Orbetello: la Vendetta della Laguna

Dopo il precedente articolo, che ha riscosso un grande interesse da parte di cittadini e mass media, Giancarlo Busti torna ad affrontare la nota vicenda della moria di pesci nella Laguna di Orbetello con nuove riflessioni e proposte.

Moria di Pesci nella Laguna di Orbetello: Una proposta per risolvere la Crisi Ecologica 2 – La
Vendetta.

Capita qualche volta che mi risvegli improvvisamente coinvolto in situazioni dalla gestione, per così dire, complessa. Ma non capita solo a me. Sembrerebbe che sia radicata nell’intima natura dell’uomo la tendenza a complicarsi la vita. Non solo a se stesso, ma spesso anche agli ecosistemi che lo circondano.

Quello dell’eutrofizzazione che recentemente ha colpito la laguna di Orbetello è il classico esempio creato dall’uomo. E prima o poi scopriremo chi è questo “uomo”, perché sembra sempre che noi non c’entriamo nulla.

Il problema sorge perché, una volta disturbato, l’equilibrio ecologico ha la tendenza a “vendicarsi”. Ed è una vendetta della quale non riusciamo ancora a capire quanto sarà tremenda. Inutile scomodare Rigoletto perché non ci potrà aiutare.

Orbetello

Alla fine abbiamo capito il significato della parola Eutrofizzazione?

Per quelli che fossero rimasti indietro, ecco una breve definizione di eutrofizzazione. “Un processo in cui un eccesso di nutrienti, principalmente nitrati e fosfati, fa prosperare le alghe, con conseguenze nefaste”.

Quindi si tratta fondamentalmente di fertilizzanti e qui “l’uomo”, quello di prima, dimostra una eccezionale capacità di “fertilizzare” anche dove non dovrebbe, come se ogni corpo idrico fosse un campo da concimare. Tra le altre cose Orbetello ha una lunga tradizione in materia di fertilizzanti.

A proposito, non sarebbe il caso di capire perché per la ex fabbrica ancora non si è provveduto alla bonifica? Sarà anche questa de “l’uomo” del quale si parla tanto o esiste un proprietario?

Normalmente, ma non è di certo normale, le pratiche agricole moderne fanno largo uso di fertilizzanti chimici, ricchi di nitrati e fosfati, per aumentare la produttività delle colture. Tuttavia, questi nutrienti non vengono completamente assorbiti dalle piante e possono essere facilmente trasportati dalle piogge o dall’irrigazione nei corpi idrici vicini.

Questa pratica è in voga da decenni ma, sinceramente, è assurda. Non per insegnare il mestiere ai contadini, ma la pratica dell’aratura e della concimazione chimica può essere controproducente per diverse ragioni. Soprattutto se confrontata con tecniche di lavorazione più superficiali.

L’aratura profonda disturba la struttura naturale del suolo, rompendo gli strati consolidati che ospitano microrganismi vitali come i batteri aerobici (che vivono vicino alla superficie) e quelli anaerobici (che vivono in profondità). Questi microrganismi svolgono ruoli cruciali nella decomposizione della materia organica e nel ciclo dei nutrienti. Quando si rivolta la terra, si espongono i batteri anaerobici all’ossigeno, uccidendoli, e si sottraggono i batteri aerobici dall’aria, interrompendo così i processi naturali di fertilità del suolo. Questo porta a una diminuzione della fertilità naturale del suolo, poiché i nutrienti naturalmente presenti negli strati superiori vengono mescolati con quelli più profondi, che possono essere meno ricchi.

La conseguenza diretta è esaurimento dei nutrienti disponibili per le piante, spingendo gli agricoltori a ricorrere a concimi chimici, che nel lungo periodo possono impoverire ulteriormente il suolo.

L’aratura eccessiva aumenta poi il rischio di erosione del suolo, specialmente in terreni collinari o in aree con forti piogge. Quando la struttura del suolo viene disturbata, la sua capacità di trattenere l’acqua si riduce, aumentando il deflusso superficiale. Questo deflusso può trasportare sabbie e altre particelle verso corsi d’acqua, contribuendo all’intasamento di fiumi e lagune, e aumentando il rischio di inondazioni.

