Carbon Management: intervista a Cristiano Alviti di Indaeco

Le aziende, per ridurre la propria impronta di carbonio, spesso hanno bisogno di supporto. Intervista di Tiziana Giacalone, giurista ambientale, a Cristiano Alviti, CEO e Sustainability Manager di Indaeco.

EMISSIONI – Ridurre l’impronta

Indaeco: la consulenza per calcolare e abbattere l’impronta di carbonio delle aziende in linea con l’Agenda Onu 2030 e l’obiettivo UE di neutralità climatica al 2050. Indaeco è una società che si occupa di sviluppo sostenibile con l’obiettivo principale di “defossilizzare” l’economia intervenendo nei processi aziendali. L’attività di consulenza della società, che ha sede a Roma, si svolge nell’ambito di quattro 4 aree: carbon management, gestione ambientale, bilancio di sostenibilità e transizione ecologica. Un team di esperti – con competenze multidisciplinari – supporta le aziende nel calcolo della loro impronta di carbonio e promuove l’adozione di processi e soluzioni per la transizione ecologica. Ne abbiamo parlato con Cristiano Alviti, CEO e Sustainability Manager di Indaeco, per conoscere meglio le attività del carbon management, ovvero la gestione delle emissioni di CO₂, partendo dalla verifica dell’impronta di carbonio fino all’elaborazione di un piano per la riduzione degli impatti.

Qual è l’obiettivo di Indaeco?

«Il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e del carbon neutral dell’UE al 2050 coinvolgeranno sempre più operatori nel percorso che porterà gradualmente alla riduzione delle emissioni. In questo contesto Indaeco sviluppa una serie di attività come advisor di guida per coloro che non sono preparati con competenze, analisi e metodologie interne ad affrontare questo tipo di piani di decarbonizzazione che preferisco chiamare “defossilizzazione”».

«Ricordiamo che il carbonio svolge un ruolo determinante per la struttura, la biochimica e la nutrizione di tutte le cellule, è un elemento alla base della vita nostra e delle altre specie viventi. Il problema non è il “carbonio” in sé, quanto il fatto che ci sia uno sbilanciamento nel suo ciclo, poiché l’uomo ne sta trasformando enormi quantità giacenti allo stato fossile (geosfera), in cui è innocuo, a quello gassoso (atmosfera), determinando l’effetto serra alla base del cambiamento climatico e del riscaldamento globale che stiamo vivendo e tentando di fermare».

Quali caratteristiche hanno le aziende alle quali proponete i percorsi per inquinare sempre meno?

«Partiamo dal presupposto che ci sono settori industriali che sono molto più inquinanti rispetto ad altri. Distinzione individuata dal protocollo di Kyoto che ha introdotto per la prima volta gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Poi è arrivato l’Accordo di Parigi con nuovi obiettivi e le azioni da adottare per ridurre l’impatto a livello globale. I settori industriali più impattanti rientrano nel sistema cosiddetto Ets (Emission trading sistem) di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra. I soggetti attivi in questi settori industriali sono già preparati a misurare i loro impatti emissivi. Per la maggior parte degli operatori italiani la misurazione del loro impatto in termini di carbonio è invece una novità. Inoltre, tante aziende che producono beni o offrono servizi non hanno al loro interno competenze specifiche. Noi li supportiamo nell’individuazione delle emissioni e nella pianificazione per ridurle».

In che cosa consiste l’attività di carbon management?

«Le norme dell’Unione europea obbligano gli operatori a fare la rendicontazione sulla loro sostenibilità. L’obbligo non riguarda solo le grandi organizzazioni quotate e nei prossimi anni saranno sempre più numerosi i soggetti coinvolti in un processo di maggiore trasparenza sull’impatto ambientale delle aziende che – oltre a adeguare i loro sistemi di produzione – chiederanno ai loro fornitori di misurare la propria carbon footprint. Con l’attività di carbon management andiamo ad analizzare i processi aziendali e individuiamo quelli che più di altri sono impattanti. La fase successiva alla misurazione della propria carbon footprint riguarda la pianificazione di interventi che gradualmente andranno a ridurre le fonti emissive. Del resto da un giorno all’altro non si può passare da inquino a non inquino».

Ci può fare qualche esempio su come Indaeco, in concreto, interviene nei processi aziendali?

«Prendiamo l’esempio di un’azienda che fornisce servizi finanziari e tecnologici. Dopo aver fatto una serie di valutazioni e calcoli sull’impronta di carbonio abbiamo individuato la carbon footprint corrispondente a 71.817 tonnellate di CO₂, l’anno. Abbiamo dunque consigliato un percorso di riduzione delle emissioni con interventi sulla mobilità aziendale. Nello specifico la pianificazione prevede un passaggio ai biocarburanti e in seguito l’elettrificazione del parco macchine»… Continua a leggere gratuitamente l’intervista su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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