Smart Working: Tutti i Pro e i Contro

Smart Working: Tutti i Pro e i Contro. Un articolo di Giorgia Burzachechi per l’approfondimento sul “Tempo liberato” di Ecofuturo Magazine.

Due giorni “smart” a settimana producono 150 ore libere ogni anno 

Smart working, termine diventato comune durante il periodo della pandemia, il cui concetto era stato teorizzato molti anni prima, nel 1973. Fu Jack Nilles, un fisico che si è occupato di progettazione di veicoli spaziali per l’aeronautica americana e per la NASA, a teorizzare la possibilità di telelavoro per far fronte ai problemi di traffico che congestionavano le strade di Los Angeles. Che non si parli di smart working con anglofoni perché penseranno si stia praticando un lavoro ottimizzato. Nei paesi di lingua inglese ci si riferisce a questa modalità indicandola con il termine di “remote”, “flexibile” working o con l’acronimo “WFH”, cioè working from home.

Non con così largo anticipo, anche in Italia si parlava di lavoro flessibile e nel 2017 è stato inserito in Gazzetta Ufficiale. A seguito dell’annuncio del primo lockdown (celebre anglicismo entrato in uso durante il Covid-19) nel DPCM del 9 marzo 2020, le aziende hanno dovuto ripensare rapidamente l’organizzazione lavorativa per consentire lo svolgimento delle attività nonostante il confino. Così, insieme alle misure di contenimento, lavoratori e lavoratrici hanno riscoperto anche molto tempo libero. 

Da quel giorno di – ormai – quasi quattro anni fa, siamo cambiati e il lavoro smart, o agile, è entrato nella nostra realtà lavorativa. Ciò ha portato anche una serie di studi sugli effetti collaterali causati da sedentarietà, isolamento, dalla difficoltà nel bilanciare vita lavorativa e personale e dall’incremento della disparità di genere.

Secondo uno studio dello scorso luglio di Frontiers in Public Health, circa il 61% dei lavoratori passati al telelavoro sperimenta un aggravamento del dolore muscolo-scheletrico. Tra gli effetti, c’è la scarsa conciliazione tra lavoro e vita privata che spesso si traducono in aggravamento della disparità di genere. Sono in maggioranza le donne, infatti, ad adattare la propria vita lavorativa in relazione ai bisogni familiari.

Eurofound, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, riporta i dati di un sondaggio, secondo il quale tra i dipendenti che hanno lavorato dalle 41 alle 60 ore da casa, il 20% si è sentito isolato e il 39% emotivamente svuotato dal lavoro sempre o per la maggior parte del tempo. 

Inoltre, una nota stampa di CNR, riprendendo uno studio pubblicato su Nature Computational Science, afferma come, il telelavoro possa ridurre le occasioni di incontri casuali tra colleghi, limitando conversazioni fondamentali a generare un flusso di nuove idee tra gli individui. 

Lavoro intelligente

Questi effetti, in verità, variano a seconda della modalità (se totalmente remoto o ibrido) e dal tipo di impiego. In generale, numerosi sono i benefici per ambiente, aziende e per la gestione della vita quotidiana. 

Una ricerca di ENEA condotta su quattro città italiane, Roma, Torino, Bologna e Trento, nel quadriennio 2015-2018, pubblicata sulla rivista internazionale Applied Sciences, stima che il lavoro da remoto permetta di evitare l’emissione di circa 600 chilogrammi di CO2 l’anno per lavoratore, tenendo conto di due giorni a settimana a distanza, per un totale di 100 giorni l’anno pari a circa -40% rispetto al dato IEA di emissione pro-capite per l’Italia nel 2018, con risparmi in termini di tempo di circa 150 ore, distanza percorsa circa 3.500 km e carburante per un totale di 260 litri di benzina o 237 litri di gasolio… Continua a leggere gratis su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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