La seconda vita delle batterie: dalla e-mobility ai sistemi di accumulo

La progressiva avanzata della mobilità elettrica a livello mondiale incrementerà notevolmente il numero di batterie usate,  con prestazioni non più idonee a garantire autonomia e accelerazioni affidabili per la mobilità. Su questa situazione evolutiva si è mosso un nuovo studio del MIT, secondo il quale l’opzione di recupero di batterie esauste per la mobilità potrebbe svolgere per oltre un decennio un ruolo importante nell’ambito dei sistemi di accumulo di rete.

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Si tratta di una ricerca pubblicata sulla rivista Applied Energy e scaricabile in calce all’articolo, dove sono state valutate le potenzialità delle batterie usate delle e-car riutilizzate in un ipotetico impianto fotovoltaico allacciato alle rete della California.

Più dettagliatamente, gli scienziati hanno elaborato 3 differenti scenari economici:

  • la realizzazione di una centrale solare da 2,5 MW; 
  • la realizzazione della stessa centrale con integrazione di un sistema di nuove batterie al litio; 
  • la costruzione dell’impianto integrando batterie recuperate, con una capacità all’80% rispetto a quella originale. 

Dalle simulazioni è emerso che un sistema basato su batterie usate potrebbe rivelarsi un buon investimento, a condizione che le stesse batterie abbiano un costo inferiore del 60% del loro prezzo originale.

Si è trattato di una elaborazione solo apparentemente semplice, visto che ha reso necessaria una modellazione su scala utility. Come ha spiegato uno degli autori dello studio,  il ricercatore Ian MathewsCi sono molti problemi a livello tecnico. Come selezionare le batterie delle auto per assicurarci che siano abbastanza buone per essere riutilizzate? Come metterle insieme quando provenienti da macchine diverse per garantire che funzionino bene?

Si tratta di domande prevalentemente sul versante economico. Per questo i ricercatori sostengono che “Siamo sicuri che queste batterie abbiano ancora un valore sufficiente per giustificare il costo di prenderle dalle auto, stoccarle, controllarle e riconfezionarle in una nuova applicazione?” , dando una risposta indicativa anche su quanto a lungo tali batterie possono ancora funzionare utilmente nella loro seconda vita.

Il team di ricerca ha utilizzato un modello semiempirico di degradazione della batteria, realizzato utilizzando dati misurati, potendo così prevedere la perdita della capacità in differenti condizioni operative e scoprendo che le batterie al litio potevano raggiungere la massima durata e valore operando in cicli di carica e scarica relativamente “delicati”: mai oltre il 65% della carica completa o sotto il 15%. 

Va considerato ovviamente che l’applicabilità e le economie reali dei singoli progetti di recupero delle batterie sono fortemente dipendenti anche da specifici  fattori locali, come, ad esempio, le normative locali. Nonostante questo il caso di studio incentrato sulla California si propone come un primo grande esempio su cui ragionare.  Come afferma ancora il ricercatore Ian Mathews,Molti stati stanno davvero iniziando a capire i vantaggi che l’accumulo può offrire e questo dimostra solo che dovrebbero avere un bonus che in qualche modo incorpori le batterie usate nelle loro normative”.

link articolo pubblicato sulla rivista Applied Energy (testo in inglese)

La Redazione di Ecquologia

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