Glifosato: un po’ di chiarezza in più con inchieste sui prodotti e sul web

In un contesto di crisi di modello di sviluppo che mette sempre più in evidenza le carenze di un modello di sviluppo che ha brutalmente eliminato dal proprio lessico la parola limite, è proprio il settore primario, cioè quella agricoltura che permette da sempre alle comunità di soddisfare l’esigenza primaria di alimentarsi, ad essere sempre più al centro dell’attenzione.

Un settore quello agricolo, che rappresenta un punto fermo dal quale ripartire, non prima di una profonda rivisitazione critica che la vede oggi tendenzialmente concentrato e globalizzata, con una enorme perdita di biodiversità, caratterizzata da un sostanziale schiacciamento dei “luoghi”, unici grandi depositari di cultura e storia delle comunità a vantaggio di grandi concentrazione economiche che detengono oramai l’intera filiera agricola, dalle sementi ai trattamenti colturali. In questo senso una grande attenzione idi questi ultimi tempi è rivolta a una sostanza simbolo dell’agricoltura intensiva, come il glifosato, erbicida più diffuso al mondo, anche secondo una ricerca pubblicata su Environmental Sciences lo scorso febbraio, con 8,6 miliardi di chilogrammi spruzzati nel 2014. Si tratta di una sostanza usata, tra gli altri, dalla Monsanto per il suo “Roundup”, il diserbante associato alle sementi geneticamente modificate “Roundup Ready”. Ed è infatti proprio a partire dalla introduzione delle coltivazioni OGM, nel 1996, che il glifosato ha registrato un autentico boom di utilizzo. Una sostanza che ha visto negli ultimi anni una netta spaccatura di opinioni e valutazioni scientifiche.

Anche in Italia si è registrato un acceso dibattito anche recente, attraverso inchieste come quella del giornale “Il Test-Salvagente“, una interrogazione parlamentare dell’On. Ermete Realacci ed anche da una recentissima video-inchiesta pubblicata dal media network LifeGate.

Prima di analizzare gli approfondimenti citati ci viene incontro un bellissimo articolo di approfondimento del Professor Pietro Perrinogià Direttore dell’IGV-CNR di Bariscaricabile in calce al post che fa una disamina davvero esaustiva del glifosato. Che prende spunto dai casi di Xylella negli oliveti della Puglia.

Il Professore Perrino fa un po’ di chiarezza divulgativa sul glifosato nel suo articolo, premettendo che “Tra i fattori ambientali responsabili ci sono le pratiche agronomiche ad alto impatto e l’uso dei cosiddetti fitofarmaci (insetticidi, pesticidi, erbicidi o diserbanti) contro i patogeni (batteri, funghi, virus, insetti) e le erbe, chiamate erroneamente “infestanti” o “malerbe”. Erroneamente perché in realtà si tratta di piante spontanee utili. Piante che svolgono un ruolo importante per l’agroecosistema e quindi per la buona salute, nello specifico, degli oliveti”.

“Il glifosato è un erbicida sintetizzato per la prima volta nel 1950 dal chimico svizzero Henry Martin, un chimico della Cilag (Chemische Industrie-Labor AG), ma non fu oggetto di pubblicazione. Fu poi riscoperto nel 1970 da John E. Franz, un chimico della Monsanto, che, per questa scoperta, nel 1987, ha ricevuto la National Medal of Technology e nel 1990 la medaglia Perkin per la Chimica Applicata.

Da un punto di vista chimico il glifosato è un aminofosforico della glicina (N-(fosfonometil) glicina, C3H8NO5P). La molecola del glifosato è un inibitore dell’enzima (una proteina) 3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi (EPSPS). Un enzima virtualmente prodotto da tutte le piante, trasportato nei cloroplasti, dove avviene la fotosintesi clorofilliana. È quindi un enzima essenziale per il metabolismo della pianta e per la biosintesi (cioè creazione) di metaboliti aromatici, tra cui aminoacidi essenziali (fenilalanina, triptofano, tirosina), promotori di crescita (acido indolacetico: IAA) e prodotti che difendono le piante (fitoalexine). Tutte molecole necessarie per la vita della pianta. Molecole che la pianta non sarà in grado di produrre se l’enzima EPSPS sarà inibito dalla molecola del glifosato.

Per queste sue caratteristiche, il glifosato è un diserbante totale, sistemico non selettivo (tossico per tutte le piante), che viene distribuito in post emergenza (cioè sulle piante da distruggere). A differenza di altri erbicidi, viene assorbito per via fogliare, ma successivamente trasloca in ogni altra parte della pianta, prevalentemente per via floematica (dove scorre la linfa elaborata o in generale discendente). Ciò permette al glifosato di devitalizzare anche gli organi ipogei delle erbe, come rizomi, fittoni, ecc., che in nessun altro modo potrebbero essere distrutti.

