La Via della Seta cinese in Africa, quali impatti?

La Via della Seta cinese in Africa, rappresenta un aspetto dell’irresponsabilità della modernità. Un articolo di Erika Mattio, antropologa e archeologa

Le nuove strade cinesi sono davvero il simbolo del “Rinascimento africano” in Africa? Saranno un incentivo al turismo o segneranno la distruzione delle tradizioni? Fra pro e contro analizziamo il ruolo delle strade e il loro impatto sulle chiese monolitiche della città Santa di Lalibela, nel Tigrai etiope.

Pellegrini lungo la nuova Via della Seta

Il Corno d’Africa è culla di antiche tradizioni culturali e religiose: dai carovanieri del sale, che si spostano fra Gibuti e l’Eritrea, ai guerriglieri Afar che controllano le aride distese di zolfo del Dallol, passando ai preti copti che proteggono le antiche chiese del Tigrai.

In particolare, le chiese copte del Tigrai, fra Lalibela e Gondar, sono parte del patrimonio mondiale dell’umanità, intaccate però dall’avvento della “modernità” portata dalla Cina. Le strade fanno parte del lungimirante progetto della Belt Road Initiative – BRI – che si sviluppa dall’Est all’Ovest del continente africano, con l’obiettivo di collegare l’Oceano Indiano all’Oceano Atlantico. Una via che ricorda il viaggio di Marco Polo, in un territorio completamente diverso: spezie, pesche dorate e vessilli della Terra Promessa sono qui sostituiti da tungsteno, litio e terre rare che arrivano direttamente a Pechino. I mercanti oggi sono operai provenienti dalle zone più povere della Cina e lavorano affiancati da pochi manovali africani. I caravanserragli della Via della Seta sono sostituiti da compound carichi di materiale che proviene dall’ex impero del Dragone, accompagnati dal ruggito di truck.

La presenza delle nuove strade corre parallela alle chiese copte: una miglioria per i fedeli e i pellegrini che riusciranno a recarsi più agevolmente nelle città religiose, ma un rischio per le strutture del XII secolo, a causa delle vibrazioni dell’asfalto causate dall’andamento di auto e truck.

La seconda Gerusalemme affacciata su fiumi d’asfalto

Fino a poco tempo fa Lalibela era un luogo praticamente inaccessibile: per raggiungere la città sacra erano necessari circa due giorni di viaggio a dorso di mulo. Oggi, le strade realizzate per la BRI cinese, consentono di raggiungere il centro città in poco tempo. Una benedizione per i pellegrini che nel mese di gennaio e febbraio cercano di raggiungere la città copta per celebrare le feste più importanti del calendario copto: il Gennà e il Timkat. Orde di fedeli si muovono sulle nuove strade cinesi, a piedi o in bus stracolmi di persone, ignari che la loro facilità di spostamento rischia di creare grandi danni alle strutture architettoniche.

Grazie al GIS (Geographic Information System) e alla cartografia, sono state mappate le nuove strade cinesi; con un calcolo che ha messo in relazione la distanza delle strade dalle chiese e la spinta creata dalle vibrazioni indotte dal traffico, è stato possibile ipotizzare un range di rischio causato dal passaggio di veicoli.

Irresponsabilità tecnologica senza etica

Si è dimostrato che le vibrazioni causate dai mezzi di trasporto che corrono molto vicine alle chiese monolitiche, esercitano un impatto sulle strutture architettoniche. Questo causerà danni strutturali nel tempo, minando la stabilità degli edifici. Accompagnati dall’architetto etiope Misgan Akalu, scopriamo di più. «Le strade facilitano le comunicazioni e agevolano non solo noi etiopi ma anche i turisti, per raggiungere Lalibela. Dopo la guerra civile che ha profondamente ferito la regione del Tigrai e si è esaurita solo nel 2022, per noi è importante avere nuovi investimenti.

Il problema è che nella realizzazione stradale cinese non c’è etica: le strade sono troppo vicine alle nostre chiese. In particolar modo nei giorni di ordinaria viabilità le auto e i truck corrono veloci esercitando delle vibrazioni che nel prossimo decennio rischieranno di creare danni permanenti alle strutture murarie. Fino a dieci anni fa si arrivava a Lalibela a piedi o a dorso di mulo: oggi la comodità rischia di portare alla distruzione dei nostri monumenti.

La soluzione è più semplice di quello che si pensi: spostare le strade di soli dieci metri, potrebbe cambiare la spinta vibrante. La Cina, però, non si cura di questi rischi, perché le aziende cinesi sono fedeli solo alla “divinità del denaro”. Nei giorni di festa, noi abitanti, cerchiamo di limitare l’affluenza di auto, incoraggiando i pellegrini a spostarsi a piedi per celebrare il Gennà. Faremo il possibile per salvaguardare il nostro Paese e tutelare i beni paesaggistici e architettonici, consapevoli che le strade miglioreranno la nostra vita, rispettando il valore del nostro passato»… Continua a leggere gratis l’articolo su L’ECOFUTURO MAGAZINE

Redazione

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