River Cleaning a Ecomondo per Salvare il Mare!

River Cleaning è una realtà ben conosciuta dai lettori di Ecquologia e dai partecipanti agli eventi di Ecofuturo Festival. Chi invece ancora dovesse scoprirla potrà farlo durante l’imminente nuova edizione di Ecomondo, a Rimini dal 7 al 10 novembre, recandosi allo Stand 202 del Padiglione B4. Nell’attesa ecco un accurato approfondimento del Corriere della Sera.

PULIRE I FIUMI PER SALVARE IL MARE

Una microimpresa italiana ha messo a punto un sistema di boe galleggianti per rimuovere i rifiuti plastici dai corsi d’acqua.

Una delle spiagge più belle del mondo, sull’isola indonesiana di Bali, interamente coperta di plastica. Bottiglie e confezioni, portate a riva dalle onde, quasi nascondono la sabbia. Immagini forti per chi quei luoghi li ha visti intatti qualche anno prima. Dall’altra parte del mondo, in Veneto, l’imprenditore Vanni Covolo ha un moto di ribellione: “Tutti conoscono il problema, nessuno fa nulla per trovare una soluzione”. E si dà una spiegazione: quando la plastica arriva in mare è già troppo tardi. Recuperarla è complicato e costoso, ma soprattutto sembra una fatica di Sisifo. Per ogni lattina raccolta tra le onde, ne arrivano sempre altre a inquinare i mari. Bisogna fermarle prima. 

Da questa intuizione, nel 2019, nasce River Cleaning. Il nome è chiaro, l’idea alla base del progetto anche: costruire barriere nei fiumi in grado di intercettare la plastica e altre sostanze inquinanti. Un cambio di prospettiva fondamentale per combattere l’inquinamento marino, visto che una quota compresa tra il 70% e l’80% della plastica presente negli oceani arriva proprio dai corsi d’acqua.  

Ma non è un’impresa semplice. “Il problema di ogni barriera fluviale è che deve permettere il passaggio alle barche e non ostruire il flusso d’acqua in caso di piena”, dice ricordando i primi prototipi. Qualunque soluzione statica sarebbe inutile, serve invece una barriera “dinamica”. Ci vogliono anni di ricerche, studi, e test sul campo per arrivare al brevetto definitivo. Un sistema intelligente e modulare, formato da una serie di dispositivi galleggianti che si regolano in base al livello dell’acqua. 

La barriera River Cleaning si compone di una sequenza di boe dal diametro di un metro circa con una serie di accessori semirigidi che attirano i rifiuti galleggianti. Grazie alla rotazione delle boe prodotta dalla corrente del fiume, gli oggetti in plastica che affiorano sulla superficie o che viaggiano semisommersi vengono fermati, e incanalati dolcemente in depositi allestiti sulla riva. 

LA BARRIERA INTELLIGENTE 

Ogni modulo di boa è ancorato a una struttura legata al letto del fiume o alle sue sponde, a seconda della morfologia e della profondità del corso d’acqua. Quando deve passare un’imbarcazione, la linea di boe si “apre”, poi un sistema di regolazione riporta i moduli alla posizione originaria.  

Quando invece la corrente è troppo forte e il letto del fiume si gonfia, la barriera potrebbe costituire un ostacolo e favorire le esondazioni. “Non avrebbe senso mettere a repentaglio vite umane per ridurre la plastica dai fiumi”, spiega Covolo. Così, River Cleaning è stato progettato per “capire” quando è necessario sospendere le operazioni. “Grazie a dei sensori, la barriera si alza qualche centimetro sopra il livello dell’acqua, lasciando scorrere il fiume sotto di sé”

Gli impianti dell’azienda veneta sono, ovviamente, all’insegna della sostenibilità e dell’economia circolare. River Cleaning è fatto di materiale riciclato, funziona grazie all’energia elettrica auto-prodotta dalle boe sfruttando la corrente, e punta anche a dare una nuova vita ai rifiuti. I sensori, infatti, “riconoscono” i diversi materiali e li indirizzano verso depositi diversi. L’obiettivo è avere punti di riciclaggio più vicini possibile alla barriera, in modo da effettuare lo smistamento prima del trasporto. “Così i rifiuti sono più appetibili per le aziende che li riciclano”. 

IL NUOVO CHE AVANZA

Oggi River Cleaning è una solida realtà, con un impianto già attivo vicino a Venezia e altri in cantiere. Tre brevetti sono già stati concessi, dice Covolo, altrettanti arriveranno presto. Oltre alla barriera “classica”, l’azienda ne ha sviluppata una per raccogliere olii o altri liquidi inquinanti e una per “salvare” la vegetazione fluviale. 

Le bocche di presa delle centrali idroelettriche, infatti, sono provviste di apposite griglie per evitare che rami, foglie e arbusti trasportati dalla corrente finiscano nelle turbine. Ma questi materiali organici, da smaltire successivamente come rifiuti speciali con costi non indifferenti, sarebbero invece fondamentali per l’ecosistema del fiume. River Cleaning Deflector, quindi, evita che detriti vegetali galleggianti o semisommersi finiscano nelle griglie, semplicemente “spingendoli” nuovamente nell’alveo del fiume. 

DALL’ITALIA AL MONDO 

Quando un’idea è buona, ci mette poco a varcare i confini nazionali. Covolo riceve chiamate da Brasile, Cile, India, Indonesia, Turchia, Emirati Arabi Uniti. Il problema riguarda tutto il mondo, e anzi di barriere intelligenti ci sarebbe estremo bisogno in zone come il Sud-Est dell’Asiai primi dieci fiumi in termini di plastica sversata in mare si trovano tutti fra Filippine, Malesia e India. 

“Noi siamo una microimpresa e per avviare progetti all’estero servono partner locali, aziende più grandi a cui cedere il brevetto per costruire su scala più ampia”. Vanni Covolo da Vicenza ha cominciato. Qualcun altro, da qualche altra parte, continuerà: l’obiettivo resta ripulire il mare, fiume dopo fiume. 

IL SITO WEB DI RIVER CLEANING: LINK

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Redazione

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