Ora è vero che direttamente sulla laguna insistono “soltanto” una ventina di chilometri quadrati di coltivazioni più o meno intensive, ma il fiume Albegna, che alimenta la Laguna di Ponente, tramite il canale Fibbia (che non so se viene monitorato) con una parte dei suoi 11 mc al secondo di portata raccoglie un po’ di tutto lungo i suoi 70 km di lunghezza ed i suoi 910 kmq di bacino.

In quest’area promuovere una lavorazione più superficiale che favorisca il mantenimento di una struttura più stabile del suolo preservando gli strati microbici, favorirebbe un ambiente più sano per i microrganismi benefici che continuerebbero naturalmente a decomporre la materia organica e mantenere la fertilità del suolo riducendo la necessità di input chimici e preservando le campagne dal dilavamento con le conseguenze note sui corsi d’acqua e sulla laguna.

Oltretutto tutto questo viene a vantaggio della qualità del prodotto ed inviterei tutti a considerare come questo sia il campo dove dobbiamo assolutamente confrontarci a livello internazionale, dato che sull’intensivo abbiamo già perso tutte le partite tra concorrenza dei paesi in via di sviluppo e quote di mercato europee assegnate.

Parlando di sostenibilità a livello globale, l’uso ridotto di concimi chimici e una lavorazione meno invasiva del suolo hanno anche altri benefici ambientali, riducendo il rilascio di gas serra legati alla produzione e all’applicazione di fertilizzanti, e limitando l’inquinamento dei corsi d’acqua da nutrienti e pesticidi.

Per quanto si possa sostenere che l’apporto di fertilizzanti e nutrienti da parte delle coltivazioni, sempre più biologiche, non sia così significativo nel caso della nostra laguna, si deve considerare il fatto che questo avviene da decenni. Ed un ambiente chiuso come questo difficilmente riesce a smaltire il carico di inquinanti che è destinato ad accumularsi. Come il catrame nei polmoni di un fumatore che, dopo avere smesso, ha bisogno minimo di quindici anni perché il rischio di malattia coronarica e infarto sia pari a quello di una persona che non ha mai fumato. (fonti: American Cancer Society; Centers for Disease Control and Prevention).

Sono sicuro che con questo esempio mi sono fatto qualche nuovo amico.

L’accumulo di nutrienti nella laguna non solo ha alterato forse irrimediabilmente l’equilibrio ecologico, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia locale legata a pesca e turismo, che hanno subito danni significativi a causa della degradazione dell’ambiente lagunare.

Parliamo allora anche un po’ di acquacoltura additata da molti come una delle cause della crisi in corso.

La Laguna di Orbetello, con le sue acque salate e salmastre e un clima quasi sempre perfetto, è diventata il teatro ideale per il fiorire delle attività di pesca e acquacoltura.

Il primo allevamento di pesce nella laguna di Orbetello risale al XVIII secolo. L’attività di acquacoltura nella laguna ha una lunga storia, in quanto l’area è stata utilizzata per la pesca fin dall’epoca etrusca e romana. Tuttavia, è durante il XVIII secolo che si cominciò a sviluppare un sistema organizzato di allevamento di pesci, con l’introduzione di tecniche di gestione delle acque e delle specie ittiche.

Nel corso del tempo, queste attività si sono evolute, adattandosi ai cambiamenti ambientali e tecnologici, e oggi la laguna di Orbetello è conosciuta per la sua produzione di spigole, orate e altre specie ittiche con allevamenti sia estensivi che intensivi.

L’allevamento estensivo nella Laguna di Orbetello sfrutta l’ambiente naturale come una sorta di buffet per i pesci, lasciandoli crescere in modo autonomo e competitivo, senza troppi interventi da parte dell’uomo. Il vero genio dietro questo metodo è che i pesci si nutrono delle risorse già presenti nella laguna, mantenendo i costi al minimo. L’orata si è rivelata la star dello show, adattandosi perfettamente all’ambiente senza alterarne gli equilibri naturali.

