cambiamento climatico

Ondate di calore e cambiamento climatico

COME IL CAMBIAMENTO CLIMATICO HA MODIFICATO LE ONDATE DI CALORE ESTIVO SULL’EMISFERO SETTENTRIONALE di Andrea Corigliano, fisico dell’atmosfera e divulgatore scientifico.

A partire dalla fine degli Anni Settanta la temperatura media del nostro pianeta ha iniziato inesorabilmente ad aumentare. Come si può osservare dal grafico elaborato dalla NOAA – National Oceanic and Atmospheric Administration (fig. 1). Nel grafico si mostra l’andamento degli scarti annuali rispetto alla climatologia del ventesimo secolo. Questo periodo, caratterizzato in modo continuativo da temperature più elevate, segue un quarantennio in cui si sono avute oscillazioni tra anomalie positive e anomalie negative. E si lascia alle spalle, ancor più in là nel tempo, sessant’anni in cui sulla Terra ha fatto mediamente più freddo rispetto al normale.

Ondate di calore

L’aumento medio della temperatura globale avvenuto negli ultimi quarant’anni ha portato a toccare le anomalie più intense proprio nel corso dell’ultimo decennio. Il 2011-2020, in cui sono caduti otto tra gli anni più caldi mai registrati. 2016, 2020, 2019, 2015, 2017, 2018, 2014 e 2013 che ha avuto la stessa posizione del 2005. In un pianeta mediamente più caldo cambia, inevitabilmente, la distribuzione delle temperature. Dal punto di vista grafico assomiglia a una curva a campana detta «curva gaussiana» (fig. 2a).

Ondate di calore

Questa curva è centrata sul valore medio dei valori che compongono il campione dei dati analizzati. E presenta ai lati due code che si allungano sempre più verso sinistra e verso destra all’aumentare della deviazione standard σ («si legge sigma»). Un parametro che viene utilizzato in statistica per quantificare la variabilità della distribuzione dei dati attorno alla media, dove è più elevata la «probabilità di accadimento».

Calcolata la deviazione standard della distribuzione dei dati, sappiamo che il 99.6% di questi si distribuisce, a meno del segno, entro le tre deviazioni standard (cioè entro ±3σ). E che superata questa soglia il dato diventa sempre più aberrante all’aumentare del valore della deviazione standard. Il suo allontanamento dalla curva, verso sinistra o verso destra, ci dice che quel dato è estraneo alla distribuzione. Se applichiamo allora questi concetti al campo della temperatura terrestre, possiamo in generale affermare che nella coda sinistra e destra della distribuzione dei dati (cioè intorno a -3σ e a +3σ) cadono rispettivamente le condizioni meteorologiche riconducibili a temperature insolitamente più fredde della media (record di freddo) e a temperature insolitamente più calde della media (record di caldo).

Ecco, il cambiamento climatico ha modificato proprio la forma di questa curva, cambiando la posizione della media e della deviazione standard (fig. 2b). La curva gaussiana, che rappresenta il «nuovo clima», non è quindi solo centrata su una media spostata verso destra rispetto a quella appartenente alla curva del «clima precedente», proprio perché la temperatura media del pianeta è aumentata, ma si è appiattita. E di conseguenza ha subìto anche una modifica della deviazione standard, cioè della distribuzione dei dati al suo interno.

In altre parole, rispetto «clima precedente», il «nuovo clima» presenta cambiamenti apprezzabili per quanto riguarda le condizioni riconducibili al freddo e ai record di freddo che diventano meno frequenti. Ed aumenta notevolmente la frequenza delle condizioni meteorologiche riconducibili alle fasi più calde del normale. Nel «nuovo clima» aumentano le ondate di calore e i record di caldo.

Se la teoria ci aiuta a capire come si comporta e come si modifica la distribuzione di un campione di dati, le osservazioni ci aiutano a toccare con mano proprio come il cambiamento climatico in atto abbia reso le ondate di calore più frequenti e più intense. E quindi come sia diventato più facile, rispetto al «clima precedente», registrare nuovi record di caldo (fig. 2, a destra).

Partendo dalle osservazioni di temperatura estiva dell’Emisfero Settentrionale relative al trentennio 1951-1980 («clima di partenza»), i ricercatori del Goddard Institute for Space Studies (GISS) della NASA hanno costruito la curva gaussiana di queste osservazioni andando ad evidenziare in blu le condizioni più fredde [F] del normale [N] e in rosso quelle più calde [C]. Come detto nella teoria, i record di freddo e di caldo cadono rispettivamente nelle code della curva, rispettivamente in prossimità di -3σ e +3σ. E quindi anche nella distribuzione delle temperature del trentennio 1951-1980 gli eventi estremi si comportano allo stesso modo. Costruendo poi le curve gaussiane con le osservazioni relative ai decenni successivi (1981-1990, 1991-2000 e 2001-2010) si è osservato uno spostamento verso destra della distribuzione e un suo graduale appiattimento, proprio come evidenziato dalla teoria.

A tal proposito si noti, anche solo visivamente, come le aree in blu siano diventate meno estese e quindi come le condizioni meteorologiche di tipo freddo [F] siano diventate meno frequenti rispetto al clima del trentennio 1951-1980. Al contrario, l’area relativa alle condizioni meteorologiche di tipo caldo [C] è diventata più estesa ed è comparsa anche l’area della curva oltre i +3σ, in rosso scuro, ad evidenziare l’aumento in frequenza anche dei record di caldo [R].

Analizzando i dati, gli studiosi hanno notato che la frequenza delle anomalie estreme oltre +3σ era di circa lo 0,13% nella distribuzione normale relativa al trentennio 1951-1980. Ciò significa che, in un’estate tipica facente parte del clima di questo periodo, solo lo 0,1-0,2% dell’emisfero settentrionale era interessato da condizioni meteorologiche di caldo estremo. Passando invece al decennio 2001-2011 l’area coperta da anomalie della temperatura estiva superiori a +3σ è stata all’incirca il 10%. Vale a dire che abbiamo avuto un aumento di un ordine di grandezza rispetto al periodo base di riferimento. Questo incremento areale si è verificato soprattutto nella fascia delle medie latitudini, dal Nord America all’Asia, passando per l’Europa.

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Redazione

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