Roma, marzo 2019: al Global Climate School Strike for Future alcuni manifestanti simulano una morte improvvisa

L’iniziativa sul Clima riparta dal Basso

Clima dal basso. Articolo di Sergio Ferraris, Giornalista scientifico, caporedattore “L’Ecofuturo Magazine”.

Visti risultati delle COP è necessario che l’iniziativa climatica riparta dal basso

Finita la COP28 rimangono una serie di crisi geopolitiche come l’invasione Ucraina, la crisi del Mar Rosso e il conflitto tra Israele e Palestina, mentre arrivano segnali preoccupanti sul clima.

Il 2023 è l’anno più caldo dall’inizio della rivoluzione industriale e ci porta in assoluto al valore delle temperature medie che l’Accordo di Parigi ha fissato per fine secolo, a +1,5  °C. Se il trend continuerà così in breve tempo le anomalie medie globali saranno superiori al valore di 1,5 °C. Secondo il climatologo James Hansen, che il 23 giugno 1988 fu il primo scienziato a riferire sulla causa antropica dei cambiamenti climatici al Senato USA, la soglia di 1,5 °C potrebbe essere superata nel 2024. Siamo in un percorso scientifico e sociale sconosciuto visto che la concentrazione di CO2 in atmosfera al 6 gennaio 2024 è stata 422,86 ppm all’osservatorio di Mauna Loa, con un +3,58 dai 419,28 dell’anno precedente, valori mai registrati prima.

Inoltre, assistiamo a una scissione tra la ricerca climatica e il contesto energetico sociale. Da una parte, abbiamo l’IPCC che lancia allarmi in base a una solida realtà dei dati climatici e dall’altra assistiamo a dinamiche legate al contesto economico, sociale ed energetico che non ne tengono assolutamente conto. COP 28, infatti, nel suo documento conclusivo ha fatto letteralmente il copia e incolla delle indicazioni dell’IPCC nel quale troviamo una riduzione del 43% delle emissioni al 2030, del 60% al 2035 e l’obiettivo del net-zero al 2050. Dati che sono in rotta di collisione con le previsioni della IEA che afferma: «la quota dei combustibili fossili nell’approvvigionamento energetico globale, ferma da decenni a circa l’80%, scenderà al 73% entro il 2030». Bene, abbiamo quindi il mondo reale che prevede una diminuzione delle fonti fossili del 7%.

La differenza tra l’8,75% di riduzione dell’Iea e il 43% della COP28 è del 34,25%, un terzo della produzione energetica planetaria. È sufficiente ciò per sancire l’assoluta inutilità delle COP per affrontare la crisi del clima. E non è valida la tesi sostenuta anche da molti ambientalisti che recita: «La COP è l’unico strumento che abbiano per cui dobbiamo tenercela cara anche se non funziona». No. È necessario dotarsi di un altro strumento che attinga all’enorme serbatoio di contenuti dell’IPCC e che funzioni in base alle dinamiche sociali dal basso.

Non è un’utopia. Venticinque anni fa il movimento no global partì da Seattle per approdare a Porto Alegre, dando vita a un flusso di riflessioni e di politiche alternative e di critica all’esistente che ha avuto come risultato la creazione di un pensiero che è anche alla base di quello ecologico odierno… Continua a leggere gratis su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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