La sfida climatica da vincere su più fronti: quali leve sono necessarie per decarbonizzare

Pubblichiamo oggi una approfondita analisi su come affrontare la grande ed ardua sfida climatica di Gianni SilvestriniDirettore Scientifico di Kyoto Club, pubblicata sul numero 3 di Ecofuturo Magazine, la rivista bimestrale online delle innovazioni di Ecofuturo.

Gli ultimi 5 anni sono stati i più caldi da quando si misurano le temperature, la concentrazione della CO2 in atmosfera rischia di arrivare alla soglia critica di 450 ppm fra soli 15 anni, l’Australia brucia. Eppure, le compagnie petrolifere continuano a cercare nuovi giacimenti ipotizzando una domanda in salita, in Arabia Saudita si sta terminando un grattacielo che supera il chilometro di altezza, i Suv sono diventati i secondi maggiori responsabili dell’aumento delle emissioni di CO2 dell’ultimo decennio. Insomma, c’è una parte significativa dei governi, della finanza, delle imprese, e anche di cittadini che definisce strategie, progetta interventi, sceglie modelli di vita totalmente staccati dall’emergenza climatica in atto e dalla necessità di tagliare rapidamente le emissioni.

Non stupisce quindi che, malgrado gli straordinari successi delle rinnovabili e di altre tecnologie green, la produzione globale di CO2 continui a crescere. Ma,  per non aumentare le temperature di 2°C, in questo decennio le emissioni dovrebbero registrare un taglio annuo del 2,7%. E addirittura del 7,6% per non superare la soglia di 1,5°C in più rispetto al periodo preindustriale.

In sostanza, l’evoluzione delle tecnologie da sola non basta. Per riuscire a decarbonizzare le economie nei prossimi 30-50 anni occorrono anche due altre leve. Da un lato occorre trasformare il modello economico, le sue regole, i suoi obiettivi, la destinazione delle risorse finanziarie, la fiscalità. Ed è positivo l’avvio di una riflessione da parte di economisti e politici su questo fronte.

Dalle discussioni sulla necessità di una nuova economia nel Convento di Assisi alle proposte ambiziose del Green Deal della UE. Si tratta di dirottare risorse enormi dal mondo dei fossili e da comparti industriali a forti emissioni verso nuovi settori produttivi, le rinnovabili, l’efficienza energetica, la mobilità elettrica…

E in effetti i primi segni di reali cambiamenti si iniziano a vedere. “Siamo sull’orlo di una completa trasformazione, perché il climate change obbliga gli investitori a riconsiderare le fondamenta stesse della finanza moderna” dichiara Larry Fink presidente di BlackRock, la più importante società di gestione di fondi con un portafoglio di quasi 7 mila miliardi di dollari.

La decarbonizzazione che si è avviata in alcuni paesi, fra cui la UE, dovrà confrontarsi con il prossimo presidente Usa (le sparate di Trump finora non hanno realmente inciso, ma potrebbero divenire un freno notevole se venisse rieletto), e con le dinamiche contraddittorie dei paesi emergenti.

Ma la partita non potrà essere vinta senza rimettere in discussione i nostri stessi stili di vita. Un messaggio che viene anche dai milioni di giovani dei Fridays For Future che sono riusciti a influenzare le istituzioni (come ha riconosciuto anche la Commissaria UE Von der Leyen) e che stanno imponendo anche una riflessione sulle scelte alimentari, sugli spostamenti, sugli acquisti. Ed è interessante notare, da alcuni piccoli segnali, che qualcosa si sta muovendo.

In Svezia e in Germania nel 2019 il numero di passeggeri sui voli interni ha visto una riduzione a favore dei viaggi in treno. In grandi città, come Parigi e Milano, negli ultimi anni gli spostamenti in auto sono calati, mentre sono esplose le forme di mobilità in sharing. E modifiche dei comportamenti si avvertono sul fronte alimentare e nell’attenzione sul versante della qualità ambientale dei prodotti acquistati.

Insomma, si è aperta una partita che comporterà radicali cambiamenti tecnologici, ma anche una maggiore consapevolezza dei cittadini verso un modello di vita più sobrio.

Gianni Silvestrini
Direttore scientifico Kyoto Club

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