L’Islanda raggiunge il 99,5% del fabbisogno energetico da rinnovabili, ma nessuno vuole le auto elettriche.

Finora ci erano riuscite solo piccole isole o stati-arcipelago, quindi l’Islanda può definirsi la prima “grande” nazione a coprire il fabbisogno energetico quasi esclusivamente con fonti rinnovabili. Certo, per una regione così ricca di geyser e abitata solo da 330 mila persone, può sembrare facile.


Ma l’Islanda non solo copre il proprio fabbisogno, ha un grande surplus produttivo che rivende nel Regno Unito tramite il cavo sottomarino più lungo del mondo (1600 km).

Il geotermico la fa da padrone. Tramite tubazioni sotterranee che riscaldano l’acqua trasformandola in vapore non solo gli islandesi riescono a far girare le turbine, ma riscaldano anche le case. Alcuni però fanno notare che questo geotermico intensivo non è del tutto “verde” come pretende di essere: dalle profondità della terra insieme al vapore arrivano quantità notevoli di zolfo e le grandi città registrano un aumento vertiginoso di casi di asma. Inoltre le grandi trivellazioni ed il pompaggio dell’acqua danno luogo a molteplici terremoti in tutto il territorio causando gravi disagi a tutta la popolazione.

Il restante 0,5%?

Per le automobili l’Islanda è costretta a importare carburante, ma il numero delle vetture è talmente basso e l’utilizzo così rado che la percentuale è minima, e la benzina gareggia al ribasso (1,4 €/l).

FONTE : Treehugger

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