Decreto biometano, rischio paralisi per il settore rifiuti

Decreto biometano: rischio paralisi per il settore rifiuti

Decreto biometano. Dal blog di Agostino Re Rebaudengo, CEO Asja Ambiente.

La transizione ecologica è una sfida esistenziale, l’Italia deve cogliere l’opportunità. Ampliamo la capacità di produrre energia rinnovabile, dall’agrovoltaico al biometano

Rispetto alle dichiarazioni del presidente Draghi e agli obiettivi di decarbonizzazione e di economia circolare, l’attuale bozza del Decreto biometano va in direzione totalmente opposta. Bloccherà infatti gli investimenti già avviati dagli operatori, in molti casi anche in partenariato con la Pubblica Amministrazione.

Nel nostro Paese il contributo del biometano ai consumi di gas (circa 70 miliardi di metri cubi l’anno) è circa 0,7 miliardi di metri cubi. Meno dell’1%. Il Pnrr stanzia quasi 2 miliardi di euro per lo sviluppo della produzione di biometano. Fondi che, insieme agli investimenti privati, dovrebbero permettere un progressivo greening della rete gas. Sino a portare la quota di biometano a 10 miliardi di metri cubi nel 2030. Rappresenterebbe il 16% del consumo complessivo annuale di gas (ipotizzato pari a 63 miliardi di metri cubi).

Anche nel settore elettrico il contributo dei gas rinnovabili è previsto in crescita. A livello comunitario, il biogas genera oggi 167 TWh di energia elettrica, il biometano 26 TWh. Secondo l’European Biogas Association, queste due fonti insieme raddoppieranno la loro produzione al 2030 e la moltiplicheranno per 4 entro il 2050.

In base alle nuove direttive europee, l’Italia dovrà ridurre il conferimento in discarica al di sotto del 10% del totale prodotto. E raggiungere un tasso di riciclo effettivo del 65 per cento entro il 2035.

Secondo il Position Paper realizzato da The European House Ambrosetti nel 2019 il tasso di conferimento in discarica dell’Italia è stato del 20,9 per cento. Una percentuale 30 volte più alta rispetto a Svizzera, Svezia, Germania, Belgio e Danimarca.

Nei prossimi tre anni l’Italia esaurirà la capacità residua delle discariche. Rispetto alle prescrizioni del Circular Economy Action Plan europeo, siamo su una pessima strada. Per centrare gli obiettivi europei di circolarità dei rifiuti, serviranno circa 4,5 miliardi di euro per realizzare nuovi impianti. Investimenti che il settore privato è pronto ad avviare.

Per rispettare l’obiettivo europeo di riciclo effettivo del 65% al 2035, l’Italia dovrà raccogliere e trattare una percentuale di FORSU che si avvicina al 100%!

Gli impianti di biometano che la bozza di Decreto affosserebbe sono proprio quelle infrastrutture che servono (e che mancano) in Italia. Indispensabili per trasformare questi rifiuti in energia rinnovabile recuperando anche materia.

Le imprese italiane del biometano

Rappresentano un tessuto produttivo innovativo di bioeconomia. Si tratta di un comparto strategico in cui l’Italia vanta eccellenze a livello mondiale, in termini di competenze e tecnologie. E che potrebbe venir stroncato dall’attuale versione del Decreto biometano. A peggiorare saranno anche il già grave deficit impiantistico per il trattamento dei rifiuti e la disomogeneità territoriale. Quasi tutti gli impianti esistenti sono dislocati al Nord e i nuovi che il Decreto impedisce di realizzare dovrebbero essere allocati per l’80% al Centro-Sud.

Oltre a ridurre il ricorso alla discarica, colmare il gap impiantistico per il trattamento della frazione organica e il recupero energetico potrebbe generare in Italia vantaggi economici pari a quasi 12 miliardi di euro. Ed una riduzione di quasi 4 milioni di tonnellate di CO2.

Gli aspetti del Decreto sui quali è necessario intervenire

Nella lettera inviata al ministro Cingolani sono indicati gli aspetti del Decreto sui quali è necessario intervenire, con urgenza, per promuovere il biometano. E garantire la sostenibilità economica sia delle opere già realizzate, sia dei nuovi investimenti avviati, programmati o ancora da programmare.

Non bloccare la realizzazione delle iniziative già in sviluppo 

E’ necessario che agli impianti, che alla data del 31 dicembre 2022 siano in costruzione o siano oggetto di concessioni pubbliche o altre forme di partenariato pubblico-privato, sia consentito di mantenere l’attuale regime di incentivazione di cui al DM 2 marzo 2018 oggi vigente. Con l’obbligo di entrare in esercizio entro il 30 giugno 2026. E prevedendo un raccordo con il nuovo meccanismo di supporto successivamente al decimo anno dall’entrata in esercizio. Ciò anche per garantire continuità all’intero settore produttivo dei biocarburanti avanzati, atteso che gli obiettivi sottostanti l’attuale regime di sostegno sono stati solo parzialmente raggiunti. Un processo di notifica si renderebbe necessario solo dopo il 2023, essendo stato prorogato il Regolamento UE GBER fino al 31/12/2023.

Il nuovo regime dovrebbe prevedere un’adeguata tariffa per gli impianti di biometano da FORSU

Tariffa da collocare nel range 80-120 euro/MWh. In funzione della capacità dell’impianto, del fatto che esso sia di nuova realizzazione o il risultato di una riconversione. Dovrebbe inoltre essere confermata l’applicabilità dell’incentivo anche alla quota di biometano destinato all’autoproduzione di energia necessaria agli impianti. Solo così sarà possibile garantire lo sviluppo del biometano da FORSU, evitando l’ennesimo blocco del settore, di grandissimo impatto per stakeholder pubblici e privati.

Il contributo in conto capitale degli investimenti dovrebbe essere innalzato al 40%

Includendo tra le spese ammissibili anche gli impianti e le apparecchiature necessari alla fase di chiusura del ciclo dell’organico. Ossia per la fase di compostaggio o trasformazione del digestato, affinché la percentuale del contributo stesso non sia solo nominale.

Il termine di 18 mesi previsto per l’entrata in esercizio degli impianti dovrebbe essere esteso almeno a 36

Ciò salvo ritardi dovuti a ricorsi o a sospensioni dei lavori imputabili a terzi, in linea con i tempi medi di costruzione di un impianto di biometano da FORSU. Nonché con i tempi necessari per i collaudi, l’avvio del processo di digestione anaerobica e la connessione alla rete di trasporto e distribuzione del gas.

In coerenza con il decreto di recepimento della direttiva RED II, lo schema di decreto deve disciplinare la produzione di biometano da fonti quali il biogas da discarica e le riconversioni di impianti di biogas da digestione anaerobica da FORSU esistenti

Queste casistiche risultano escluse dagli allegati 1 e 2 dello schema di decreto. Ovvero dalle tabelle con i costi specifici di investimento massimo ammissibile e le tariffe di riferimento per gli interventi di realizzazione degli impianti. È pertanto necessario ovviare a questa limitazione.

Necessario ripristinare i contributi a fondo perduto

Di cui al DM 2 marzo 2018 oggi vigente per la produzione di biometano liquefatto (BML). Possono infatti avere un ruolo molto importante nella decarbonizzazione del segmento trasporti.

Biometano news

Redazione

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