Sulla difesa climatica sta nascendo il blocco Ue/Usa/Cina/Giappone (di R. Muroni)

Pubblichiamo di seguito una riflessione di Rossella Muroni sulla evoluzione degli scenari internazionali sui cambiamenti climatici, pubblicata dall’Huffington Post.

Azioni epocali, audaci, chiare: per affrontare la crisi climatica spero per l’Italia in un Governo con la stessa ambizione, la stessa coerenza e la stessa visione dimostrate da Biden. Gli Usa, con il nuovo presidente, diventano leader mondiali nella lotta al cambiamento climatico.

Tra i primi atti della nuova amministrazione ci sono, infatti, non solo il rientro degli Stati Uniti nell’Accordo sul clima di Parigi, ma anche la decisione di bloccare le trivellazioni nell’Artico, lo stop definitivo al controverso oleodotto Keystone XL e una vera e propria raffica di ordini esecutivi che rappresentano una completa inversione di rotta rispetto all’era Trump. I decreti di Biden vanno dallo stop alle trivellazioni per estrarre gas e petrolio all’eliminazione dei sussidi fossili, dalla prescrizione per le agenzie federali di dotarsi di veicoli elettrici ad emissioni zero prodotti negli Usa – per aiutare sia l’ambiente che il lavoro – all’istituzione di un ufficio che si occuperà di politica climatica guidato da John Kerry e Gina McCarthy. Dagli obiettivi per la riforestazione e per la conservazione del 30% di terre e acque oceaniche nei prossimi 10 anni, a quelli ancor più ambiziosi sulla decarbonizzazione: entro il 2035 target zero emissioni per la produzione elettrica, entro il 2050 ‘net zero economy’.

Come se tutto ciò fosse poco, gli Usa si candidano a ospitare un summit sul clima con i leader mondiali in aprile, in occasione della Giornata della Terra. Perché, come aveva già fatto capire in campagna elettorale, il nuovo presidente Usa considera la febbre del Pianeta la “più grande minaccia” attuale. Della serie, bentornata America! Avere gli Stati Uniti in campo schierati per la lotta alla crisi climatica è il fattore che può spostare il baricentro di questa sfida dalla parte giusta.

Come ha detto anche il vicepresidente esecutivo della Commissione europea e commissario per il Clima con delega al Green Deal Frans Timmermans, in una intervista all’HuffPost, “il lavoro congiunto con gli Usa assicurerà più forza al processo e maggiori possibilità di ottenere buoni risultati” alla Conferenza Onu sul Clima di Glasgow (COP26). Anche perché intanto, seguendo l’esempio dell’Europa, anche il Giappone e altri Paesi si sono impegnati a divenire carbon neutral a metà del secolo, mentre la Cina ha dichiarato di voler puntare al medesimo obiettivo al 2060. Alla COP 26 avremo, dunque, allineati su posizioni avanzate Europa, Stati Uniti, Cina e Giappone. Che come sappiamo rappresentano alcuni degli Stati e delle Unioni che maggiormente contribuiscono alle emissioni globali. Il nuovo protagonismo degli Usa, inoltre, potrebbe essere un ulteriore stimolo per l’Europa a fare di più.

Finalmente c’è un fattore che può determinare il successo del mondo nella sfida climatica. Anche perché se davvero questo blocco arrivasse con posizioni coordinate a Glasgow, anche il resto del mondo, compresi Paesi che hanno una minore responsabilità storica per le emissioni, potrebbe decidere che vale la pena impegnarsi per uno sforzo maggiore. È la scommessa su cui sembra puntare il vicepresidente esecutivo della Commissione europea nella medesima intervista.

In questo nuovo scenario è necessario che anche l’Italia dimostri lo stesso protagonismo dei grandi nella sfida del clima. Si può fare, abbiamo le innovazioni e le tecnologie per farlo. Ma ci servono più ambizione e coraggio di quelli dimostrati sinora.

Rossella Muroni

Link articolo originale Huffington Post

Redazione

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