L’assorbimento del glifosato avviene in 5-6 ore e il disseccamento della vegetazione è visibile in genere dopo 10-12 giorni. Il glifosato è un forte chelante (legante), il che significa che immobilizza i micronutrienti critici, rendendoli indisponibili per la pianta. Ne deriva che l’efficienza nutrizionale delle piante trattate ne viene profondamente compromessa.”

Dopo queste premesse scientifiche con riferimenti storici del Professor Perrino, molto interessanti per il dibattito sull’uso del glifosato, per la valutazione dei suoi effetti sulla salute umana, ad integrazione degli studi già esistenti, l’inchiesta pubblicata sul numero di maggio del magazine “Il Test-Salvagente”, orientata anche a capire se residui dell’erbicida arrivino in alimenti basilari per la nostra alimentazione e nell’acqua che beviamo quotidianamente. L’inchiesta a dati raccolto dati relativi a circa 50 alimenti, tra i quali pasta, biscotti, corn flakes e fette biscottate, dove si evidenzia che la presenza di residui assuma spesso un carattere casuale. Infatti lotti diversi di uno stesso prodotto possono mostrare tracce di glifosato o esserne completamente privi. In ogni caso, come spiega la redazione de “Il Test-Salvagente”, i valori rilevati sono sempre nettamente al di sotto dei limiti previsti dalla legge. Ricordiamo in questo senso che una delle ragioni che molto ha contribuito alla diffusione del glifosato è proprio la rapidità con cui questa sostanza si dissocia nel terreno limitando in questo modo la presenza di residui nella produzione.

Decisamente più preoccupanti invece i dati che arrivano dlal’altro versnate di inchiesta de Il Salvagente, cioè quello relativo alle acque, dove sono stati analizzati 26 campioni di acque provenienti da diverse località italiane (vedi post “Pesticidi nelle acque interne: avanza ancora il glifosato secondo ISPRA“). Nel mensile dei consumatori si spiega come in due casi, nei comuni di Brusnengo (Biella) e di Campogalliano (Modena) un derivato del glifosato è stato rilevato in quantità superiori ai limiti previsti dalla legge (per approfondire vedi articolo del mensile).

Anche sull’onda dei dati pubblicati da Il Test-Salvagente, si è mosso in parlamento l’’On. Ermete Realacci, il quale ha presentato una interrogazione parlamentare rivolta ai Ministri del’Ambiente, della Salute e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, incentrata sui dati relativi alla presenza di derivati del glifosato nelle acque. Nel testo della interrogazione si sottolinea anche come vi sia una quasi totale carenza di test finalizzati a rilevare la presenza del glifosato nelle acque potabili ed in quelle di superficie, una situazione che ne rende così particolarmente complessa ogni forma di monitoraggio. L’interrogazione di Realacci si conclude chiedendo ai ministri competenti se non sia opportuno introdurre test obbligatori per il rilevamento del glifosato nelle acque per uso potabile o agricolo.

Non meno interessante per concludere, una  video inchiesta dedicata proprio sull’uso del glifosato del fotografo Massimo Colombo, con la quale è stato inaugurato il canale Youtube di  LifeGate.  Il video visualizzabile di seguito, raccoglie una serie di interviste e commenti con il coinvolgimento di imprenditori agricoli che hanno scelto di rinunciare all’uso del glifosato e medici che hanno espresso i dubbi esistenti sugli effetti di questo diserbante sulla salute umana. Un reportage, quello di Colombo, che ha come teatro la campagna italiana, riportando le valutazioni dirette di imprenditori agricoli che sulla base delle proprie esperienze hanno scelto di cambiare i propri modelli produttivi. Una video-inchiesta che ha un suo messaggio di fondo quello di una agricoltura meno legata alla chimica e più orientata a rispettare ritmi produttivi e caratteristiche dei suoli, ad assoluta protezione dei “luoghi”, Una strada che vede già fattivamente impegnate grandi organizzazioni come CIB (Consorzio Italiano Biogas”), che proprio sull’impulso delle agrienergie sta portando avanti una autentica “rivoluzione agricola”, di cui potremo approfondire le innumerevoli potenzialità nella prossima edizione di Ecofuturo 2016, dal 26 al 31 luglio, presso la Ecostruttura “Ecoarea” di Rimini.

La video-inchiesta del fotografo Massimo Colombo sul canale Youtube di Lifegate

Sauro Secci

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