Bio alianti per il monitoraggio ambientale
Il loro compito è quello di monitorare le condizioni degli ecosistemi, ad esempio nel sottosuolo delle foreste. E di ridursi in polvere una volta terminato il proprio lavoro. Si tratta di bio alianti modellati sul cetriolo di Giava, che fa volare i suoi semi per decine di metri nell’aria. I ricercatori dell’Empa hanno sviluppato questi sensori volanti sostenibili a partire da amido di patata e rifiuti di legno.
Il seme del cetriolo di Giava, che affascina da oltre un secolo l’umanità, è fonte di ispirazione nell’ambito della innovazione tecnologica. Era infatti l’inizio del 1900 quando i primi pionieri del volo osservavano la stabilità con cui questo prodigio della natura, originario dell’arcipelago malese, riusciva a fendere l’aria, garantendo così la riproduzione della pianta.
Ed è proprio la forma di questa pianta ad ispirare i ricercatori dei Laboratori federali svizzeri per la scienza e la tecnologia dei materiali (Empa). Hanno sviluppato dei bio alianti per il monitoraggio ambientale basandosi proprio sulla forma del seme del cetriolo di Giava. Munito di due ali membranose e trasparenti che si estendono su entrambi i suoi lati, ne permettono così il volo per decine di metri. Infatti il seme del cetriolo di Giava, quando si stacca dalla pianta, utilizza tali proprietà per diffondersi nell’ambiente.
I nuovi bio alianti svizzeri sono realizzati da amido di patate e scarti di legno, aggiungendo un colorante ricavato da un lichene. Dando così un duplice significato alla parola “bio”: ispirati dalla biologia delle piante e al tempo stesso sono anche biodegradabili. In questo modo possono essere utilizzati per la raccolta di dati ambientali in modo energicamente efficiente, con una granularità molto fitta e in piena autonomia. Caratteristiche premianti soprattutto per il monitoraggio delle aree meno accessibili.
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Il materiale necessario per realizzare l’aliante viene stampato e pressato in una forma simile al seme del cetriolo di Giava, comprensivo del sensore, dal peso di solo 1,5 grammi. E con una apertura alare di 14 centimetri.
Grazie alla sua biodegradabilità, una volta che un drone lo ha rilasciato ed ha raccolto dati sull’umidità e sull’acidità del suolo, il bioaliante si decompone senza lasciare tracce.
Il team di ricerca svizzero fa molto affidamento sulla nuova metodologia. Soprattutto per il monitoraggio delle condizioni del suolo forestale e del suo equilibrio biologico e chimico. Al momento, un primo sensore è già in uso per misurare il valore del pH con una classica cartina di tornasole. In questo caso, il colorante reagisce all’acidità virando colore dal viola al rosso. Il cambiamento di colore del sensore sul suolo della foresta viene quindi registrato da un drone che sorvola l’area.
A garanzia di protezione del sensore fino al momento di avvio della fase di raccolta dati, quest’ultimo viene ricoperto da una pellicola protettiva. Composta da cellulosa lavorata con gelatina per formare un film polimerico in grado di reagire con l’umidità atmosferica. Quando cade la pioggia o sale l’umidità, infatti la pellicola si apre liberando il sensore. Al cessare della pioggia, la pellicola si richiude in 30 minuti, fino al ciclo successivo.
A seguire un breve video che ci introduce al nuovo sistema di monitoraggio messo a punto.
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