cambiamento climatico

Cattura della CO2: un nuovo processo innovativo

Un nuovo processo di cattura della CO2 dove prima si cattura anidride carbonica da una fonte industriale, facendola reagire in un reattore per produrre una soluzione acquosa di bicarbonati di calcio e immagazzinandola successivamente in modo stabile nel mare.

Sono queste le caratteristiche salienti di una nuovissima soluzione messa a punto e presentata dal Politecnico di Milano insieme all’università di Milano-Bicocca dalla startup italiana, che l’ha sviluppata. E che promette di avere un ruolo nelle differenti strategie di sequestro e stoccaggio dei gas serra.

Un ambito importante quello della cattura della CO2 dall’atmosfera, per il raggiungimento degli obiettivi degli accordi di Parigi per limitare il riscaldamento globale non oltre i 2 gradi dall’epoca preindustriale, possibilmente fermandosi a 1,5 °C. Il ritmo con cui sarà possibile conseguire tali obiettivi dipenderà molto da quanto riusciremo a ridurre le emissioni di gas serra nei prossimi anni.

Molto diversificati sono le modalità di stoccaggio della CO2: nel suolo, nei mari e negli oceani, in specifiche formazioni geologiche, o in prodotti. Può anche avvenire attraverso il rimboschimento, pratiche agricole virtuose che incrementino il tasso di carbonio nei suoli, ma anche con la bioenergia, la cattura dall’atmosfera, l’alcalinizzazione degli oceani.

Come spiega Stefano Caserini, professore di mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano: Ogni opzione ha i suoi limiti, a livello di consumi energetici, a livello biofisico, o politico. Per questo è necessario un portafoglio di opzioni da poter selezionare zona per zona a seconda dei vantaggi.

La metodologia messa a punto da Limenet, dopo anni di ricerca che ha visto l’impegno di ricercatori e laboratori del Politecnico di Milano, consiste nell’accelerare il ciclo geologico del carbonio.

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Il sistema sviluppato, produce idrossido di calcio raccogliendo in speciali reattori la CO2 prodotta durante la fase di calcinazione. In questa fase viene poi mischiata con acqua di mare, e successivamente metà dello stesso idrossido di calcio prodotto, con il risultato della produzione di bicarbonati di calcio. L’altra metà dell’idrossido di calcio, considerabile quindi come decarbonizzato, viene utilizzato per rimuovere CO2 proveniente da fonti industriali o da dispositivi che catturano la CO2 dall’atmosfera. I bicarbonati di calcio sono poi destinati a essere rilasciati in mare, con il carbonio che così stoccato rimane immagazzinato per centinaia di migliaia di anni.

Si tratta di un risultato che non porta solo a ridurre il gas serra dall’atmosfera, ma può avere effetti di mitigazione anche per l’ecosistema marino. I bicarbonati di calcio depositati nel mare, infatti, ne garantiscono l’incremento di alcalinità, potendo così contrastare un processo di acidificazione che oggi non ha paragoni con gli scorsi 65 milioni di anni. Gran parte dell’energia e della CO2 che l’uomo ha immesso in atmosfera dall’inizio della rivoluzione industriale, è stata infatti assorbita proprio dagli oceani, con il risultato dell’incremento del tasso di acidità degli stessi, salito da allora già di ben il 30%.

Redazione

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