Green deal Ue. L’esecutivo di Bruxelles definisce gas e nucleare come attività verdi, ma sa benissimo che non è vero. Di Monica Frassoni

Green deal Ue: la Commissione cede alle lobby

Green deal Ue. L’esecutivo di Bruxelles definisce gas e nucleare come attività verdi, ma sa benissimo che non è vero. Articolo di Monica Frassoni.

Nel bel mezzo delle celebrazioni per il nuovo anno, la Commissione europea ha lanciato una breve consultazione (fino al 12 gennaio) per “esperti” degli stati membri (l’Italia è rappresentata da un funzionario del MEF) e la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile sulla sua proposta di atto delegato sull’introduzione di gas naturale e nucleare nella lista delle attività utili a realizzare l’obiettivo di zero emissioni nocive per il clima entro il 2050, la cosiddetta tassonomia per la finanza sostenibile.

La tassonomia fissa gli standard per definire una attività economica “sostenibile” secondo una serie di criteri a seconda della loro capacità di ridurre le emissioni e non danneggiare l’ambiente, elaborati per mesi da gruppi di esperti e approvati in una legge da Parlamento e Consiglio nel 2020.

È importantissimo notare che resta perfettamente legale continuare a investire in nucleare e fossile. Queste norme non proibiscono nulla. Esse hanno l’obiettivo di rappresentare una guida per gli investitori, i governi, le imprese. E possono rappresentare un potente aiuto alla finanza sostenibile, ancora oggi largamente insufficiente a coprire i costi della transizione.

Dall’approvazione della legge, la Commissione lavora sui cosiddetti atti delegati, in pratica dei decreti attuativi, che una volta presentati passano automaticamente. A meno che 15 Stati o il 65% degli europei o 353 deputati europei si oppongano entro 4 mesi. Questo atto delegato, un testo di una cinquantina di pagine di non facile lettura, di cui ha dato notizia il FT del 1°gennaio, tratta di uno dei temi più controversi e in ballo da mesi. Appunto il ruolo di gas e nucleare. Ad oggi non c’è una maggioranza di blocco per respingere la proposta della Commissione. Né se comprendesse gas e nucleare né se venissero esclusi. Si capiscono quindi le pressioni di stati membri, lobbies, ONG, istituti bancari, ecc. E le divisioni interne alla stessa Commissione. A dicembre, perfino il Consiglio Europeo ne aveva discusso senza trovare alcun accordo.

Comunicato di presentazione della Commissione 

Si ritiene “tenendo conto dei pareri scientifici e degli attuali progressi tecnologici che ci sia un ruolo per il gas naturale e il nucleare come mezzi per facilitare la transizione verso un futuro prevalentemente basato sulle rinnovabili.” Assicura che ci sono condizioni “chiare e rigorose” perché questo sia accettabile ed i criteri saranno rivisti regolarmente. E comunque gli investitori e le investitrici “potranno identificare se le attività includono il gas o il nucleare,” e in che misura, in modo da poter fare una scelta informata. Cioè la Commissione definisce gas e nucleare come attività verdi, ma sa benissimo che non è vero.

Solo da questa ultima rassicurazione, si capisce l’ipocrisia che sta dietro questo vero e proprio sabotaggio del Green Deal. Si sceglie il rischio di continuare a investire milioni di euro in tecnologie e carburanti che ci allontanano dall’obiettivo della neutralità climatica (emissioni zero) nel 2050. Nelle norme attuative, infatti, energie rinnovabili ed efficienza energetica rischiano di essere messe praticamente sullo stesso piano della costruzione di centrali nucleari secondo le tecnologie attuali fino al 2045 o impianti a gas a condizioni molto generose (270Gr diCO2 per KWh invece dei 100 inizialmente previsti). Condizioni praticamente inverificabili, cosi complicate da risultare fasulle.

Le reazioni estremamente critiche dei governi più “verdi” alla pubblicazione della proposta

Il ministro verde dell’ambiente lussemburghese Claude Turmes l’ha bollata come una provocazione. La ministra spagnola, la socialista Teresa Ribeira, come un segnale sbagliato per i mercati finanziari, perché gas e nucleare “non sono verdi”. Il neo-ministro tedesco, anche lui verde, Robert Habeck come un ”errore”. La ministra austriaca competente, l’ecologista Leonore Gewessler, ha già detto che attaccherà l’eventuale atto delegato in Corte di Giustizia, perché contraddice la legge del 2020. 

