Giovanni-B.-Girolomoni

Marche: 1° bio-distretto regionale nel segno di Girolomoni

Marche, primo biodistretto regionale italiano. Vi hanno aderito 2.202 aziende con una SAU di 79 mila ettari già biologica e di 19 mila ettari in conversione. L’equivalente di una città come New York.

Di distretti ce ne sono tanti. Di biologici anche. Ma sono di piccole dimensioni e in territori circoscritti. Di distretto biologico regionale ce n’è uno solo in tutta Europa. E’ quello nato nelle Marche. All’insegna dello slogan “La Biodiversità che ci unisce”.  “Oltre 100 mila ettari. L’equivalente di una città come New York”. Sottolinea Giovanni Battista Girolomoni, presidente del distretto il cui percorso è iniziato da pochi mesi.

Il presidente è Giovanni Girolomoni, “il figlio di Gino”

Una scelta quasi naturale quella dell’investitura di Giovanni BattistaFiglio di quel Gino Girolomoni pioniere del biologico ormai più di 50 anni fa. E’ stato lui ad aver fondato una cooperativa che oggi coinvolge oltre 400 produttori di grano, da loro stessi trasformato in una delle paste biologiche più vendute al mondo, direttamente dalla stessa cooperativa. Caso altrettanto unico nel panorama cooperativo.

Marche

Non una moda ma un sistema agricolo consolidato

Grazie al suo ostinato impegno (la sua storia è finita in libri e documentari) tante altre aziende hanno iniziato a praticare l’agricoltura biologica. Un metodo di coltivazione che nelle Marche non è una moda recente da intercettare. Ma qualcosa nel quale il sistema agricolo regionale crede molto e da molto tempo. Con risultati significativi che vanno oltre il caso Girolomoni.

Cereali, foraggi, ortaggi, carni bianche e rosse, olio

“Nella Marche – spiega il presidente del biodistretto – abbiamo grandi realtà agroindustriali e piccole imprese bio, molto diverse tra loro. Cereali, foraggi, ortaggi, carni bianche e rosse, olio d’oliva. Ma c’è un filo rosso che unisce tutte queste realtà. Il forte legame con la comunità che ha portato allo sviluppo di tutta la filiera bio. Con la completa tracciabilità che va dal campo alla tavola“.

I casi delle aziende Fileni e Maggi

Un altro esempio importante, oltre a Girolomoni, è quello dell’azienda Fileni. La più grande produttrice di carni bianche biologiche d’Europa che utilizza filiere locali per l’alimentazione dei suoi allevamenti. Oppure l’azienda del giovane Yuri Maggi, portata come modello di sostenibilità al G20 dell’agricoltura. Una realtà a impatto zero, del tutto autosufficiente dal punto di vista energetico.

Non solo agricoltura ma anche turismo e ristorazione

“Vogliamo fare come distretto del cibo progetti insieme anche ad aziende di altri comparti della nostra regione. Non solo quello agricolo”, dichiara Giovanni Girolomoni. “Viene subito in mente il turismo e la ristorazione. Ma estendo il pensiero anche a tutte le altre attività produttive che vorranno intraprendere con noi dei percorsi di sostenibilità all’insegna della coesione all’interno del distretto”.

La storia delle tre sorelle anche all’Expo di Dubai

Al presidente piace sempre raccontare, come ha fatto di recente in occasione della presentazione del biodistretto all’Expo di Dubai, la storia, ben conosciuta nella tradizione dei nativi americani, di una famiglia in cui c’erano tre sorelle, una diversa dall’altra e che si volevano bene. Ma che litigavano sempre. I genitori chiedevano aiuto alle figlie per le faccende, ma niente. Le tre sorelle era sempre impegnate a litigare e i genitori erano disperati.

Bio per emergere sul mercato nazionale ed estero

“Nel mercato del biologico oggi la concorrenza è molto forte e c’è bisogno di unione e di sapersi differenziarsi“, chiosa Giovanni Girolomoni. “Far sapere che il biologico nella regione Marche è unico in termini di qualità, sostenibilità e garanzie significa dotare le aziende del distretto di strumenti di comunicazione e marketing importanti per emergere sul mercato nazionale e internazionale”.

Coesione e cooperazione per crescere insieme

Completando il racconto della leggenda delle tre sorelle, l’aiuto arrivò dalla loro trasformazione in tre piante. Mais, zucca e fagiolo, viste come tre sorelle perché crescono nella stessa zolla di terra. Il mais fornisce una scala per la vite del fagiolo e insieme danno ombra alla zucca. “Se ambientassimo questa storia nelle Marche – conclude Girolomoni – potrebbe avere per protagonisti il grano, il favino e il trifoglio”.

Italia tra i primi Paesi UE dopo Spagna e Francia

Il rapporto “Bio in cifre” di Ismea-Sinab 2020 conferma il trend in continua crescita di superfici e operatori del biologico in Italia, tra i primi Paesi UE dopo la Spagna e la Francia.  Dal 2010 il numero degli operatori è cresciuto del 69%. Mentre gli ettari di superficie biologica hanno superato i 2 milioni di ettari. Il trend di crescita della SAU coltivata a biologico era del 2% nel biennio 2018-2020 e del 5% nel biennio 2019-2020.

Nelle Marche 4.000 agricoltori biologici

Nelle Marche i tassi di crescita del settore bio sono più alti rispetto a quelli nazionali, attestandosi nel biennio 2019-2020 al 7% di incremento. Con una SAU che ha raggiunto i 112 mila ettari. Gli agricoltori coinvolti hanno superato i 4 mila. Le Marche è tra le regioni con la crescita del numero di operatori più alta nel triennio 2018-2020, con un tasso di incremento pari al 28%.

Nella regione le aziende bio sono il doppio della media

Si registrano numeri positivi sia per quanto riguarda i dati strutturali legati alla produzione che quelli economici legati al mercato. La SAU marchigiana gestita con metodo biologico ha superato nel 2020 il 22% della SAU regionale. Ben oltre la media nazionale del 18,80%. Mentre l’incidenza delle aziende bio è si avvicina al 10% contro un 6% della media nazionale, quindi siamo quasi al doppio.

Un distretto con 2.202 aziende e 100 mila ettari

Hanno aderito al patto di distretto 2.202 aziende con una SAU di circa 79 mila ettari già biologica e di circa 19 mila ettari in conversione. Numeri imporanti per la realtà italiana, dunque. Con obiettivi di crescita ambiziosi che Giovanni Girolomoni sintetizza in un decalogo, una road map concreta e attuabile ma anche, se si vuole, una carta dei valori del bio distretto del cibo delle Marche.

La road map e carta dei valori in 10 punti

Al primo posto l’incremento della superficie agricola a bio. Quindi il potenziamento della ricerca, la sperimentazione e la formazione per migliorare la qualità e la produttività delle coltivazioni biologiche. Seguono la tutela della biodiversità in alternativa agli OGM e l’ostacolo al consumo del suolo, con in particolare il fermo alla progressiva perdita del suolo agricolo.

Con il bio crescerà anche l’attrattività turistica

E  ancora. Favorire e consolidare le filiere bio sia di prodotto che di territorio, estendere la certificazione fino alla tavola dei consumatori, promuovere il consumo nelle mense e nei circuiti commerciali, rendere il sistema alimentare più sostenibile anche a tutela della salute dei cittadini, diffondere il metodo bio nel settore zootecnico. E da ultimo, ma non ultimo, promuovere le Marche come regione biologica con una elevata qualità della vita per accrescere la sua attrattività turistica.

Link articolo originale TerraeVita

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Redazione

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