In pratica, questa tecnica non solo rispetta l’ecosistema, ma lo migliora anche, evitando problemi come l’eccesso di microalghe. È un perfetto esempio di come l’attività produttiva possa andare a braccetto con la conservazione ambientale, con un tocco di eleganza tutta naturale. Oltretutto i pesci sono nemici giurati dei granchi e costituiscono attualmente l’unica barriera naturale alla proliferazione indiscriminata del famigerato e famelico granchio blu le cui larve sono venute a far parte del buffet già citato.

Viceversa gli allevamenti intensivi possono contribuire all’eutrofizzazione delle acque lagunari, causata dall’eccessivo apporto di nutrienti (come azoto e fosforo) derivanti dai mangimi utilizzati per i pesci. Anche in questo caso?

Negli anni ’70, quando le tecnologie moderne erano solo un sogno nel cassetto, alcuni pionieri coraggiosi decisero di sfruttare al meglio questo ecosistema unico per produrre spigole, aprendo la strada a un’industria che ha trasformato l’economia locale.

Il segreto di questo successo? Contrariamente a quanto si possa pensare, l’acqua degli impianti non viene prelevata dalla laguna ma dal sottosuolo. È acqua che ha una temperatura costante intorno ai 20°C, ideale per un accrescimento costante e rapido dei pesci. Nei pressi di Ansedonia esistono queste falde acquifere profonde nel calcare cavernoso. Sono acque batteriologicamente pure, ma totalmente prive di ossigeno che deve essere insufflato.

Quando ha finito il suo lavoro, l’acqua non viene semplicemente gettata via, ma passa attraverso un percorso di depurazione fatto di vasche di decantazione che portano i parametri dell’acqua ai livelli di purezza imposti dalla norma, “una passeggiata de salute”, dove viene purificata e resa sicura per il ritorno alla natura. Questo non avviene in ogni caso in laguna ma, sfruttando i cicli della marea, direttamente in mare tramite il canale di Ansedonia.

In ogni caso le acque di Laguna di levante, ovvero dove insistono gli impianti di acquacoltura, in media hanno dei valori fisico chimici migliori di quelli della Laguna di Ponente, anche perché l’apporto dell’acqua degli impianti accresce il livello della laguna e ne facilita il deflusso.

Faccio fatica a correlare l’eutrofizzazione della laguna di Ponente con gli allevamenti vista la distanza di questi, ma ad ogni buon conto invochiamo maggiori controlli negli allevamenti e togliamoci il dubbio.

In questo contesto, l’equilibrio tra sfruttamento economico e tutela ambientale sembra quasi una danza ben orchestrata. Il risultato? Un ecosistema che non solo regge il peso delle attività umane, ma ne trae anche beneficio, dimostrando che con un po’ di ingegno e rispetto per la natura, è possibile fare affari senza danneggiare l’ambiente. In sostanza, un esempio brillante di come la tradizione possa incontrare la tecnologia per creare un ciclo virtuoso, dove ogni goccia d’acqua conta e ogni pesce può nuotare tranquillo. D’altronde la qualità del pesce proveniente dalla laguna e rinomata ovunque.

Le conoscenze accumulate nel tempo sono passate di mano in mano come una preziosa eredità familiare, rafforzando sempre più questo settore. Ed è così che la pesca e l’acquacoltura hanno trasformato la Laguna di Orbetello in una vera e propria miniera d’oro per l’economia locale, contribuendo allo sviluppo economico e sociale della zona. Non vorrei che sembrasse chi io voglia assolvere a tutti i costi le pratiche di allevamento, ma vorrei che fosse chiaro che la salvaguardia della laguna passa anche per la salvaguardia delle attività che da questa traggono profitto perché questa è sempre stata la strada per mantenerla viva.

Sembrerà assurdo ma la situazione ambientale della laguna ha iniziato a degradarsi grazie al fatto che il canale di collegamento tra la inquinante SITOCO e Santa Liberata ha smesso di essere percorso, e quindi di essere dragato regolarmente, il che contribuiva ad un maggior ricambio di acqua.

