A Shell employee walks past the company’s new Quest Carbon Capture and Storage (CCS) facility in Fort Saskatchewan, Alberta, Canada, October 7, 2021. REUTERS/Todd Korol/File Photo

Idrogeno blu: le contraddizioni di Shell

Idrogeno blu. Una nuova inchiesta della ONG “Global Witness” evidenzia come il sito pilota CCS di Shell nell’Alberta canadese, dove sabbie bituminose, il combustibile più “sporco” al mondo, vengono “ripulite” per trasformarsi in idrogeno, non sarebbe in grado di catturare veramente la CO2. Il saldo emissivo ammonterebbe a +2,9 mln T di CO2 in 5 anni.

Hydrogen's Hidden Emissions

Nelle varie denominazioni “colorate” dell’idrogeno, accanto a quello “verde”, prodotto da fonti rinnovabili, vi sono altre sinistre colorazioni. Come quella “blu” che raggruppa applicazioni per la produzione di idrogeno da fonti fossili. Tra questi vi è appunto un nuovo impianto di Shell, il “Quest carbon capture and storage” di Edmonton. Si tratterebbe di un’etichetta di comodo della multinazionale petrolifera per nobilitare le famigerate sabbie bituminose. Peccato che il sito sembra produrre molte più emissioni di CO2 di quante ne catturi.

Shell inquadra il progetto come un test per affermare il proprio impegno a difesa del clima, basandosi sulla supposta sostenibilità dell’impianto. E soprattutto sull’efficacia dell’altrettanto discutibile tecnologia per la cattura e stoccaggio della CO2.

Ma i numeri racconterebbero una storia molto diversa. L’ONG Global Witness rileva come in 5 anni il progetto Quest avrebbe catturato 4,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica, emettendo però nello stesso arco temporale ben 7,7 mln di tonnellate.

In sostanza l’impianto, secondo le elaborazioni di Global Witness, inquinerebbe ogni anno come 1,2 milioni di veicoli diesel. Con appena il 48% delle emissioni di carbonio realmente catturate. Si tratta di una performance ben inferiore al tasso di cattura del carbonio del 90% promesso dall’industria per i progetti di idrogeno blu. Come se non bastasse il tasso scenderebbe ad appena il 39% includendo altre emissioni di gas serra prodotte nel sito.

Le precisazioni di Dominic Eagleton, Senior Gas Campaigner di Global Witness

“La promozione dell’idrogeno fossile da parte delle compagnie petrolifere e del gas è una foglia di fico che permette loro di portare avanti pratiche tossiche come l’estrazione e la combustione dei combustibili fossili. Il modo migliore per aziende come Shell per contribuire ad affrontare la crisi climatica è quello di eliminare gradualmente tutte le operazioni con i combustibili fossili, piuttosto che trovare modi per nascondere attività dannose per il clima dietro false soluzioni”.

La Redazione di Ecquologia

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