Il granchio blu ci ricorda l’importanza di rispettare il mare

Alberto Luca Recchi, esploratore, fotografo subacqueo e scrittore, ci invita a stare attenti, perché il granchio blu è un avvertimento che il mare ci manda.

Per un fotografo subacqueo, il granchio blu è una modella perfetta, perché ha grandi chele colorate, è lenta, poco paurosa e quindi facile da fotografare. Per uno chef è polpa saporita che non richiede grandi sforzi rendere appetitosa oltre a essere un piatto che costa poco. Per un allevatore di vongole invece è un incubo perche’ con le sue pinze potenti il granchio blu gli divora le vongole e gli mangia patrimonio e attività.

Insomma, il giudizio sul granchio blu dipende da chi lo emette. Ma i giudizi sono così: per noi, gli orientali sono gli asiatici, per gli asiatici gli orientali sono i californiani. Tutto è relativo.

Il granchio blu non è arrivato dalle coste degli Stati Uniti passeggiando, ce lo abbiamo portato noi, dandogli “un passaggio involontario” nelle zavorre piene di acqua delle navi

E siccome “il tipetto” si adatta facilmente, in qualche decennio ha invaso il Mediterraneo. Ma questo non lo abbiamo scoperto in queste settimane, lo sappiamo da anni. Quando però il problema ecologico diventa problema economico, tutti ne parlano: i media si interessano al problema e i politici invocano lo stato di calamità. È un classico.

Eppure la natura non fa sorprese, è solo l’insieme di chimica, fisica e biologia. In genere le specie convivono in equilibrio tra prede e predatori. In Atlantico, dove viveva il granchio blu, c’era sempre l’animale che lo mangiava. Talvolta allo stato larvale, talvolta allo stato adulto. Tartarughe, pesci, polpi e uccelli sono ghiotti di granchi blu. Ma noi abbiamo fatto fuori i suoi predatori uno dietro l’altro e ora ci lamentiamo.

Le tartarughe non hanno piu’ abbastanza spiagge per deporre le loro uova e ce ne sono rimaste così poche che quando se ne trova una presa a un amo, la Guardia Costiera la salva con dispendio di uomini e mezzi (e fa bene), dimenticando che stiamo parlando pur sempre di un rettile, anche se simpatico.

Di pesci e crostacei nel Mediterraneo ne peschiamo così tanti che due terzi di quelli che mangiamo siamo costretti a importarli dall’estero: le cozze dal Cile, i calamari dall’Argentina, i naselli dal Senegal, il pangasio dal Vietnam, i merluzzi dall’Alaska. I fondali di casa nostra li abbiamo ripuliti senza accorgercene, d’altronde, dopo che un peschereccio è passato il mare sembra lo stesso di prima.

Consideriamo il mare come un supermercato dove prendere quello che ci serve, come se gli scaffali si riempissero da soli

Quando avremo ripulito anche i fondali di altre nazioni (gli esperti prevedono tra una ventina di anni), ci sorprenderemo all’improvviso che non avremo più abbastanza risorse dal mare e invocheremo un nuovo stato di calamità. E nuovi sussidi.

Una numerosa popolazione di polpi sarebbe stata anche quella un buon rimedio contro il granchio blu, perche’ i polpi sono ghiotti di granchi, ma di polpi ne sono rimasti pochi perche’ noi italiani pretendiamo di mangiarli tutto l’anno e in tutta la penisola e il polpo di casa nostra, come specie, è davvero sfiancato.

Certo, ci rimarrebbero gli uccelli, anche loro potrebbero ridimensionare la popolazione di granchi blu, ma chi glielo fa fare a un gabbiano di affrontare chele robuste che possono staccargli un becco quando nelle grandi città si ritrova i sacchi della spazzatura da tutte le parti?

E così, senza predatori naturali, oggi ci resta puntare su padella, aglio e rosmarino. Ah, dimenticavo, e sui sussidi.

D’altronde i sussidi in mare sembrano essere la soluzione a molti problemi. Senza questi aiuti (che vengono dalle nostre tasse), si fermerebbe il 90% della pesca italiana che così dimostra di essere un’attività malata: perche’ un sistema che sopravvive solo grazie ai sussidi pubblici non può essere definito un settore economico sano, al massimo è un serbatoio di voti.

La lezione che ci danno questi granchi blu é ricordarci che il mare è un sistema delicato e complesso, un sistema che quando capisci che non sei in grado di riparare, non lo devi rompere.

Cosa fare ora?

I politici dovrebbero aumentare le riserve marine, ne servono almeno il 30%, invece sono solo il 5%, ma quelle vere anche meno perche’ nel 4% è consentita la pesca.
Noi invece dovremmo smettere di mangiare i super predatori del mare come squali (siamo i primi consumatori in Europa) e pesci spada. Gli squali, oltre a fare pochissimi figli, sono preziosi per la salute del mare. Un pescecane è più utile di un cane perché regola le popolazioni di specie in eccesso.

La pesca va ripensata. Se ben gestita, può garantire proteine e benessere per le future generazioni, ma così come è oggi, già non funziona più e non ha futuro.

E dimentichiamoci frasi a effetto come “pesce proveniente da pesca sostenibile”. La pesca su larga scala sostenibile non esiste. Quando si usa il termine sostenibile è solo marketing. Sostenibile vorrebbe dire mangiare solo i dividendi e non mangiarsi il capitale. Ma noi il capitale ce lo siamo già mangiato e ora stiamo pure addebitando il conto corrente ecologico dei nostri figli.

fonte articolo: Rai news: Alberto Luca Recchi: stiamo attenti, perché il granchio blu è un avvertimento che il mare ci manda – leggi anche È necessario avere cura del mare per salvare il Pianeta

Redazione

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