Stealing time or time theft as an employee getting pay for work not done also as an idea for procrastination or procrastinate psychology with 3D illustration elements.

Come il Tempo è diventato una Merce

Il tempo che cambia il tempo. L’analisi di Davide Mazzocco, giornalista e scrittore, autore di “Cronofagia”.

La natura strumentale del tempo ha strumentalizzato le esistenze e il tempo è diventato una merce

Le sfide globali imposte dall’attuale crisi socio-ambientale devono passare anche attraverso una radicale rivoluzione del rapporto fra la nostra società e il tempo. La presa di coscienza del valore del tempo non può essere limitata a quello del lavoro e della produzione, ma deve estendersi a quello che definiamo libero e che è oggetto di una perenne monetizzazione da parte di coloro che alimentano i consumi di massa. L’unico spazio temporale realmente libero è quello del sonno. Ed è per questo che assistiamo alla sua progressiva diminuzione (dalle dieci ore medie di inizio Novecento alle sei ore e mezza attuali).

Da quando si è iniziato a misurare lo scandire delle ore è stato il potere a normare il tempo. Dove furono installati i primi orologi pubblici? Sui campanili delle chiese e sulle facciate dei palazzi comunali, ovvero sugli edifici del potere spirituale e temporale. Quando si è dovuto fissare un tempo coordinato universale da dove si è fatta partire l’ora media? Dalla londinese Greenwich, nella periferia di una delle capitali economiche globali. 

La natura strumentale dell’incedere delle lancette ha strumentalizzato le nostre esistenze. In questo contesto, il tempo è diventato prima una merce da vendere ai consumatori, poi una dimensione da cui generare valore attraverso l’estrazione di dati. Alla fine degli anni Sessanta, il sociologo Guy-Enest Debord aveva già colto il paradosso di questa tendenza sottolineando come le persone acquistassero prodotti surgelati per cucinare velocemente per trascorrere il tempo risparmiato davanti al televisore. Ora che gli apparecchi televisivi sono stati sostituiti dagli smartphone, il tempo di permanenza sulle piattaforme digitali è diventato una merce di scambio strumentale alla raccolta delle informazioni necessarie a nutrire i Big Data che orientano i mercati. Secondo il principio per cui “se il servizio è gratis il prodotto sei tu”, la precisione nella profilazione dei consumatori e il suo potenziale valore economico è direttamente proporzionale al tempo che gli utenti trascorrono sul web. 

Tecnologie ambigue

Sempre più ricerche hanno mostrato l’ambivalenza nell’utilizzo delle tecnologie. Il tempo recuperato da un’invenzione come l’aspirapolvere è stato parzialmente eroso dall’aumento degli standard delle pulizie domestiche. Le tecnologie avrebbero dovuto liberare il tempo delle persone eppure – specialmente nelle grandi metropoli – nascono nevrosi legate alla perenne carenza di questa dimensione così importante per il benessere psicofisico.

Nel suo “Accelerazione e alienazione”, il filosofo Hartmut Rosa dimostra come in alcuni contesti le tecnologie che avrebbero dovuto velocizzare i processi li hanno in realtà rallentati. L’esempio più emblematico è quello dell’utilizzo delle automobili nelle grandi città. Nelle ore di maggiore traffico muoversi a una media di 20 km/h è praticamente impossibile e una bicicletta permette di spostarsi a una velocità superiore a quella di un autoveicolo (con benefici psicofisici scientificamente confermati). Una ricerca condotta nel 2020 da ADAC (omologa tedesca della nostra ACI) ha quantificato in 79 le ore perse in coda dagli automobilisti di Monaco di Baviera, praticamente due settimane di lavoro… Continua a leggere gratis su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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