Le politiche ambientali fanno male all’economia? un rapporto OCSE smentisce il luogo comune

Nel mio lungo percorso lavorativo in ambito energetico e più specificamente nel monitoraggio ambientale, ho avuto modo di assistere ad atteggiamenti diversi nell’ambito delle politiche ambientali.


Sul finire degli anni ’70, quando il mio percorso lavorativo ha avuto inizio, la coscienza ecologica, formatasi nei principi nel decennio precedente, cominciava a prendere forma anche nei sistemi e nei protocolli di gestione dei processi industriali. Nei due decenni successivi, fino praticamente alla metà degli anni ’90, quelli come me che hanno avuto l’onore di lavorare sull’impegnativo fronte della tutela ambientale dall’impatto dei processi industriali, hanno vissuto un grande periodo di crescita professionale e di grande stima, anche a livello aziendale, in una azienda come quella in cui ho operato per oltre 33 anni, che aveva fatto della protezione ambientale il suo fiore all’occhiello.

A partire dalla seconda metà degli anni ’90, quando i poteri finanziati hanno cominciato a farsi strada, prevaricando di gran lunga le conoscenze e le competenze specifiche di certi ambiti operativi, le politiche ambientali, almeno a mio avviso, sono state curate molto di più per aspetti di immagine e di facciata ma decisamente sminuite nei contenuti e nella sostanza delle azioni, con una drastica riduzione degli investimenti dedicati. Tutto questo dal momento che, come tutti possiamo intuire, visto dall’arida ottica del finanziere fine a se stesso, i costi per gli investimenti e la gestione della protezione ambientale, sono stati considerati “costi e basta”.

Una carenza per me molto grave, tangibile oggi da parte di molti di noi attraverso la gravissima crisi strutturale e di sistema che stiamo vivendo, determinata in gran parte, a parer mio dai sempre più imperanti poteri finanziari, che hanno gradualmente depotenziato il mondo delle conoscenze e delle competenze, relegando in secondo piano le profonde esigenze di bene comune che vedono l’essere umano al centro assoluto del nostro operare.

A rivalutare pienamente le ricadute anche in termini economici e di produttività di politiche ambientali rigorose e stringenti, uno specifico studio dell’OCSE, scaricabile in calce la post, che smontando ogni luogo comune in tal senso, sostiene che, al contrario, le misure green sono progettate per “moralizzare” gli operatori del mercato, e sono profondamente capaci di incrementare l’efficienza complessiva dei processi.

La nuova ricerca OCSE, ha utilizzato, tra gli altri, un indicatore di nuova elaborazione, denominato “EPS” acronimo di “Environmental Policy Stringency”, di cui è riportato di seguito lo schema relativo ai criteri di elaborazione utilizzati, finalizzato a misurare la serietà della politica ambientale in diversi Paesi dell’OCSE, confrontandolo nel tempo con gli oneri per l’economia attraverso l’indicatore BEEP (Behavioural and Experimental Economics for Environmental Policy) che ne conseguono per il gruppo.

schema eps

La elaborazione OCSE, è arrivata alla conclusione che, in un quadro nel quale le nazioni hanno incrementato gli sforzi per la protezione ambientale e contro l’inquinamento e il cambiamento climatico, dove si possono individuare stati più o meno virtuosi, il calo di produzione da parte di imprese più inquinanti è stato bilanciato, e forse anche superato, dalla riallocazione delle risorse in società in rapido sviluppo, capaci di offrire modelli di business decisamente più puliti. Lo studio evidenzia come la crescita complessiva di un Paese tenda a rallentare prima che le nuove politiche entrino in vigore, dal momento che le imprese lavorano per adattarsi alle nuove condizioni operative. Tuttavia, a questa contrazione iniziale, fa seguito presto un rimbalzo, che determina un incremento di produttività dopo l’entrata in vigore di norme ambientali più stringenti.

Tra i paesi che combinano politiche ambientali serie e rigorose con una posizione relativamente favorevole alla concorrenza abbiamo Austria, Olanda e SvizzeraDi contro, i Paesi nordici e la Germania accoppiano politiche rigorose con pesanti oneri amministrativi e misure che ostacolano la concorrenza, mentre il Regno Unito potrebbe inasprire le sue politiche ambientali senza limitarla.

risultati_eps

Nel rapporto si rileva anche come gli strumenti normativi “green” più flessibili sostengono la produttività, permettendo alle imprese di scegliere i modi più efficaci per ridurre le emissioni, facilitando così l’emergere di nuove tecnologie e modelli di business. Un altro significativo rilievo del rapporto OCSE, riguarda l’atteggiamento di molti governi e dell’industria, che si oppongono istintivamente ai nuovi e più stringenti regolamenti, sostenendo che in seguito alla crisi economica mondiale non possono permettersi di introdurre politiche volte a contrastare i cambiamenti climatici, l’inquinamento atmosferico e altre sfide ambientali. Al riguardo è invece molto chiaro il messaggio che giunge dal report: “le politiche ambientali più severe, se correttamente progettate, possono portare benefici all’ambiente senza alcun calo di produttività”. Molti utili anche le indicazioni che OCSE ai politici dei diversi paesi, i quali dovrebbero costantemente tenere in considerazione tre principi fondamentali e sicuramente non di poco conto:

  • offrire forti segnali agli investitori e alle imprese, rendendo l’inquinamento più costoso;
  • utilizzare strumenti di politica flessibili che consentano di scegliere il modo più efficiente di innovare;
  • garantire politiche in grado di evitare che le grandi imprese ricevano vantaggi immeritati rispetto concorrenti più piccoli.

Si tratta di tre principi fondamentali chiari e che si commentano da soli, elemento finale di un rapporto che giunge dopo un’altra elaborazione molto simile del Grantham Institute, scaricabile in calce al post, che proprio lo scorso mesei di novembre, ha rilevato come i benefici delle normative ambientali superino di gran lunga i costi. A completare il coro in questa direzione anche un altro recente rapporto, il New Climate Economy (link sito), nel quale si indica come il mondo potrebbe “decarbonizzarsi” senza danneggiare l’economia.

Sauro Secci

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