Dissociazione molecolare: un nuovo impianto la rilancia

Nel 2006 fui portato in Islanda a vedere un inceneritore, anzi no un pirolizzatore lento, anzi no un processo simil carbonaia a legna. Mi piacque l’idea e piacque anche ai giornalisti che erano con me inviati dalle loro testate e televisioni: per dargli un nome originale lo chiamammo dissociatore molecolare. Il processo, non producendo fiamma, ma carbonizzando, estrae i Syngas, che poi possono essere bruciati in un motore endotermico per fare energia.

Infuriava in Italia una grande polemica contro i Verdi, “rei confessi” di aver tolto il contributo agli inceneritori, denominato CIP 6, che premiava chi bruciava schifezze per produrre energia facendo ricchi i petrolieri e gli inceneritoristi: erano 5 miliardi di € ogni anno buttati in cenere per emettere inquinanti in atmosfera che noi Verdi, allora al governo, invece destinammo alle energie rinnovabili.

Cercavamo soluzioni ecotecnologiche per i rifiuti che, assieme alla raccolta differenziata spinta porta a porta, ci consentissero di risolvere il problema, dato che camorra e poteri inceneritoristi stavano sommergendo Napoli di rifiuti abbandonati per strada.

L’idea della dissociazione prese parzialmente piede, ma, dopo molte verifiche e impianti sperimentali, ci dovemmo arrendere al fatto che il processo funzionava se non andavamo troppo per il sottile. Capimmo che nel complesso non si trattava di una tecnologia ragionevolmente applicabile in Italia, a meno che non investissimo per risolvere i problemi ancora aperti, ovvero la fase di avvio e la stabilità del processo che provocavano emissioni e stop tecnici agli impianti. Non posso non ricordare che il fallimento appariva figlio di improvvisazione e di scarsi finanziamenti, ma ad onor del vero alcuni snodi non erano davvero risolti. La ricerca ecotecnologica ci dà soddisfazioni enormi, ma alle volte ci porta anche in vicoli ciechi.

Da allora con regolarità ho potuto vedere numerosi tentativi, tutti purtroppo falliti per i motivi più diversi: l’impianto che più si avvicinò al risultato era un dissociatore di 150kw di potenza che veniva sostenuto da una serie di resistenze immesse nel crogiolo di rifiuti o biomasse, opportunamente pretritate per essere trattate. Funzionava, ma il conto energetico non tornava: in verità quello che non funziona è la pirolisi lenta e a “bassa “ temperatura, sotto i 500 gradi .

In questi giorni mi sto sempre più imbattendo nell’efficacia delle altissime temperature ottenute con processi cosiddetti a plasma freddo che riescono a sanitizzare l’aria dai virus. E’ proprio grazie a questo approccio in senso lato che la dissociazione molecolare, come la battezzammo allora, pare aver risolto il vicolo cieco.

Potrete farvi spiegare il tutto entrando in EXCO, la prima fiera in realtà interamente virtuale (qui il link per registrarsi gratuitamente: REGISTRATI), e visitando lo stand di ENDEAVOUR, in cui troverete il video che mostra l’impianto e tutte le caratteristiche di un brevetto che appare una grande svolta nella gestione anche di alcune tipologie di rifiuti.

La caratteristica saliente di questo impianto è che riesce a lavorare regolarmente a 1400 gradi con limitato apporto energetico e mantenendo stabile il processo, nonostante il “combustibile”, come le biomasse e i rifiuti, sia per sua natura irregolare in termini di umidità e tempi di gassificazione. La gassificazione avviene senza fiamma e quindi dall’impianto come residuo non esce un materiale che debba essere ritrattato, perdendo tutto il vantaggio accumulato lungo il processo, ma un BIOCHAR, ovvero un materiale che è richiesto in mille impieghi e che rilascia il proprio contenuto in tempi lunghi e quindi, tra le altre cose, divenendo un eccellente ammendante.

Per tutti gli interessati a breve realizzeremo un webinar sempre dalla sala dedicata della nostra EXCO VR per avere direttamente dall’Ing. Bruni, Responsabile Tecnico di ENDEAVOUR, la descrizione tecnologica dell’impianto.

A scanso di equivoci, si tratta di un impianto piccolo e replicabile, ma sempre piccolo, per risolvere i problemi di fine ciclo di filiere avanzate del recupero di materia ed energia: uno strumento verso la strategia anti-inceneritorista e non la resurrezione dell’incenerimento sotto mentite spoglie. Una soluzione ecotecnologica, non un trucco.

Fabio Roggiolani, Cofondatore di Ecofuturo

Redazione

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