Fotovoltaico nei borghi: importante sentenza del TAR dell’Aquila

Il TAR dell’Aquila si è espresso contro il no con cui la Soprintendenza e il Comune di Pacentro avevano negato a tre famiglie l’autorizzazione paesaggistica per tre impianti fotovoltaici. Approfondimento a cura di Mariagrazia Barletta pubblicato da professionearchitetto.it

Il fotovoltaico non è elemento di disturbo visivo per il paesaggio, ma un’evoluzione dello stile costruttivo

Secondo i giudici del Tar Abruzzo, la soprintendenza deve tenere conto dell’evoluzione della normativa e del sentire comune

I pannelli fotovoltaici installati sui tetti non possono essere considerati di per sé un fattore di disturbo visivo o una minaccia all’aspetto tradizionale dei luoghi. Al contrario, sono tecnologie ormai considerate come elementi normali del paesaggio e percepite come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva. Inoltre, l’installazione del fotovoltaico è incentivata dal nostro ordinamento, che la considera come un’opera di pubblica utilità. Di tale evoluzione, della normativa e della sensibilità comune, deve tener conto la soprintendenza chiamata ad esprimersi in caso di vincolo paesaggistico. Eventuali motivazioni di un diniego, anche parziale, devono essere mosse da una motivazione stringente. Mettendo sulla bilancia, insieme alla tutela del paesaggio, anche le esigenze di sostenibilità energetica.

Ad affermarlo è il Tar Abruzzo nell’importante sentenza numero 214 del 2023. Al centro della pronuncia, la richiesta di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Pacentro (L’Aquila) e del relativo provvedimento della soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio nella parte in cui si prescrive che i «pannelli fotovoltaici non siano installati sulla falda di copertura».

L’intervento esaminato dai giudici, di manutenzione straordinaria, riguarda un fabbricato di 3 livelli coperto da una falda unica inclinata e coperta da un manto in coppi di laterizio. Più nel dettaglio, i condòmini ni avrebbero voluto installare sulla copertura tre impianti fotovoltaici per un totale di 60 pannelli. L’installazione, rientrante nei lavori agevolati tramite il superbonus, prevedeva il posizionamento di pannelli non riflettenti a livello delle tegole, riprendendo il colore delle stesse. L’area in cui ricade l’edificio oggetto della sentenza fa parte del Parco nazionale della Majella ed è tutelata paesaggisticamente come bellezza d’insieme (art. 136, comma 1, lettere c) e d) del Dlgs 42 del 2004). Da quanto si evince dalla sentenza, il parere della soprintendenza è stato rilasciato entro il termine previsto di 45 giorni. Avrebbe, per questo (e se non vi fosse vizio), carattere vincolante.

Secondo le valutazioni della soprintendenza, il manto di copertura in laterizi del fabbricato di Pacentro qualificherebbe in maniera identitaria e riconoscibile il paesaggio tutelato. In quanto espressione dei caratteri corali tradizionali del luogo. I connotati di tali coperture – afferma sempre la soprintendenza – sono comuni alla quasi totalità degli edifici ricompresi nel complesso in cui l’edificio ricade. E assumono particolare rilievo nella percezione visiva del luogo per via della morfologia dell’insediamento stesso. Quindi, la soprintendenza ritiene la presenza dei pannelli fotovoltaici «non compatibile con l’immagine tradizionale in coppi in laterizio. In ragione della particolare ubicazione dell’edificio e dell’orientamento della falda interessata, infatti, l’intervento risulterebbe – sempre secondo la soprintendenza – notevolmente percepibile nonché rilevante paesaggisticamente. Ciò in considerazione dei valori del paesaggio rurale e del paesaggio naturale.