Chi spinge per gas e nucleare

Fino a poche settimane fa la posizione della Commissione non era chiara. Poi la Presidente stessa e il paladino del Green Deal Frans Timmernann hanno ceduto alle pressioni della Francia e al gran lavorio di lobby fossili e nucleari. Entrambe hanno bisogno per sopravvivere di enormi sussidi pubblici e investimenti privati. Macron ha astutamente promesso sostegno per l’inserimento nella tassonomia del gas in cambio di un sostegno eguale per il nucleare. E ha cosi portato con sé, oltre ai paesi dell’Est, anche l’Italia e la Germania il cui nuovo governo ha una posizione chiarissima sul nucleare (NO su tutta la linea) (Il Capodanno tedesco senza Nucleare), molto più sfumata sul gas.

Cosa si rischia

Eppure, inserire gas e nucleare a condizioni cosi poco stringenti oggi significherebbe togliere coerenza e senso allo stesso principio della Tassonomia. E rinunciare anche alle ambizioni dichiarate di fissare standard mondiali di finanza sostenibile. Non a caso, numerosi istituti finanziari hanno già detto che se gas e nucleare entreranno nella tassonomia europea continueranno ad utilizzare gli standard esistenti- Standard che, pur se parziali e in qualche modo autoimposti, escludono gas e nucleare. Ad oggi gli stessi Green Bonds emessi dalla Commissione per finanziare Next generation EU non prevedono né gas né nucleare

Il rischio è insomma che la Tassonomia europea perda anche in utilità. Questo è un punto molto importante. Come ha ben dimostrato il caso della mancata rinascita del carbone negli Stati Uniti, non è che con questa norma europea si determinerà lo stop alla progressione degli investimenti verdi. Ma non li renderà più semplici e competitivi. Soprattutto in un paese come l’Italia, fortemente dipendente dal gas e in enorme ritardo su efficienza energetica e rinnovabili. Ed in cui gran parte dell’establishment industriale, mediatico e politico rimane scettico sulla reale fattibilità di una rapida uscita dai fossili.

Potere investire ancora per un decennio minimo in impianti a gas, pur se con alcuni limiti, per di più potendoli etichettare come verdi, renderà ancora più difficili le scelte e confusi i messaggi all’opinione pubblica alla quale si racconta ogni giorno che l’aumento delle bollette è colpa della transizione. E non invece dei ritardi di investimenti, regole e ricerca per affrancarci dalla dipendenza dal gas e dalla struttura della fissazione dei prezzi.

Ci sono ancora 10 giorni prima che gli esperti nazionali si pronuncino e alcune settimane prima che la Commissione pubblichi la sua proposta definitiva. La battaglia si concentrerà probabilmente sui criteri di ammissione alla tassonomia verde più che sui principi generali.

Comunque andrà, è chiaro purtroppo che l’Italia sta ancora una volta dalla parte sbagliata. Dopo il Manifesto di Confindustria che conteneva la richiesta esplicita di sabotare la Tassonomia, sostenuta con entusiasmo da Cingolani, il dibattito è come sempre viziato per lo più dall’idea che “transizione” e “ sostenibile” siano la stessa cosa. E che è meglio quindi continuare a buttare soldi pubblici e sostenere fonti fossili piuttosto che puntare rapidamente su rinnovabili ed efficienza, appunto dando a queste tecnologie e fonti energetiche la priorità in termini di investimenti e risorse.

La realtà dimostra che non è sempre vero che per passare da carbone alle rinnovabili sia necessario passare per il gas. E definire “verdi” gas e nucleare non ci aiuterà a stabilizzare i prezzi dell’energia. La morale è sempre quella e vale sia in Italia che in Europa. Non ci può essere transizione verde senza ecologisti al governo. L’urgenza di agire non è ancora passata nella politica “main-stream” con conseguenze molto gravi. Cosa che impone a chi invece la riconosce, e non da ora, di riunire le forze e aumentare pressione e mobilitazione.

Redazione

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