Rinnovabili e cambiamenti climatici: dalla geotermia impianti ad impronta di carbonio negativa
In Islanda è stato avviato il primo impianto geotermico di produzione dell’energia elettrica con bilancio negativo a livello di emissione di CO2 in atmosfera, attraverso innovative strategie di recupero, grazie allo speciale modulo messo a punto dalla società svizzera Climateworks.
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Gli effetti sempre più evidenti del riscaldamento globale, anche nella nostra vita quotidiana, sempre più caratterizzata da eventi meteorologici sempre più polarizzati, chiede ai governi, al mondo della ricerca ed a quello delle aziende, di creare i presupposti per profonde modificazioni dei processi nei prossimi anni per diminuire le emissioni di CO2. La società svizzera Climateworks ha messo a punto ad esempio un modulo speciale, in grado di recuperare l’anidride carbonica dall’aria in un impianto geotermoelettrico islandese, nel quale è stato inserito un nuovo modulo in grado di recuperare dall’atmosfera più CO2 di quanta ne immetta, proponendosi come primo impianto “CO2 negative”.
Il nuovo modulo, denominato DAC (Direct Air Capture) aspira l’aria circostante, trattenendo l’anidride carbonica tramite uno speciale filtro.
Quando il filtro si satura di anidride carbonica viene riscaldato attraverso il recupero termico gli scarichi della centrale geotermica. In tal modo la CO2 si stacca dal filtro venendo sottoposta a miscelazione con acqua. Il composto così ottenuto viene infine “iniettato” nel sottosuolo ad una profondità di oltre 700 metri, dove si trovauno strato di roccia basaltica capace di reagire col composto di acqua e CO2, formando così dei minerali, configurandosi come una soluzione di stoccaggiosicura, permanente e soprattutto irreversibile.
Si tratta di una sperimentazione che rientra nel progetto CarbFix2 (link sito), finanziato con fondi dell’Unione europea nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon 2020. Il sistema messo a punto dalla società svizzera Climateworks (link sito) è in grado di “ritirare” dall’aria 50 tonnellate di CO2 ogni anno, una quantità ovviamente ancora insufficiente ma che rappresenta comunque un primo significativo passo in avanti.
Sali di carbonato affioranti su una roccia basaltica
L’accoppiamento di questa nuova tecnologia con quella di rimozione diretta del diossido di carbonio dall’aria costituisce una prima assoluta a livello mondiale. Il sistema DAC riesce a raccogliere la CO2 grazie ad un particolare filtro brevettato e già sperimentato con successo in un termovalorizzatore di rifiuti a Zurigo. Come sottolinea il CEO di Climeworks Christoph Gebald, “il potenziale di riduzione della CO2 con la nostra tecnologia in combinazione con quella di CarbFix2 è enorme, non solo qui in Islanda ma anche in tutte le altre regioni che possiedono simili formazioni rocciose”. Naturalmente, il costo economico della diffusione su larga scala per questo tipo di tecnologia rimane ancora oggi improponibile. I costi di tali tecnologie infatti, sono ancora elevati anche se stanno rapidamente scendendo, rendendo possibile la prima applicazione nel mondo reale. Non è difficile immaginare che l’impiego di questi filtri su scala industriale, soprattutto in paesi come la Cina, potrebbero dare benefici soprattutto nell’immediato, da qui a pochi anni, abbattendo le alte concentrazioni di CO2 nell’atmosfera.
A seguire un breve contributo video che ci accompagna in questa nuova interessante tecnologia di abbattimento dei livelli di CO2 in atmosfera.
Sauro Secci