Per un’economia a misura d’uomo

La dimensione delle “piccole” economie non significa marginalità o debolezza. Un’importante riflessione in questo articolo a cura di Averaldo Farri, Director Green Innovation Division – Zucchetti Centro Sistemi

Nel 1973 l’economista Ernst F. Schumacher pubblicò un saggio di economia intitolato “Piccolo è bello”. Già allora si chiedeva quale fosse la via giusta per la gestione di una crescita economica allora logica oltre che inevitabile: la natalità cresceva a livello mondiale, nuovi prodotti di massa facilitavano la quotidianità e gli stipendi del boom industriale aumentavano il benessere.

Il piccolo e bello, però, non ha veramente attecchito. La finanza rapace che ha imposto «il mondo inventato del villaggio globale», secondo una felice definizione di Francesco Guccini (cfr. Addio), ha richiesto alle aziende incessanti crescite a due cifre, nessun limite e controllo sui profitti, neanche su quelli conseguiti senza particolari meriti.

Quando ci viene detto che il PIL cresce ci sentiamo bene. Se cala o cresce meno delle attese, ci sentiamo male senza renderci conto che non è un dottore a prescrivere “la cura” di una crescita senza limiti, ma la finanza e raramente le finalità che persegue corrispondono a necessità reali. Si sono creati enormi agglomerati industriali che arrivano a produrre di tutto acquisendo “competenze”, cioè aziende, attraverso i cinque continenti. Per produrre un microprocessore da pochi euro si progetta il chip in Europa o in America, lo si invia in Cina per assemblarlo, poi in Vietnam per incapsularlo e in India per programmarlo.

E noi siamo qui a riflettere su “piccolo e bello”. Siamo fuori dal tempo oppure siamo visionari che vedono in una dimensione a misura d’uomo l’unico futuro, anche economico, possibile? La domanda per quanto mi riguarda è retorica. Non esiste alcuna possibilità di gestione efficace a lungo termine di agglomerati economici multinazionali e multi prodotto giganteschi. Le variabili di natura economica, politica, sanitaria e climatica sono tali e tante da non permettere il loro controllo.

Pensate, per esempio, ai continui fallimenti delle COP sul controllo delle emissioni e del cambiamento climatico. È già complicato trovare delle linee guida comuni fra opposizione e maggioranza in uno stesso Paese, come può essere possibile mettere d’accordo tutti i paesi del mondo e adottare efficaci strategie comuni?… Continua a leggere l’articolo gratis su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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