Secondo la giurisprudenza – viene ricordato nella sentenza – il diniego, anche parziale, dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente illustrazione delle particolari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell’ambiente. Tale valutazione deve comprendere l’esame delle caratteristiche concrete dell’opera da realizzare e l’individuazione analitica degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare. Ciò vale in generale. Ed è, a maggior ragione, ciò che la soprintendenza deve fare nel caso in cui si trovi ad esaminare un intervento riguardante la realizzazione di un impianto di fonti rinnovabili. In tal caso, puntuali e analitiche, devono essere le ragioni del diniego. Affermano i giudici.

La legge, affermano i giudici amministrativi, si esprime a favore dell’installazione dei pannelli fotovoltaici, potendo essi stessi concorrere, indirettamente, alla salvaguardia degli stessi valori paesaggistici. «La valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può, di conseguenza, ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione tra l’interesse pubblico e quello privato. Ma deve farsi carico di tutti gli interessi pubblici coinvolti. E favorire la soluzione che consenta, dove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica». Si legge nella sentenza.

«Difatti – proseguono i giudici – l’impiego di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è qualificato dalla legislazione vigente come opera di pubblica utilità. Ed è incentivato dalla legge in vista del perseguimento di preminenti finalità pubblicistiche correlate alla difesa dell’ambiente e dell’ecosistema. Sicché le motivazioni del diniego devono essere particolarmente stringenti».

«È stato altresì rimarcato in giurisprudenza che il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla Regione. Mentre, negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto della circostanza che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio. In quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva».

«Essendo cambiato il quadro normativo e anche la sensibilità collettiva verso l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili, risulta inevitabilmente diverso anche il modo in cui sono valutate le modifiche all’aspetto tradizionale dei luoghi. Occorre quindi focalizzare l’attenzione sulle modalità con cui i pannelli fotovoltaici sono inseriti negli edifici che li ospitano e nel paesaggio circostante». Così i giudici.

Nel caso specifico, la soprintendenza – secondo i giudici – non ha messo sulla bilancia i due interessi. Ossia, da una parte, la tutela paesaggistica e, dall’altra le esigenze di sostenibilità energetica. «La soprintendenza, inoltre – rilevano i giudici del Tar -, anziché suggerire la praticabilità di soluzioni alternative al posizionamento dei pannelli fotovoltaici sulla falda di copertura che non interferiscano con le visuali panoramiche, ha espresso una valutazione radicalmente ostativa alla realizzazione dell’intervento progettuale. Ritenendo preclusa in assoluto l’installazione dei pannelli fotovoltaici. Ed invitando di fatto i ricorrenti ad optare per tecnologie e modalità di sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili diverse da quella solare che possano risultare meno impattanti dal punto di vista paesaggistico».

«Peraltro, i pareri qui contestati – si legge ancora nella pronuncia – solo apparentemente si dimostrano rispondenti ad una valutazione in concreto della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’affermata non conformità dei pannelli fotovoltaici alla tutela paesaggistica sembra infatti rinvenirsi prevalentemente nell’aspetto cromatico e nella “tradizionalità” delle coperture impiegate nella zona. Di modo che l‘introduzione di elementi “tecnologici” (quali gli impianti fotovoltaici) sarebbe inevitabilmente e, comunque, preclusa. Per l’effetto, viene prescritto non già l’impiego di un colore o di una forma maggiormente consoni al contesto, bensì di non utilizzare affatto i pannelli. In tal modo pervenendosi ad una conclusione basata su presupposti apodittici e generali, avulsi da una valutazione in concreto riferita allo specifico contesto paesaggistico».

Dunque, il Tar dà ragione ai ricorrenti. E annulla l’autorizzazione paesaggistica nella parte in cui prescrive che i «pannelli fotovoltaici non siano installati sulla falda di copertura».

Link articolo professionearchitetto.it – Leggi anche Fotovoltaico su tetto: un aiuto dal catasto solare 3D di ENEA

Immagine di copertina: esempio di moduli fotovoltaici realizzati con celle monocristalline e vetri colorati 

Redazione

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