Case green e nuovo Patto di Stabilità: serve la Moneta Fiscale

Case green e nuovo Patto di Stabilità: serve la Moneta Fiscale. Un articolo di Stefano Sylos Labini

Case nuove a emissioni zero dal 2030, requisiti più stringenti di efficienza, piani nazionali di ristrutturazione e stop ai sussidi per caldaie a combustibili fossili. Tutto con l’obiettivo di azzerare le emissioni del parco immobiliare dell’Ue entro il 2050. La svolta dell’Europa sulle emissioni degli edifici pubblici e privati ha incassato il sì finale del Parlamento europeo. Il voto ha registrato 370 favorevoli, 46 astenuti e 199 contrari tra cui i partiti della maggioranza italiana di centrodestra. (vd. “Case verdi”, l’Europa approva la Direttiva sull’Efficienza Energetica)

Dopo il passaggio presso il Consiglio europeo, le capitali dovranno adesso valutare come aderire alla direttiva europea. E’ previsto che ogni Stato invii un piano nazionale di ristrutturazione con l’indicazione della tabella di marcia e degli obiettivi da seguire. Il piano andrà approvato entro il 2026 e andrà aggiornato ogni 5 anni. L’obiettivo è ambizioso: arrivare nel giro di 26 anni, cioè entro il 2050, a emissioni zero.

Secondo l’Istat oltre l’82% degli edifici in Italia sono residenziali. Cioè 12 milioni sui 14,5 milioni totali, con i restanti 2,5 milioni rappresentati da altre tipologie. Questi edifici sono mediamente “vecchi”: secondo l’Enea, quasi 6 su 10 hanno un’età media di 59 anni e la classe energetica attuale non è buona. Infatti, come rilevato, quasi la metà degli edifici residenziali attualmente presenti è in classe G oppure E, cioè le due più basse.

Dunque per ristrutturare gli immobili residenziali si profila uno sforzo titanico per le famiglie italiane che stanno attraversando un periodo di grande difficoltà. L’anno scorso, il 41% dei contribuenti italiani ha dichiarato un reddito inferiore ai 15mila euro. Ed il 13,5% dei contribuenti ha dichiarato tra i 15 e i 20mila euro. Oltre la metà dei contribuenti dunque ha quindi dichiarato al massimo 20mila euro. Solo il 11,5% ha dichiarato redditi fra i 35 e i 75mila euro. Appena l’1,3% ha dichiarato di guadagnare tra i 75 e i 100 mila euro l’anno. Infine i contribuenti che hanno dichiarato oltre 100mila euro sono l’1,4%.

In questo quadro il meccanismo dello sconto in fattura associato alla cessione del credito relativo ai bonus edilizi e all’ecobonus rappresenta uno strumento molto potente. Può permettere a chi non ha i soldi da anticipare e la capienza fiscale per sfruttare le detrazioni, di fare i lavori di ristrutturazione. La trasferibilità dei crediti fiscali permette infatti di creare immediatamente potere d’acquisto aggiuntivo e allo Stato di finanziare l’economia senza anticipare euro. Naturalmente lo sconto in fattura per funzionare deve essere associato alla cessione del credito. Cioè alla possibilità di monetizzare rapidamente e con un basso sconto finanziario i crediti fiscali.

I crediti fiscali trasferibili, e cioè la Moneta Fiscale, sono indispensabili anche alla luce del Nuovo Patto di Stabilità. Nel nuovo Patto di stabilità e crescita dell’Unione Europea, sono stati gravemente ristretti i parametri fiscali di Maastricht sul rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo e tra deficit e prodotto. Il nostro Paese, che ha un debito pubblico sul prodotto interno lordo fortemente superiore alla media dell’Unione, deve ridurre l’incidenza dell’1% in media all’anno. Inoltre, il rapporto tra deficit pubblico e prodotto interno lordo deve essere riportato al di sotto dell’1,5% alla fine del percorso.

In questo quadro la Moneta Fiscale può fornire autonomia e flessibilità al nostro Paese per attuare delle politiche economiche espansive evitando di chiedere soldi in prestito sui mercati finanziari. In una fase di ristagno economico con alti tassi di interesse questo è l’unico strumento che abbiamo a disposizione.

Le recenti stime del Financial Times hanno dimostrato che l’impatto dei crediti fiscali trasferibili nel settore edilizio è stato rilevante. L’Italia è stato il paese europeo con la ripresa maggiore nel periodo post covid sia livello di investimenti che di Pil.

Per quanto riguarda l’impatto sui conti pubblici, i dati indicano che il rapporto debito/Pil è diminuito di circa 18 punti percentuali dal 155% del 2020 al 137% del 2023.

Nel futuro le cose potrebbero peggiorare. I blocchi alla circolazione dei crediti fiscali hanno ostacolato la monetizzazione dei crediti fiscali e ne hanno fatto impennare lo sconto finanziario. Di conseguenza i cantieri si sono bloccati, le imprese sono andate a corto di liquidità e molte sono fallite, la disoccupazione sta aumentando. Ma questo scenario non è colpa della misura bensì delle sciagurate decisioni dei governi Draghi e Meloni.

In merito al deficit che è aumentato ben al di là delle previsioni, il governo avendo classificato i crediti fiscali come pagabili, li ha contabilizzati come maggiore spesa per l’intero importo all’emissione. In tal modo li ha potuti scaricare nei deficit degli anni passati quando non era in vigore il Patto di Stabilità. La caratteristica di un credito fiscale pagabile è quella di dare il diritto al rimborso cash per la parte che non viene portata in compensazione e per questo non può essere perso. I crediti fiscali del settore edilizio invece non danno il diritto al rimborso e in una certa parte sono stati persi dunque sono crediti fiscali non pagabili che vanno contabilizzati non all’emissione ma al momento dell’esercizio. Per questo i deficit calcolati dal governo sono da rigettare.

Per concludere, la Moneta Fiscale rappresenta una strada che il nostro Paese deve sfruttare nel modo più efficace per ristrutturare il patrimonio edilizio e per dare una spinta alla crescita dell’economia.

Redazione

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