Illuminazione naturale di case e uffici con l’energia solare: ecco SmartLight

Una nuova tecnologia, denominata SmartLight, messa a punto da due ricercatori dell’Università di Cincinnati, Anton Harfmann e Jason Heikenfeld, che sembrerebbe però capace di rivoluzionare le modalità di illuminazione di ambienti interni che non hanno accesso diretto alla luce solare, siano essi luoghi di residenza o di lavoro.


Al riguardo Harfmann precisa che

«L’innovativa tecnologia SmartLight sarebbe innovativa, sarebbe un game changing. Questo cambierà l’equazione dell’energia. Potrebbe cambiare il modo in cui saranno progettati e ristrutturati gli edifici. Potrebbe cambiare il modo in cui useremo le energie e con il quale affrontiamo la realtà del sole. Ha tutti i tipi di benefici e implicazioni   non penso abbiamo ancora cominciato a toccare». L’idea dei ricercatori americani, è partita dalla domanda: «C’è un modo più intelligente di usare la luce del sole?».

Ogni giorno i raggi del sole che arrivano sulla Terra hanno  abbastanza energia per soddisfare la richiesta di energia delle nostre società, ma le tecnologie esistenti, come le stesse celle fotovoltaiche, non hanno elevate efficienze. Un pannello fotovoltaico infatti, perde la maggior parte della energia del sole nella fase di conversione in energia elettrica. Con SmartLight invece, come sostiene Harfmann, «la luce del sole viene incanalata attraverso il sistema ed è utilizzata nella sua forma originale.

Questo metodo di convertire la luce in energia elettrica e poi di nuovo in luce è molto più efficiente e sarebbe molto più sostenibile del produrre luce elettrica dalla combustione di combustibili fossili o dal rilascio di energia nucleare. Questa tecnologia potrebbe essere applicata a qualsiasi edificio, grande o piccolo, vecchio o nuovo, residenziale o commerciale». Il nuovo processo sfrutta l’energia solare in modo non convenzionale, ma attraverso uno specifico rivestimento, costituito da una rete di celle “electrofluidic”, auto-alimentata dal fotovoltaico incorporato, applicabile sulla parte superiore di una finestra.

Ogni minuscola cellula, larga pochi millimetri, contiene un  liquido con proprietà ottiche anche migliori di quelle del vetro. La tensione superficiale del fluido può essere rapidamente manipolata attraverso forme come lenti o prismi attraverso una minima stimolazione elettrica, con circa da 10.000 a 100.000 volte meno energia di quella necessaria ad accendere una vecchia lampadina ad incandescenza. In questo modo la luce solare che passa attraverso la cella può essere controllata ed indirizzata e riflessa ad esempio sul soffitto per fornire illuminazione ad un ambiente. Altra luce potrebbe essere ottenuta focalizzandola verso apparecchiature speciali per l’illuminazione. Un’altra parte ancora della luce può essere “trasmessa” a spazi vuoti più alti o ad una nuova installazione dotata di una propria rete “electrofluidic”. Da lì, il processo potrebbe essere ripetuto per consentire alla luce solare di raggiungere le parti più interne di un edificio.

Il tutto senza bisogno di installare nuovi cablaggi, condotti, tubi o cavi. Come spiega Anton Harfman, docente presso la Facoltà di Design, Architettura, Arte, e Pianificazione presso l’Università di Cincinnati, “le implicazioni di questa tecnologia sono enormi, perché se siamo in grado di dirigere la luce dal perimetro dell’edificio all’interno di un particolare ufficio, non abbiamo più bisogno di luce prodotta artificialmente”. Harfmann immagina un luogo di lavoro dove gli interruttori della luce diventano anacronistici alla stessa stregua dei tappetini per il mouse o degli ingombranti monitor Crt. SmartLight dovrebbe essere controllata in modalità wireless tramite un un’applicazione software sul cellulare. Così, invece di un schiacciare il pulsante di un  interruttore su una parete si potranno scegliere le proprie esigenze di illuminazione con un’app sul cellulare e  SmartLight regolerà la luminosità voluta nella stanza. SmartLight potrebbe anche usare la geolocalizzazione dalla stessa app per accendere o spegnere quando un utente entra o esce da una stanza o quando cambia la disposizione all’interno della stessa stanza, manipolando l’illuminazione “Wi-Fi-enabled”. L’

alimentazione del sistema può essere effettuata tramite la luce solare “in eccesso” che investe un edificio, come quella che spesso viene schermata e rifratta attraverso dei tendaggi, per evitare il surriscaldamento degli ambienti. La luce in eccesso, secondo i ricercatori, potrebbe anche essere sia immagazzinata come energia elettrica, sia ridistribuita attraverso la rete cittadina che immagazzinata per coprire le altre esigenze energetiche dell’edificio. Senza considerare che nelle ore notturne, il processo potrebbe funzionare in senso inverso, dove un ambiente centrale nella costruzione potrebbe essere dotato di una “costellazione” di lampade che inviano luce artificiale agli altri ambienti utilizzando come canali, le stesse celle che funzionano di giorno.

Tipico per esempio, in una giornata nuvolosa, il mix tra luce naturale ed artificiale. Secondo l’altro ricercatore Heikenfeld, esistono già  molte delle tecnologie e della scienza necessarie per far diventare Smart Light commercialmente valida. In questa fase è già stata avviata la valutazione dei materiali e dei metodi di produzione. La cosa ad oggi mancante sono i finanziamenti per la creazione di un prototipo su larga scala, capace di richiamare l’attenzione del governo o di partner interessati alla commercializzazione di SmartLight sul  mercato. Al riguardo lo stesso Heikenfeld precisa: «Stiamo cercando ingenti fondi per mettere davvero insieme un programma significativo. Abbiamo già fatto un sacco di lavoro di semina. Siamo al punto in cui ci vorrebbe un grande sforzo, del tipo di quelli commercialmente validi. Il passo successivo è la parte più difficile. Come si fa a tradurlo in prodotti commerciali?». Indubbiamente un altro filone di ricerca fondamentale in un ambito già effervescente e ricco di soluzioni come quello della illuminazione intelligente, già capace di dare risposte molto importanti in termini di efficienza energetica e già di per se pienamente in chiave “smart”.

Sauro Secci

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