COP22 di Marrakesh: l’agricoltura biologica determinante per i cambiamenti climatici

Come spesso succede Ecofuturo festival riesce a proporre temi di grandissima attualità per la sostenibilità ambientale e per la lotta ai cambiamenti climatici. Anche l’edizione 2016 all’insegna della “rivoluzione agricola”, con il sostanziale apporto del CIB (Consorzio Italiano Biogas), è stata incentrata sulla fondamentale esigenza di una nuova agricoltura (vedi post “Dalla rivoluzione agricola a quella dell’acqua…Ecofuturo 2016“).

Una nuova agricoltura capace, attraverso la coltivazioni biologiche, di liberarsi dai grandi impatti di pesticidi ed erbicidi, attraverso la riscoperta di antichi saperi coniugati con le nuove tecnologie agricole per dare una mano sostanziale alla lotta ai cambiamenti climatici, ridando piena capacità di immagazzinamento di CO2 a quel grande serbatoio rappresentato dal suolo. Un evento nel quale sono state rivalutate, anche alla luce delle nuove tecniche colturali, anctiche pratiche come la “semina su sodo”, mettendo finalmente da parte l’era delle arature profonde, così poco sostenibile.

Si tratta proprio di uno dei temi cardine della COP22 in corso di svolgimento a Marrakesh in Marocco, dove, nell’area Sapere e Tradizioni della Zona Verde, si è parlato proprio del ruolo fondamentale dell’agricoltura biologica nella lotta contro gli effetti dei cambiamenti climatici e a tutela della biodiversità. Un dibattito specifico sul tema, promosso dalla Federazione Marocchina degli Agricoltori Biologici (Fimabio), nel corso del quale è intervenuto Andre Leu, presidente della Federazione Internazionale dei Movimenti di Agricoltura Biologica (Ifoam), il quale a ribadito il grande potenziale che l’agricoltura biologica può offrire nella lotta globale agli effetti dei cambiamenti climatici prima che venga raggiunto il punto di non ritorno. Lo stesso Leu ha ricordato come “L’agricoltura biologica può aiutare a invertire il processo di cambiamento climatico, perché assorbe l’anidride carbonica presente nell’atmosfera e la immagazzina nel terreno come sostanza organica”, spiegando che i sistemi biologici medi possono immagazzinare circa 3,5 tonnellate di CO2 per ettaro all’anno.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il presidente della Fimabio, che ha esortando il governo del Marocco a includere l’agricoltura biologica nei piani di resilienza climatica, distribuendo anche, nel corso del dibattito, un documento dal titolo “Manifesto per un Marocco Bio a sostegno di un’Africa Bio“, che invita a includere la promozione dell’agricoltura biologica nell’agenda Cop22.
In piena sintonia con il tema, sempre nell’ambito del COP22, anche l’evento organizzato dal Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura ed economia agraria) in collaborazione con Cnr, Enea e Ispra, dal titolo “Land degradation monitoring and assessment for climate change mitigation and adaptation. A synergistic approach to achieve the agenda 2030 goals: the italian experience”. In un specifico studio elaborato dal Crea si rileva infatti come il degrado del suolo abbia impatti diretti e indiretti su clima, biodiversità e sulle condizioni di vita delle popolazioni. La prevenzione di questi fenomeni si basa su azioni di conservazione e sullo sviluppo di attività agricole, forestali e pastorali sostenibili. In un tale contesto le attività di ricerca e di analisi delle politiche agricole e ambientali diviene centrale, sia a livello globale, che con specifico riferimento alla realtà italiana, con l’obiettivo generale di dare un contributo all’efficacia di politiche, piani e programmi.

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Si tratta di un percorso, quello intrapreso dal Centro di Politiche e Bioeconomia del CREA finalizzato al soprattutto nell’individuazione di pratiche agricole che consentano di minimizzare le emissioni di gas a effetto serra e, nel contempo, di incrementare la cattura di carbonio nel terreno, sostenendo così la resilienza dei sistemi agricoli.
Secondo Guido Bonati, dirigente tecnologo del CREA “L’esercizio teorico alla base del lavoro presentato a Marrakech nell’ambito della COP 22,è un primo esempio di studio del concetto di Land Degradation Neutrality in Italia. Intendiamo lavorare su questi aspetti anche nel corso dei prossimi anni, sia direttamente sul territorio italiano, sia all’estero. In questo quadro per il Centro di Politiche e Bioeconomia la cooperazione sinergica con altri centri del CREA è per noi uno stimolo costante e un fattore di arricchimento culturale”.
Indubbiamente un concetto, quello della rivoluzione agricola, con il biologico sugli scudi, che si sta espandendo sempre più nel mondo e fondamentale per ridare sostenibilità attraverso quel fondamentale settore primario, rappresentato dalle attività agricole.

Sauro Secci

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