Nuova Enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco: crisi ambientale e crisi sociale sono due facce della stessa medaglia

Nell’ultimo mezzo secolo, quello nel quale la crisi ecologica si è palesata fortemente con connotazioni diverse ma comunque disastrose e distruttive rispetto alle diverse comunità sono stati molti i richiami dei pontefici nei confronti di modelli economici che hanno affrancato sempre più il concetto di limite delle risorse, in luogo di logiche predatorie di profitto indiscriminato che hanno progressivamente privato l’uomo delle sue esigenze più profonde ed intime.


Fu Giovanni XXIII che in piena guerra fredda e con un sempre più incombente conflitto nucleare con alle spalle i terribili episodi di Yroshima e Nagasaki, con l’enciclica “Pacem in Terris” del 1963, cerco di andare oltre la comunità cattolica, rivolgendosi anche, più in generale “agli uomini di buona volontà”. Un tema ripreso con un Anche otto anni dopo, nel 1971 fu Paolo VI ad introdurre le conseguenze drammatiche riferibili ad una più ampia “crisi ecologica” nella lettera apostolica “Octogesima adveniens“, dove riferendosi all’uomo così parlava “attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione”. In concetto ribadito anche in un discorso in occasione del 25° anniversario della FAO: “sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di […] una vera catastrofe ecologica », sottolineando « l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità“, perché “i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo“.
Anche San Giovanni Paolo II ha avuto un interesse crescente verso questo tema fino dalla sua prima enciclica del 1979, dove osservò che l’essere umano sembra “non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo”, invitando successivamente, nel 2001, ad una conversione ecologica globale, evidenziando nello stesso tempo lo scarso impegno per “salvaguardare le condizioni morali di un’autentica ecologia umana“.

Arriviamo poi ad un papa dalle profonde sensibilità ambientali come Benedetto XVI che ha rinnovato l’invito a “eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e di correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente” anche attraverso l’enciclica “Caritas in veritate”.
Indimenticabile il suo discorso in occasione della giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2010 in cui introdusse il concetto fondamentale che “Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato”, dove ha ricordato che il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché “il libro della natura è uno e indivisibile” e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti, ricordando che l’ambiente naturale è pieno di ferite prodotte dal nostro comportamento irresponsabile collegate profondamente all’ambiente sociale (vedi post “Benedetto XVI: Se vuoi coltivare la pace custodisci il creato“).

E siamo sicuramente all’opera papale tematica più strutturata ed articolata, questa enciclica “Luadato sì”, che affronta i temi dell’ambiente e del cambiamento climatico, segnandoanche un cambio di marcia netto nell’impegno della Chiesa nella lotta al riscaldamento globale, di un Papa come Francesco, dalla forza propositiva così prorompente e così vicina alle quotidianità ed alla “strada”, dove la questione ambientale è oramai centrale per una corretta chiave di lettura delle enormi sofferenze sociali del nostro pianeta in un opera che rimette completamente in discussione il concetto di “progresso”, così come è stato presentato negli ultimi decenni. Un Papa certo non nuovo a prese di posizione chiare e perentorie legate sia a questioni specificatamente ambientali (vedi post “Anche Papa Francesco contro lo shale gas (gas di scisto): presto una enciclica sulle tematiche ambientali) che aventi profondi risvolti sociali (vedi post “Papa Francesco e l’ambientalismo dei poveri”). Un titolo, quello della nuova enciclica sull’ambiente, che si ispira proprio al “Cantico delle creature” dove Francesco d’Assisi, ministro dell’ambiente honoris causa, ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia. Produzione e consumi sostenibili, ambiente, energia, pace e giustizia sociale fanno parte di uno stesso scenario che coinvolge tutto il “creato” e costituiscono la visione centrale della nuova Enciclica papale. Un testo di 200 pagine divise in un’introduzione, sei capitoli ai quali ha partecipato una ampia base partecipativa di contributi e due preghiere conclusivefondamentale per smuovere le coscienze dei potenti del mondo, attesi dall’ennesimo vertice internazionale sui cambiamenti climatici COP 21 di Parigi. L’attesissima Enciclica sull’Ambiente di Papa Francesco, dedicata alla cura della casa comune o, per dirla con le parole del santo, di “nostra sorella madre terra”. Una sorella che oggi “protesta per il male che le provochiamo”, spiega il Santo Padre nell’introduzione, focalizzandosi sul problema principale: “Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”.
La ispirazione del Santo di Assisi non si limita ad essere solo solo l’incipit e lo spunto principale dal quale parte la riflessione papale della nuova enciclica, ma costituisce il binario assoluto sul quale si snoda l’intera Enciclica per analizzare l’attuale, complessa, crisi ecologica nella quale convergono temi come la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore. E’ il primo dei sei capitoli dal titolo “Quello che sta accadendo alla nostra casa”, ad occuparsi in pieno della crisi ecologica, affrontando direttamente temi cruciali come:

  • inquinamento;
  • cultura dello scarto;
  • problema idrico e di accesso all’acqua;
  • deterioramento della qualità della vita umana;
  • degradazione sociale.

Nella sua articolata disamina Papa Francesco, non si limita certo all’analisi dei danni arrecati al nostro pianeta, riconoscendo anche una progressiva sensibilità ecologica e ambientale che si va diffondendo a livello planetario, mossa dalla preoccupazione per i danni sempre più evidenti che si stanno manifestando. Ed è proprio da quest’ultima constatazione che dal testo emerge uno sguardo fiducioso di speranza per cercare finalmente di invertire la rotta distruttiva in atto. Sulla nuova enciclica è lo stesso Segretario Vaticano, Padre Lombardi ad evidenziare come “proprio nella chiave del cammino di conversione e di speranza in un futuro rinnovato, Papa Francesco mette al centro dell’Enciclica il concetto di ecologia integrale, come paradigma in grado di articolare le relazioni fondamentali della persona con Dio, con se stessa, con gli altri esseri umani, con il creato”. Ma sicuramente ancora più efficaci per spiegarci questo concetto le testuali parole di Papa Francesco:

«Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura».

Venendo agli aspetti pratici specificatamente legati ai cambiamenti climatici che scaturiscono dall’analisi della nuova enciclica, possono essere così sintetizzati:

  • graduale eliminazione dei combustibili fossili: a cominciare dal carbone, ma anche dal petrolio e poi secondariamente eliminando anche il gas dai modelli energetici dei diversi paesi;
  • scarsissima efficacia dei negoziati sul clima organizzati finora dalle Nazioni Unite;
  • commercio dei crediti (e dei permessi) di emissione che si sono rivelati come una nuova, ulteriore forma di speculazione finanziaria, non portando a ridurre l’emissione degli inquinanti emessi;
  • relativamente alla produzione ed all’utilizzazione dell’energia: piccolo e locale è bello (modello energetico distribuito), mentre invece megastrutture e megasistemi multinazionali (modello energetico concentrato) non vanno assolutamente bene (autentica musica per le mie orecchie);
  • né pro né contro gli OGM: dal momento che nell’enciclica si reputa che i rischi non sono dovuti alle tecniche utilizzate, ma alle loro applicazioni improprie o eccessive;
  • il consumismo piuttosto che la sovrappopolazione è il più grande problema ambientale;
  • l’eccessivo uso di gadget non essenziali (come smartphone, computer portatili, giochi elettronici, e altri dispositivi) hanno modificato o interrotto il nostro genuino rapporto con la natura (vedi post “Cellulari e corsa compulsiva all’ultimo modello: grandissimo impatto ambientale“);
  • il ritmo del nostro consumismo, della nostra produzione di rifiuti e del nostro uso insostenibile delle risorse ambientali è talmente elevato che rischiamo di lasciare solo un mondo desolato ai nostri figli.