Anche le acque reflue urbane e industriali, se non adeguatamente trattate, contengono elevate concentrazioni di nutrienti, soprattutto fosforo e azoto. Gli impianti di trattamento delle acque reflue possono non essere sempre efficaci nel rimuovere completamente questi nutrienti, che finiscono quindi per essere rilasciati nell’ambiente. Questo succede spesso nelle aree turistiche che hanno proprio in estate, la stagione critica, un incremento di presenze che portano gli impianti di depurazione al limite ed oltre le proprie capacità operative.
Questo contribuisce ulteriormente all’eutrofizzazione, favorendo la proliferazione delle alghe e degradando la qualità dell’acqua.

Nel nostro caso si può semplicemente andare a leggere le cronache del 2022 per trovare la notizia degli sversamenti intenzionali in laguna di reflui tossici da parte del depuratore di Terrarossa di Monte Argentario gestito da Integra Concessioni (con sede a Vicenza) in project financing per conto del commissario delegato al Risanamento della Laguna di Orbetello. Il solito poco Project e tanto Financing, fraudolento. Vediamo cosa deciderà la magistratura a tal proposito.

L’espansione urbana degli ultimi decenni ha portato alla costruzione di infrastrutture in aree che una volta fungevano da filtri naturali per le acque piovane, come le zone umide. L’impermeabilizzazione del suolo attraverso asfalto e cemento ha aumentato il deflusso superficiale, che trasporta rapidamente eventuali nutrienti e inquinanti dalle aree urbane alla laguna. Inoltre, la perdita di habitat naturali riduce la capacità dell’ecosistema di autodepurarsi e di assorbire i nutrienti in eccesso.

E allora? Benvenute alghe, care, buone, vecchie alghe e addio pesci e salute dell’intero ecosistema. Alghe che fanno festa mentre tutto il resto intorno muore grazie alla straordinaria capacità de “l’uomo”, quello e solo quello, di nutrire le acque e soffocare il resto, senza nemmeno più la vecchia Vanna Marchi che ne esalta le proprietà snellenti ma una intera città in ginocchio costretta a respirare miasmi venefici e subire danni economici in attesa dei soliti, ridicoli ristori statali. D’accordo?! Credo di no.

L’aumento delle temperature ha poi dato il colpo di grazia ad un equilibrio così fortemente compromesso.

Non ci resta che combattere il riscaldamento globale. Cosa così grande ed ingombrante da non sembrare neanche un problema reale. Ma tanto si può fare ed una cittadina come Orbetello potrebbe immediatamente abbattere la temperatura del microclima locale sfruttando le risorse geotermiche che, soprattutto d’estate con i climatizzatori d’aria domestici, subiscono un incremento importante. Ma questo è un altro articolo.

“L’uomo” ha disimparato a considerare il tempo come uno dei fattori chiave dello sviluppo, che così diventa insostenibile finendo per negare il rapporto con l’ambiente in cui vive e le conseguenze sono tutti i giorni più evidenti. Il carico umano sulla laguna era una volta ragionevole e l’ambiente riusciva a sopportarlo egregiamente. Ora non lo è più e per affrontare questi problemi una volta usciti dall’emergenza, è necessaria una gestione integrata che includa quanto scritto finora oltre la salvaguardia delle zone umide e altri ecosistemi naturali.
Questi interventi possono aiutare a prevenire l’eutrofizzazione e a ripristinare la salute della laguna, garantendo la protezione a lungo termine di questo importante ecosistema.

Dragare, ossigenare, raccogliere e trasformare le alghe come abbiamo proposto nell’articolo precedente, sono l’affanno al quale siamo costretti adesso dopo decenni di sfruttamento e di carico sull’ambiente, ma dobbiamo recuperare innanzitutto il rapporto con la vendicativa natura se vogliamo sopravvivere, perché alla fine vincerà sempre lei, in un modo o nell’altro.

https://ecquologia.com/laguna-di-orbetello-una-proposta-per-risolvere-la-crisi-ecologica/

Redazione

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