Recupero CO2 atmosferica: ora si può trasformare anche in grafene

Uno dei temi trainanti di Ecofuturo Festival è stato anche nell’edizione 2019, quello del recupero della CO2 atmosferica dai processi antropogenici, sia per il suo recupero per altri comparti come quello alimentare, sia per riportarla, attraverso pratiche agricole virtuose, strettamente correlate anche alle coltivazioni biologiche.

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Che la CO2 atmosferica di origine antropica, dipinta da molti come un killer climatico del XXI secolo, stia rifacendosi davvero una nuova immagine, è confermato anche da nuove, avanguardistiche ricerche, come quella tedesca dell’Istituto di tecnologia di Karlsruhe (KIT), dove un team di ricercatori sta cercando di trasformarla in uno dei materiali più avanguardistici dalla grandi proprietà come il grafene, considerato il materiale delle meraviglie proprio nei settori high-tech.

Un materiale davvero stupefacente il grafene, per la sua grande versatilità applicativa determinata dalle innumerevoli proprietà come:

  • leggerezza;
  • ottimo conduttore di elettricità;
  • ottimo conduttore di calore;
  • la sua deposizione sulle superfici, determina la impermeabilizzazione delle stesse;
  • quasi trasparente;
  • altamente denso, a tal punto che nemmeno l’elio, il più piccolo gas atomico, è in grado di attraversarlo;
  • altamente resistente, superiore di ben 50 volte all’acciaio;
  • con un elevato coefficiente elastico.

Un materiale davvero molto richiesto in ambito tecnologico, con la sua produzione su scala industriale che tuttavia non è ancora agevole, rendendo costosi i processi disponibili, nonostante la sua apparentemente semplice struttura di foglio bidimensionale di atomi di carbonio.

Dopo che alcuni anni fa il grafene veniva ricavato “affettando” letteralmente la grafite, negli ultimi anni gli scienziati sono riusciti a produrlo con tecniche diverse come uno studio australiano basato sullo sfruttamento della corteccia di eucalipto.

Ad oggi la metodologia utilizzat più comunemente per l’estrazione di grafene, è quella che utilizza la deposizione chimica da fase vapore (chemical vapor deposition). Si tratta di un processo che utilizza un substrato metallico, normalmente costituito da rame, riscaldato oltre i 1000 °C, sulla cui superficie il carbonio cristallizza sotto forma di grafene, all’interno di una camera con atmosfera attiva di metano ed idrogeno.

La nuova tecnica del team tedesco del KIT si ispira allo stesso principio richiamato sopra, ma utilizzando la CO2 di origine atmosferica come fornitrice di carbonio in sostituzione del metano. Con la nuova modalità messa a punto del tema di ricerca tedesco, anidride carbonica e idrogeno riempiono la camera, mentre il substrato è costituito da un wafer di rame e palladio.

Sulla nuova linea di ricerca il commento di Mario Ruben, responsabile del tema di ricerca del KIT, secondo il quale “Se la superficie metallica mostra il corretto rapporto tra rame e palladio, la conversione dell’anidride carbonica in grafene avverrà direttamente in un semplice processo in un’unica fase.

In questa fase, il team di ricerca è già riuscito a dimostrare la validità del processo con i risultati sono stati pubblicati sulla rivista ChemSusChem.

Ulteriori sviluppi della ricerca, stanno permettendo ai ricercatori la produzione di grafene con diversi strati di spessore, elemento di grande importanza per ambiti applicativi come produzione di batterie, componenti elettronici o materiali filtranti. 

Obiettivo prossimo del team di ricerca tedesco è ora la realizzazione di componenti elettronici funzionanti direttamente dal nuovo grafene prodotto.

Sauro Secci

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