Un documento di grandissima valenza quello fortemente voluto da Papa Francesco, un autentico invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso, il valore proprio di ogni creatura, il profondo senso umano dell’ecologia, la necessità di sinceri ed onesti confronti, l’affermazione della cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita, con, sullo sfondo, le gravi responsabilità della politica internazionale e locale. Un opera che mette in evidenza ancora una volta l’enorme complessità delle questioni ambientali ed ecologiche, partendo da un brano della Genesi “Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora”. Proprio approfondendo il concetto insito nel termine “complesso” che deriva dal latino “cum + plectere”, letteralmente, “con intrecci”, vi è la grande difficoltà nel comprendere la complessità dell’ecosistema, senza scadere in banali semplificazioni. Infatti per affrontare correttamente un fenomeno complesso, occorre conoscerlo nei dettagli, negli effetti, nelle cause e non solo come semplice analisi delle parti, dal momento che il risultato finale non è la semplice somma delle componenti. Un riferimento specifico questo, legato anche alla questione migratoria, che, se opportunamente valutata, non può prescindere dalle cause che la generano (guerre, sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali, inquinamento, povertà…) e dalle difficoltà sociali, politiche, legislative ed economiche dei Paesi di accoglienza. Davvero tutta una serie di questi fattori, che interagiscono tra loro, rendendo spesso un groviglio intricatissimo, davvero difficile da dirimere. Una complessità che vede oggi l’ambito dei paesi sviluppati con un “gravissimo debito ecologico“, rispetto a quelli prevalentemente del sud del mondo per avere “sporcato” e compromesso per decenni “il giardino di molte comunità”, producendo, anche in  via indiretta, attraverso eventi meteorologici sempre più estremi, un grande numero di “profughi ambientali” (vedi post “Disastri ambientali: una autentica grande guerra mondiale”). Una situazione delineatasi particolarmente negli ultimi decenni, tenendo conto che  nel secolo scorso la popolazione è quadruplicata fino a raggiungere i 6 miliardi di individui attuali, la superficie coltivata è raddoppiata, quella irrigua è quintuplicata, la produzione industriale è aumentata di 40 volte, mentre diminuivano le foreste e la biodiversità. Il prezzo pagato per quest’espansione è stato pesante con l’attività umana che ha accresciuto di una o due volte l’erosione del suolo rispetto ai ritmi naturali, riuscendo a degradare circa due miliardi di ettari, come riportato in un libro del 2005 da Paul Crutzen, nel suo libro dal titolo eloquente di “Benvenuti nell’antropocene“, che sanciva secondo lui la fine dell’olocene e l’inizio di questa scellerata era di grande impatto dell’uomo sul pianeta (vedi post “Una svolta epocale: è proprio il caso di dirlo, con la Terra che sta passando dall’Olocene all’Antropocene”) .

Infine un altro segnale importante che si può desumere dalla nuova enciclica papale, è un invito forte, rivolto alle nostre comunità cristiane ad essere meno intimiste o spiritualiste, confessando i nostri “peccati” contro il Creato, passando dai buoni propositi alle azioni, coniugando spirito e vita, soprattutto a livello dei piani pastorali delle nostre diocesi, ma anche nel nostro modo di concepire la politica, l’economia, la vita sociale, il proprio stile di vita. Considerazioni che ci ricordano come abbiamo tutti, nessuno escluso, una grande responsabilità rispetto al futuro delle giovani generazioni. Inutile dire che si tratta di autentica musica per le orecchie per chi da anni sta combattendo contro le lobbies ed i poteri forti che stanno ottusamente ostacolando in ogni modo la grande rivoluzione energetico ambientale già in atto.

Non posso non concludere questo sentito post con una citazione di uno dei personaggi a me più cari e che porto nel profondo del cuore come l’indimenticabile Beato Don Tonino Bello, in una frase indimenticabile e di grandissimo impatto sulla tutela del creato:

Quello della tutela dell’ambiente non è l’ultimo ritrovato della nostra furbizia brontolona o delle nostre strategie del consenso. Non è ammiccamento alle mode correnti. Ma è un compito primordiale che ci sovrasta come partner dello Spirito Santo, affinché la terra passi dal “Xàos”, cioè dallo sbadiglio di noia e di morte, al “Xòsmos”, cioè alla situazione di trasparenza e di grazia.

[Beato Tonino Bello]

Sauro Secci

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