vele e quanto necessario alla marineria.
Mercato di legno
Il liberismo selvaggio stracciò le buone pratiche forestali e, a causa del dissesto idrogeologico determinato dalla deforestazione, morirono decine di migliaia di contadini. I Lorena, in Toscana, decisero di correre ai ripari con la costruzione delle Leopoldine, ovvero abitazioni a due piani destinando il piano terra agli animali; le stragi cessarono ma non i disastri, con il declino della produzione
di grano. Nel 1948 la superficie boschiva aveva perso quel piccolo incremento determinato dal cambio delle leggi dopo l’Unità d’Italia e durante il fascismo. Ecco che un altro toscano propose l’assunzione di 150 mila persone per piantare
alberi. Disse che era un modo per dare lavoro nel dopoguerra. Quella polemica non si è mai sopita fino a quelle contro i forestali vagabondi su cui il leghismo più imbecille e le destre neoliberiste hanno vissuto di rendita. Invece è stata una riforma tra le più avanzate al mondo, al punto di portare l’Italia al secondo posto in Europa per superficie forestale con oltre 11 milioni di ettari, quasi il 40% del Paese. La Toscana ha circa 1,2 milioni di ettari di foreste, nel 1870 erano sotto 600 mila ettari. Amintore Fanfani nato e vissuto in piena foresta dell’alta Valle del Tevere, stessa zona da cui nasce l’Arno, conosceva storie e cultura dei frati Camaldolesi…

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