DAVOS/SWITZERLAND, 24JAN08 – Ban Ki-moon, Secretary-General, United Nations, New York addresses the audience during the session ‘Time Is Running Out for Water’ at the Annual Meeting 2008 of the World Economic Forum in Davos, Switzerland, January 24, 2008. Copyright by World Economic Forum swiss-image.ch/Photo by Remy Steinegger +++No resale, no archive+++

“Senza gas serra cresceremo di più”, 10 punti per cambiare l’economia

Tagliare le emissioni è compatibile con la crescita economica. È la posizione della Global Commission on the Economy and Climate in vista della prossima conferenza Onu sul clima che si terrà a Parigi nel 2015. Ministri, dirigenti d’azienda e accademici individuano la strada per contrastare il cambiamento climatico e rilanciare l’economia


CRESCERE SENZA CO2

È stato Ban Ki-moon in persona a convocare i capi di governo dei 196 paesi Onu. L’appuntamento avvierà i negoziati in vista della conferenza sul clima (Cop 21) prevista per dicembre 2015 a Parigi. Definire le politiche di riduzione delle emissioni di CO2 per il dopo 2020, anno di scadenza del Protocollo di Kyoto, è il grande obiettivo. E in gioco c’è l’efficacia delle future azioni di contrasto al riscaldamento globale. Ma superare la dicotomia crescita economica/salvaguardia del clima sembra la sfida più difficile della nostra epoca.

Qualcuno è convinto che «ridurre le emissioni non è soltanto compatibile con la crescita economica. Se fatto bene, può generare una crescita migliore rispetto al vecchio modello ad alto consumo di carbonio». Nicholas Stern, docente di economia alla London School of Economics e tra i maggiori esperti al mondo di economia ambientale, è tra i promotori della Global Commission on the Economy and Climate, che ha pubblicato un rapporto con lo scopo esplicito di condizionare il dibattito verso la Cop di Parigi. Better growth, better climate, e il titolo è già un programma.

Una commissione cu Clima ed Economia

La Global Commission nasce nel 2013 per iniziativa dei governi di Colombia, Etiopia, Indonesia, Corea del Sud, Norvegia, Svezia e Regno Unito. Ne fanno parte 24 tra ministri, dirigenti d’azienza, accademici ed esponenti di organizazzioni internazionali, supportati da un Economics Advisory Panel che raggruppa 15 economisti specializzati in diverse discipline, compresi due premi Nobel. E come se non bastasse, può contare sul patrocinio di organismi come Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale e Ocse.

Stern e gli altri vedono nei gravi rischi del cambiamento climatico una grande opportunità che, se colta nella maniera opportuna, stimolerà la crescita economica e favorirà lo sviluppo dei paesi in difficoltà. A deciderlo saranno le politiche dei prossimi 15 anni, che dovranno contenere entro i 2°C l’innalzamento della temperatura media della Terra dai livelli preindustriali. Con l’aumento della popolazione globale e mantenendo i cosumi odierni, rischiamo di superare i 4°C, soglia che porterà l’economia al collasso. Basti pensare che nei primi 15 paesi inquinatori il danno sanitario per la scarsa qualità dell’aria costa ogni anno circa il 4% del Pil.

A cambiare deve essere l’economia stessa. In dieci punti, lo studio della Global Commission ci dice come. Partendo da un investimento di 90 trilioni di dollari sul totale dei 300-400 che il mondo intero spenderà entro il 2030. Sei trilioni all’anno per 15 anni, per una differenza annua di 270 miliardi rispetto all’economia inquinante di oggi.

1. Integrare le questioni climatiche nei processi decisionali

Il primo passo è cambiare le regole del gioco. Strumenti di valutazione economica, indicatori di prestazione, modelli di rischio e obblighi di segnalazione devono essere riformulati tenendo conto dell’impatto sul clima, che soltanto allora potrà effettivamente condizionare governi e aziende.

2. Stringere un nuovo accordo globale sul clima

Servono anche regole nuove, che siano eque e durevoli, a cui tutti i paesi possano uniformarsi in base alle proprie condizioni. Un compito che spetta ai governi del mondo, in occasioni come la conferenza di Parigi. L’impegno assunto dagli stati, del resto, lancerebbe un segnale forte agli investitori titubanti

3. Eliminare i sussidi ai combustibili fossili

Trovare le risorse per la transizione significa sottrarle ad altro, con l’obiettivo di investire in altri settori, compreso l’adattamento dei popoli in difficoltà al cambiamento climatico.

4. Redistribuire le risorse

Se 600 miliardi di dollari all’anno in sussidi finanziano i combustibili fossili e l’inquinamento che ne deriva, solo 100 contribuiscono allo sviluppo delle energie pulite. È necessario reindirizzare la spesa pubblica e sostenerla fissando tassazioni più elevate per le emissioni di gas serra, per gli stati e per le aziende.

5. Agevolare gli investimenti

La transizione necessita di risorse maggiori, che per il momento stentano ad arrivare, nonostante siano disponibili. Il problema è la scarsa fiducia degli investitori, che dovrebbero essere incoraggiati da infrastrutture finanziarie agevolate, come i green bond e la condivisione del rischio, o da nuovi strumenti.

6. Sostenere l’innovazione

I progressi nella digitalizzazione, nelle scienze dei materiali e nella medicina possono trasformare i mercati e ridurre singificativamente il consumo di risorse. Ma serve un segnale politico molto chiaro, come la triplicazione degli investimenti in energie pulite entro il 2020, portandoli a 100 miliardi di dollari all’anno.

7. Investire in energie pulite

Durante i prossimi 15 anni, i costi in rapida dimuzione possono portare le fonti rinnovabili a generare oltre il 50% dell’energie elettrica su scala mondiale. E nei paesi in via di sviluppo i sistemi di produzione decentralizzata garantiranno accesso alla rete elettica a più di un miliardo di persone alle quali ancora è negato. Ma i maggiori inquinatori devono impegnarsi ad eliminare gradualmente tutit gli impianti a carbone entro il 2025.

8. Trasformare le città

Circa l’80% della produzione globale è generata dalle metropoli, a cui dobbiamo anche il 70% dei consumi globali di energia. L’urbanizzazione e l’espansione delle città stanno crescendo rapidamente, ma senza una pianificazione. Uno sviluppo urbano più connesso e costruito intorno a trasporti pubblici efficienti può ridurre le emissioni e rendere le città più salutari, con una riduzione dei costi di crica 3 trilioni di dollari nei prossimi 15 anni.

9. Fermare la deforestazione

Entro il 2030 gli investimenti per la protezione delle foreste e il rimboschimento dovrebbero raggiungere i 5 miliardi di dollari all’anno. Ne deriverebbe un graduale abbassamento dei livelli di CO2 in atmosfera, grazie alla fotosintesi dei vegetali.

10. Sfruttare meglio la terra

Circa 500 milioni di ettari di terre agricole andate perdute o degradate dovrebbero essere recuperate, rafforzando lo sviluppo rurale e la sicurezza alimentare. Si calcola che nel 2030 appena il 12% di quei terreni potrebbe nutrire oltre 200 milioni di persone.

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